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Introduzione Minimalismo - Tesina
La scelta dell'argomento all'interno della mia tesina è dovuta alla lettura del libro “Nelle terre estreme” di John Krakauer, che racconta la storia, avvenuta realmente alla fine degli anni '90, di un ragazzo californiano, Chris Mccandless, che nonostante viva una vita agiata e abbia conseguito una laurea con una media-voto molto alta ed una specializzazione in storia e antropologia, decide di abbandonare tutto e intraprendere un viaggio piuttosto particolare. Chris, che dal momento della partenza decide si sarebbe fatto chiamare Alex Supertramp, inizia a vagare nell'ovest degli Stati Uniti, con la volontà di vivere in solitudine per un certo periodo di tempo e per giungere infine nelle terre selvagge dell'Alaska nell'aprile del 1992, con poco cibo e scarse attrezzature. Il 12 agosto scrisse un ultimo messaggio e, il 6 settembre, due cacciatori rinvennero i suoi resti, pesanti solo 30 kg. Il ragazzo morì di fame (ma c'è anche chi sostiene che la morte sia sopraggiunta a causa di un avvelenamento da un fungo) nei pressi del lago Wentitika nel Parco Nazionale di Denali.
Ciò che incuriosisce maggiormente è la volontà del ragazzo di lasciarsi alle spalle la monotonia della routine e della vita della fine del XX secolo, anni in cui la tecnologia e le comodità cominciavano a prendere piede negli Stati Uniti. Il suo desiderio è infatti quello di sperimentare un'esperienza del tutto nuova, quasi per sfidare la generazione dell'epoca che si stava facendo dominare dalle novità che garantivano una vita più confortevole, priva di troppi sforzi. Il giovane affronta un viaggio che richiede invece forza di volontà, spirito di sopravvivenza e capacità di arrangiarsi esclusivamente con l'essenziale.
Si tratta di un cammino alla ricerca di se stesso, dei propri limiti, delle proprie effettive abilità, estremamente diverse da quelle che la società può pensare di attribuire ad un uomo. Egli sperimenta la vita senza congetture, senza regole, senza costruzioni e costrizioni, senza tradizionalismi o forzature, senza etichette o strumenti all'avanguardia. Si accontenta dell'essenziale. Purtroppo tale esperienza ha in serbo per lui la morte. Ecco perché ho voluto concentrare la mia attenzione su vari aspetti della vita e della società che riguardano il tema dell' “avere abbastanza”, ovvero del minimalismo. É necessario innanzitutto partire da una pratica minimalista nel quotidiano, e perciò aiutare se stessi a ritrovare il proprio equilibrio spirituale, ma anche materiale, attenendosi ad un'economia di tipo minimalista, che può essere basata sul modello proposto da Serge Latouche nel suo programma di “decrescita serena e bien vivre”. Ho analizzato nella tesina di maturità, inoltre, gli aspetti più artistici del minimalismo, quali l'arte in sé e le sue caratteristiche (con esempi di creatori minimalisti) e le basi della letteratura, in modo particolare la poetica di Raymond Carver, fondatore della letteratura minimalista.
Collegamenti
Economia: economia di sussistenza e teoria della decrescita.
Italiano: letteratura minimalista.
Inglese: Raymond Carver .
Arte: Minimal Art (esempi Barnett Newman e Carl Andre).
Psicologia: eliminazione del superluo (decluttering).
ed una specializzazione in storia e antropologia, decide di abbandonare tutto
e intraprendere un viaggio piuttosto particolare. Chris, che dal momento
della partenza decide si sarebbe fatto chiamare Alex Supertramp, inizia a
vagare nell'ovest degli Stati Uniti, con la volontà di vivere in solitudine per
un certo periodo di tempo e per giungere infine nelle terre selvagge
dell'Alaska nell'aprile del 1992, con poco cibo e scarse attrezzature. Il 12
agosto scrisse un ultimo messaggio e, il 6 settembre, due cacciatori
rinvennero i suoi resti, pesanti solo 30 kg. Il ragazzo morì di fame (ma c'è
anche chi sostiene che la morte sia sopraggiunta a causa di un
avvelenamento da un fungo) nei pressi del lago Wentitika nel Parco
Nazionale di Denali.
