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Sintesi Menomazione tesina
Questa tesina descrive il tema della menomazione. Ci sono incontri, viaggi, esperienze che in qualche modo ci segnano, ci commuovono o ci indispongono, ci fanno riflettere e crescere… è successo inaspettatamente, cercando un libro che incuriosisse me, appassionata lettrice, e Wow!... Fra i risultati delle mie ricerche per la preparazione della mia tesina di maturità mi viene proposto un titolo alquanto bizzarro, quasi una sfida a interrogarsi: “Cosa ti come manca per essere felice?” di Simona Atzori. Lo ammetto, mi ha sorpreso; già il titolo sembrava un’istigazione a leggere l’opera, per non parlare della curiosità che scatenava la copertina: una danzatrice su sfondo bianco, per richiamare ancora di più l’attenzione su di lei, bellissima, circondata da una chioma di fluenti capelli ricci, intenta a compiere un salto… “Cosa c’è di strano?”, vi chiederete: la totale mancanza delle braccia. Semplicemente non le ha. E ancora più semplicemente non ci si fa minimamente caso, persi nella contemplazione di lei e del suo movimento. Una ballerina quindi, ma anche una pittrice e una scrittrice. Mi ha portato a chiedermi abbia vissuto la sua vita, come il mondo abbia reagito di fronte alla sua unicità e cosa abbia dovuto sopportare e, ancor più in generale, come la nostra società che ci vorrebbe tutti uguali, tutti perfetti, tutti parte di una massa omologata, giudichi le persone che per cause naturali o per eventi esterni, abbiano avuto la (s)fortuna di nascere unici con vantaggi e svantaggi collegati
Collegamenti
Menomazione tesina
Italiano - Recensione del libro "Cosa ti manca per essere felice?" di Simona Atzori.
Inglese - Jane Eyre e analisi delle figure di Bertha Mason e Jane .
Filosofia - Il caso di Anna O e Sigmund Freud.
Fisica - L'equilibrio dei corpi.
Storia - I guerra mondiale: conseguenze fisiche e psicologiche.
Arte - Otto Dix: "Venditore di Fiammiferi", "Invalidi di guerra giocano a carte" e "Trittico della Metropoli".
Scienze (genetica) - Sindrome di Down.
Matematica - Le funzioni.
PREFAZIONE
Ci sono incontri, viaggi, esperienze che in qualche modo ci segnano, ci commuovono o ci
indispongono, ci fanno riflettere e crescere… è successo inaspettatamente, cercando un
libro che incuriosisse me, appassionata lettrice, e WOW!... Fra i risultati delle mie ricerche
mi viene proposto un titolo alquanto bizzarro, quasi una sfida a interrogarsi: “Cosa ti come
manca per essere felice?” di Simona Atzori. Lo ammetto, mi ha sorpreso; già il titolo
sembrava un’istigazione a leggere l’opera, per non parlare della curiosità che scatenava la
copertina: una danzatrice su sfondo bianco, per richiamare ancora di più l’attenzione su di
lei, bellissima, circondata da una chioma di fluenti capelli ricci, intenta a compiere un
salto… “Cosa c’è di strano?”, vi chiederete: la totale mancanza delle braccia. Semplicemente
non le ha. E ancora più semplicemente non ci si fa minimamente caso, persi nella
contemplazione di lei e del suo movimento. Una ballerina quindi, ma anche una pittrice e
una scrittrice. Mi ha portato a chiedermi abbia vissuto la sua vita, come il mondo abbia
reagito di fronte alla sua unicità e cosa abbia dovuto sopportare e, ancor più in generale,
come la nostra società che ci vorrebbe tutti uguali, tutti perfetti, tutti parte di una massa
omologata, giudichi le persone che per cause naturali o per eventi esterni, abbiano avuto la
(s)fortuna di nascere unici con vantaggi e svantaggi collegati.
NON POSSO FARLO? DIMOSTRAMELO
Ogni giorno è un’opportunità per cambiare, ogni giorno è il momento giusto. Rimandare,
inventare scuse, attaccarsi alle immagini che gli altri hanno di noi è una perdita di tempo. Me
lo conferma la mia esperienza. Tanti dei miei sogni si sono realizzati. È stato duro, è stato
folle, è stato rischioso, ma ci sono riuscita perché avevo questo atteggiamento mentale. Se
avessi avuto paura sarei andata all’indietro, invece che avanti. Se mi fossi preoccupata mi
sarei bloccata, non mi sarei buttata, avrei immaginato foschi scenari e mi sarei ritirata.
Invece, ho immaginato.
Autore: Simona Atzori
Titolo: “Cosa ti manca per essere felice?”
Casa Editrice: “Mondadori”, collezione “Ingrandimenti”, I edizione Ottobre 2011
Genere: autobiografia
Trama: l’opera racconta gli episodi più significativi della vita dell’autrice con una
particolare attenzione per le emozioni.
Ambiente: Italia (Milano, Roma, Torino, La Maddalena e Suelli) e Canada (Ontario,
London).