Ciò che incuriosisce maggiormente è la volontà del ragazzo di lasciarsi alle
spalle la monotonia della routine e della vita della fine del XX secolo, anni in
cui la tecnologia e le comodità cominciavano a prendere piede negli Stati
Uniti. Il suo desiderio è infatti quello di sperimentare un'esperienza del tutto
nuova, quasi per sfidare la generazione dell'epoca che si stava facendo
dominare dalle novità che garantivano una vita più confortevole, priva di
troppi sforzi. Il giovane affronta un viaggio che richiede invece forza di
volontà, spirito di sopravvivenza e capacità di arrangiarsi esclusivamente
con l'essenziale. Si tratta di un cammino alla ricerca di se stesso, dei propri
limiti, delle proprie effettive abilità, estremamente diverse da quelle che la
società può pensare di attribuire ad un uomo. Egli sperimenta la vita senza
congetture, senza regole, senza costruzioni e costrizioni, senza
tradizionalismi o forzature, senza etichette o strumenti all'avanguardia. Si
accontenta dell'essenziale. Purtroppo tale esperienza ha in serbo per lui la
morte.
Ecco perchè ho voluto concentrare la mia attenzione su vari aspetti della
vita e della società che riguardano il tema dell' “avere abbastanza”, ovvero
del minimalismo. É necessario innanzitutto partire da una pratica
minimalista nel quotidiano, e perciò aiutare se stessi a ritrovare il proprio
equilibrio spirituale, ma anche materiale, attenendosi ad un'economia di tipo
minimalista, che può essere basata sul modello proposto da Serge Latouche
nel suo programma di “decrescita serena e bien vivre”. Ho analizzato,
inoltre, gli aspetti più artistici del minimalismo, quali l'arte in sé e le sue
caratteristiche (con esempi di creatori minimalisti) e le basi della letteratura,
in modo particolare la poetica di Raymond Carver, fondatore della
letteratura minimalista.
Eliminare il superfluo per vivere con l'essenziale
Da sempre la specie umana non ha fatto altro che “aggiungere” un qualcosa alla propria
quotidianità.
Se si riflette, già l'uomo preistorico, necessitava di vivere servendosi e magari
impossessandosi di ciò che la natura offriva. 3
Durante i secoli, con lo studio, la conoscenza, la scoperta di quanto si è potuto e si potrà
ancora inventare, ogni individuo di ogni epoca si è convinto che con meno di quello che la
propria generazione offre non si potrebbe vivere. Senza tante ipocrisie, credo che per la
maggior parte della popolazione, ad eccezione di qualche essere umano estremamente
coraggioso, che nel mondo di oggi, 2014, governato da tecnologie e comodità, riuscirebbe
a vivere senza alcune o anche una sola di esse. La mia generazione è quella della
sovrapproduzione, del consumismo, dello spreco ed io stessa, seppur sia affascinata da chi
riesce a “vivere con poco”, sicuramente non riuscirei mai a smettere di essere così viziata.
Viziata dall'automobile che mi porta a due minuti a piedi da casa; viziata da internet che mi
permette di cercare una parola che non conosco senza dovermi alzare, prendere il dizionario
e cercarne il significato; viziata dai ristoranti, perchè lì si deve solo aspettare che il cibo mi
venga servito, ma ancora più viziata dai fast-food, che non solo preparano il pasto che
desidero, ma me lo fanno avere anche velocemente. Nessuno di questi esempi è eccessivo,
anche se può sembrarlo. D'altronde non è una nostra colpa se ormai la società è talmente
tanto sviluppata. Eppure, tutto questa “quantità di beni” ha fatto sì che l'homo sapiens
sapiens diventasse svogliato, si sentisse inappagato, addirittura depresso.
Perchè le persone vogliono l'ultimo gadget, l'ipad o l'ultimo modello di quello stilista
famoso? La maggior parte delle persone cerca di soddisfare questi desideri per alimentare il
proprio ego, mostrarsi agli altri come vincente, dimostrare che possiedono molti soldi e la
loro vita sta perciò procedendo alla grande. Queste persone non sono migliori o peggiori di
altre, né egoiste o maniacali, è che semplicemente si sono ritrovate ad essere così, a
riprodurre dei modelli esistenti, nessuno li ha convinti ad essere diversi e a comportarsi
diversamente. Si dovrebbe smettere di pensare a quello che potrebbe essere il giudizio degli
altri per occuparsi finalmente del proprio “io”, di cosa si desidera e si ama realmente, quale
sia la propria scala di valori autentica. Si riuscirebbero a concentrare le energie su ciò che è
realmente importante per se stessi, ciò che rende la propria vita piena e piacevole.
Ormai la logica che le menti hanno è quella del “se ottengo qualcosa in più, sarò
sicuramente più felice, mi farà di certo sentire più soddisfatto e ricco, sia interiormente che
esteriormente”.
Grazie a tutti i segnali che ci bombardano giorno dopo giorno, ci si convince che è il
tangibile ad arricchire il nostro essere e tutto il nostro patrimonio, insieme alle abitudini. Si è
certi che la routine ci tenga lontani da ogni forma di insicurezza e di caos, quando in realtà
sono proprio “il non sapere” e l'incertezza a farci sentire vivi e a farci trovare un equilibrio
interiore, facendoci sentire gratificati.
Il minimalismo si basa sull'avere abbastanza (in senso soggettivo, ovvero quell'
“abbastanza” giusto per se stessi, in un determinato momento della vita) e per
abbastanza si intende proprio lo stretto necessario, non di meno e non di più.
Uno dei principi base per una vita semplice è eliminare il superfluo, ovvero ridurre
all’essenziale tutto ciò con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Per giungere a
questa semplificazione interiore ed esteriore, occorre dunque eliminare in modo
graduale una serie di cose che fino ad ora hanno riempito inutilmente, fino a
traboccare, la nostra esistenza.
COSA FARE PER RENDERE IL PROPRIO STILE DI VITA “MINIMALISTA”?
Il punto di partenza sbagliato è basare la propria felicità/soddisfazione sull'ottenimento di
cose materiali.
Ci è stato detto che avere molti soldi permette di realizzare qualsiasi sogno,che avere una
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casa con piscina, una macchina sportiva, vestiti eleganti e scarpe costose dicono a tutti “io
valgo”. Spesso in casa armadi e ripostigli sono pieni di oggetti inutili ed ingombranti che
possono essere ridotti all’essenziale; sbarazzarsi di tutto ciò che è superfluo (“decluttering”)
è il modo migliore per cominciare a semplificarsi la vita. Gli oggetti superflui possono essere
regalati ad amici, barattati con qualcosa di più utile, donati ad associazioni o case famiglia o
riciclati.
La semplificazione, a livello interiore, riguarda invece il proprio approccio alla vita.
Ci è stato insegnato che è divertente conoscere gli ultimi gossip, sapere cosa fanno e
pensano gli altri su Facebook, avere molte relazioni per non essere etichettati come solitari
o peggio sfigati. Ci è stato suggerito che si può essere o solo impeganti o solo pigri, senza
mezze misure e che essere belli (nel suo significato più oggettivo) è sinonimo di bellezza.
Sostanzialmente coloro che seguono questi consigli passano il 90 percento della vita ad
aspettare qualcosa: a risparmiare per acquistare qualcosa di speciale o costoso, ad
attendere la prossima vacanza o peggio ancora la pensione per riposare e godere
finalmente di una vita tranquilla. Al contrario, chi non segue queste istruzioni, perchè non le
sente giuste per sé, non ha determinate cose, ma al tempo stesso non ha da aspettare
continuamente; vive di piccoli pezzi di felicità quotidiani e si sentono appagati.