Tempo: dal 1974 al 2011
Personaggi: protagonista è Simona Atzori e la sua famiglia (particolarmente importanti la
madre ed il nonno).
Temi: disabilità e superamento dei limiti da essa imposti.
Stile: linguaggio semplice ed informale, simile al parlato, contraddistinto dai colori come
una tela impressionista.
Narrazione: io-narrante, tempo della storia maggiore del tempo del racconto, soliloquio.
Biografia e opere: Simona Atzori è nata nel 1974 a Milano, è una pittrice e ballerina di
successo, nata senza braccia, le ha “sostituite” con i suoi piedi, le mie mani non mi servono.
Le visualizzo, le dipingo, ma rimangono lì, come un’immagine senza funzione, per quanto
belle possano essere, per quanto utili possano sembrare. I miei piedi sì che sono preziosi.
Fanno magie. Fanno le mani. Chi penserebbe mai di aver bisogno di quattro mani? Laureata
in Visual Arts espone opere in mostre personali e collettive in tutto il mondo. È stata
ambasciatrice per la danza nel Giubileo del 2000 e protagonista della cerimonia di
apertura delle Paralimpiadi di Torino nel 2006. Ha danzato al “Roberto Bolle and Friends”,
al Teatro Antico di Taormina e alla Fenice di Venezia. Nel 2009 è nato il “Simona and
Friends” nel quale si è esibita con personaggi di fama internazionale del ballo. Da alcuni
anni conduce incontri motivazionali presso associazioni, scuole e aziende.
Commento: è stato uno dei libri che più mi ha trasmesso gioia di vivere, di godermi la vita,
di non farmi abbattere dalle difficoltà. Ogni pagina, dalla prima all’ultima, è intrisa di
lacrime: mie e forse anche di Simona. Lacrime di gioia, di commozione, di dispiacere. Un
libro che ti coinvolge, che ti sorprende e che ti fa provare una vera, profonda e sincera
stima per una persona che apparentemente si potrebbe considerare “sfortunata” ed
invece, grazie alla sua forza e alla sua fantastica famiglia, è riuscita ad andare avanti e a
fare della sua vita non una favola, ma uno spettacolo di vita.
QUANDO IL CORONAMENTO DI UN SOGNO DIVENTA INCUBO
Cosa ti manca per essere felice?
Jane Eyre (1847) è uno stupendo romanzo di formazione (Bildungsroman) di Charlotte
Brontë in cui la protagonista, la povera e giovane Jane Eyre, passa attraverso vari stadi
nella ricerca della sua felicità, ma che precipita in un nuovo incubo quando, alle soglie del
matrimonio, pensa di averla trovata.
Da piccola, dopo la morte di entrambi i genitori, viene affidata agli zii e vive assieme ai
cugini dai quali viene maltrattata continuamente e considerata un essere inferiore. Da
questo momento vivrà nell’infelicità e ben presto verrà mandata in un collegio per orfane.
Terminati gli studi e la formazione, Jane trova lavoro come istitutrice di una bambina,
nello Yorkshire, in una tenuta circondata dalla brughiera: Thornfield Hall. Qui s’innamora,
ricambiata, del nobile proprietario, Mr. Edward Rochester, con il quale decide di sposarsi.
Al momento del matrimonio salta fuori un grave impedimento che non permette a Jane e a
Mr. Rochester di sposarsi: è una donna ed ha un nome. Si chiama Bertha Mason, prima
moglie di Mr. Rochester, creola di origini sudamericane che, dopo il viaggio di nozze,
giunta in Inghilterra, diventa pazza e vive rinchiusa nel sottotetto di Thornfield Hall.
La storia di Bertha Mason mette in luce un comportamento diffuso in periodo vittoriano
nei confronti di persone ritenute insane e pazze, che venivano nascoste in una stanza della
casa o più spesso nella soffitta e affidate alle cure di un domestico.
Bertha e Jane Eyre, possono considerarsi complementari, due facce della stessa medaglia,
due personaggi che contribuiscono a creare un profondo ritratto dell’ identità femminile.
Entrambe credevano di coronare con il matrimonio il sogno della felicità, ma per entrambe
questo si rivela un incubo: per Jane un sogno che si infrange poco prima di convolare a
nozze condannandola ancora al dolore che già l’accompagnava dalla sua infanzia e per
Bertha rappresenta una prigione, la perdita della sua libertà e sfocia nella pazzia,
espressione del turbamento della sua psiche.
LO STORPIAMENTO DELLA PSICHE
È nostra responsabilità darci la forma che vogliamo, liberarci di un po’ di scuse e diventare
chi vogliamo essere.
Detto così sembra incredibilmente facile, vero? Ma noi non siamo degli essere fatti
solamente di carne e sangue, noi siamo anche emozione e pensiero. Siamo fatti di
esperienza, siamo “in fieri” e proprio quelle vicissitudini che abbiamo attraversato ci
possono aver segnato, forse molto più di quanto noi stessi potremmo credere o
sospettare… Proprio come nel caso di Bertha Pappenheim, meglio conosciuta col nome di
Anna O. L’esperienza vissuta da Sigmund Freud (1856-1939) con questa paziente
rappresenta il punto di svolta nella sua carriera. Grande neurologo e psicoanalista studiò
il comportamento ed il pensiero umani e le interazioni fra gli individui, e cercò di stabilire
correlazioni tra la visione dell'inconscio e la rappresentazione simbolica di processi reali.