Una vita semplice si ottiene eliminando stress, ansia e preoccupazioni per vivere più in
pace e in tranquillità. Per conquistare la semplicità interiore è necessario liberarsi dalle
vecchie e cattive abitudini molto spesso dannose ed inutili e fare spazio a nuove abitudini
più positive, svincolarsi dal passato e dai sensi di colpa, eliminare le dipendenze che ci
limitano e semplificare i pensieri imparando a focalizzarsi solo sul presente, a gustare il
momento, ad apprezzarlo e viverlo con gioia.
Occorre eliminare, o almeno ridurre al necessario, tutte le cose (e le attività) abitudinarie
che non ci fanno stare bene, che ci stressano, che non ci procurano gioia o soddisfazione
per lasciare spazio a ciò che è realmente importante e disintossicarsi dall'interconnessione.
Troppo spesso occupiamo una grande porzione del nostro tempo a fare cose che non
vogliamo fare o che non ci piacciono solo perché la società (o noi) crediamo sia giusto fare.
E, guarda un po’, farle non è quasi mai la scelta giusta, ma solo uno spreco di risorse ed
energie. Dare, dunque, priorità alle cose che hanno più significato per noi, che ci procurano
pace ed appagamento cercando di trovare anche un compromesso tra lavoro, famiglia,
obblighi finanziari e relazioni sociali.
L'IMPORTANZA DI QUESTA MANIERA DI VIVERE
Essenzialmente il minimalismo è rompere lo schema per cui si vuole sempre di più. Trovare
la felicità, la soddisfazione in quello che già si possiede, invece di rimandare sempre
legando il nostro senso di completezza a cose materiali. Ottenere qualcosa di lungamente
desiderato procura esclusivamente una felicità effimera che scompare nel giro di poco
tempo e preclude una successiva previsione di una nuova meta: un vero e proprio circolo
vizioso.
La semplificazione, sia materiale che interiore, ci darà la consapevolezza che la felicità
autentica e la vera ricchezza non derivano affatto dal possedere più cose possibili ma sono
entrambe date da ciò che non possiamo comprare né accumulare.
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La teoria della decrescita di Serge Latouche
Serge Latouche (12 gennaio 1940, Vannes) è un economista, antropologo e
filosofo francese; è professore emerito in Scienze economiche all’Università di Paris-
all’Institut d'études du devoloppement économique et social
Sud (Orsay) e (IEDES)
di Parigi.
Il pensiero: la critica alla società della crescita e la proposta della “decrescita
serena”
Ereditando e sviluppando il pensiero di Karl Polanyi e Ivan Illich, Serge Latouche ha
elaborato un’analisi critica dell’economia occidentale, fatalmente destinata al collasso, e ha
articolato una prospettiva economica alternativa che, proprio per l’inversione di tendenza
che propone, è nominata “decrescita”.
Latouche dichiara essere un “obiettore di crescita”, ossia di opporsi a quella che definisce
“la religione imperante della crescita”, cultura che costringe a ricercare, in modo irrazionale
e distruttivo, uno sviluppo economico continuo e fine a se stesso. L’economia, così intesa,
riesce a funzionare solamente attraverso un aumento continuo del Pil, comportandosi
“come un gigante che non è in grado di stare in equilibrio se non continuando a correre, ma
così facendo schiaccia tutto ciò che incontra sul suo percorso.” Un sistema di questo tipo è
del tutto insostenibile sotto il profilo ecologico e sociale perché destinato a scontrarsi con
una limitatezza di risorse con la quale, ancora, rifiuta di mettersi a confronto.
Oltre a ciò, questo sistema presenta un’altra fondamentale contraddizione: pur offrendo
comfort,
all’uomo (quello occidentale) ogni agio e lo condanna ad uno stile di vita frenetico,
di perenne insoddisfazione e tale da produrre una società malata di ricchezza, impregnata di
disuguaglianze ed ingiustizie.