Grazie ad Anna O. e ai suoi svariati problemi (dall’anoressia all’idrofobia, dall’isteria alla
paura di bere, dalla paralisi motoria all’incapacità di esprimersi) il primo psicoanalista
della storia perfezionò i suoi studi e mise a punto il metodo catartico che, con l’aiuto
dell’ipnosi, svelò la causa scatenante del malessere: un ricordo sgradevole. Da bambina
Anna aveva visto il cane della governante bere da un bicchiere e, nonostante il disgusto
provato, a causa delle norme della buona educazione, aveva “respinto” quell’emozione. Si
sospetta che la balia avesse anche costretto la piccola a bere da quello stesso bicchiere (e
questo avrebbe spiegato il rifiuto totale ed incondizionato di idratarsi). Il metodo catartico
quindi mirava a riprodurre, sotto ipnosi, le stesse emozioni che avevano provocato il
trauma. Poi, grazie agli strumenti acquisiti in età adulta, sarebbe stato possibile
razionalizzare e superare (purificazione) l’evento traumatico. Giunse così alla certezza che
qualsiasi emozione repressa scatenata da un’esperienza spiacevole, andasse a far parte
del nostro inconscio. Quest’ultimo avrebbe conseguentemente influenzato la vita di tutti i
giorni senza che i pazienti stessi ne avessero memoria (cioè il cosiddetto “rimosso”).
Questi “traumi”, quindi, vanno a “frantumare” la nostra psiche e a creare degli squilibri che
si ripercuoteranno sul nostro corpo, rompendone il sottile equilibrio psico-fisico.
UN EQUILIBRIO INSTABILE
Mi distraggo per un attimo e mi ritrovo a terra […]
Proprio parlando di equilibrio psico-fisico bisognerebbe porre l’accento su come le
persone possano essere individuate solamente pensando al loro equilibrio: stabile,
instabile o indifferente, proprio come in fisica! Ma quando un corpo è in equilibrio?
Quando su di esso non agisce nessuna forza lasciandolo quindi nel suo stato di quiete o, al
contrario, quando ve ne agiscono diverse ma la risultante è nulla. Le persone, come
qualsiasi corpo, sono costituite da un gran numero di particelle (molecole, atomi), ognuna
delle quali ha un peso. Tutte le “forze-peso” possono essere considerate come un sistema
di forze parallele, che “puntano” verso il centro della Terra, infatti la forza-peso è la forza
che il campo gravitazionale esercita su una massa verso il centro del nostro pianeta ed è
descritta dalla seguente legge:
Cioè è direttamente proporzionale alla massa e all’accelerazione di gravità e cambia a
seconda di dove si trova il corpo.
Come le forme geometriche regolari, anche il nostro corpo è dotato di un baricentro che
coincide con il nostro centro di simmetria e non cambia mai. Il centro di gravità altro non è
che il punto di applicazione della forza-peso del corpo. Parlando di stabilità o instabilità
dobbiamo però fare riferimento alla contestualizzazione del corpo, come ad esempio la sua
eventuale sospensione o la base su cui poggia. Per quanto concerne i corpi sospesi
possiamo individuare tre situazioni: quella stabile se il baricentro ed il punto di
sospensione si trovano sulla stessa verticale ed il punto di sospensione è posto sopra il
baricentro; quella instabile se il punto di sospensione è posto al di sotto del baricentro
del corpo ed entrambi si trovano sulla stessa verticale; e quello indifferente se il punto di
sospensione coincide con il baricentro e quindi il corpo rimane fermo, qualunque sia la sua
posizione. Ugualmente, per quanto riguarda un corpo appoggiato, cioè un oggetto che
tocca il piano in più punti, collegando questi ultimi si ottiene un poligono detto “base di
appoggio”: se la verticale che passa per il baricentro del corpo cade all’interno della base
d’appoggio, allora il corpo è in equilibrio. Maggiore è questa base, maggiore è la stabilità
del corpo. Riconosciamo tre situazioni: equilibrio di stabilità, instabilità e indifferente.
LE CARNEFICINE DELLA GRANDE GUERRA
Un uomo che ha conosciuto la vera libertà dopo un incidente che gli ha cambiato la vita e il
corpo non poteva darmi che certezze
La prima guerra mondiale, una delle più grandi carneficine della storia umana e uno dei
conflitti più raccontati, compie cento anni. Nove milioni di uomini: è uno dei tragici
numeri della Grande Guerra, stima delle persone morte in azione o per le ferite riportate.
La prima guerra mondiale venne anche definita “di trincea”; è durante la prima guerra
mondiale che la trincea si diffuse su larga scala costituendone sicuramente il capitolo più
terribile e sanguinoso. Le novità introdotte dall'evoluzione delle armi da fuoco e