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Le motivazioni che mi hanno spinto a trattare questo argomento all'interno della mia tesina di maturità sono fondamentalmente due. Innanzitutto ho voluto contrastare l’idea, peraltro molto diffusa tra i giovani, della matematica come di una materia nella quale non vi è spazio per la creatività individuale, portando esempi che mostrano come la matematica sia espressione della creatività umana al pari delle altre discipline. Inoltre mi sta particolarmente a cuore la tematica dell’interiorità, poiché ritengo che l’uomo, nelle arti come nella scienza, tenda ad esprimere la propria interiorità, intesa come espressione delle proprie idee e dei propri sentimenti, alla ricerca di armonia e bellezza.
Nella mia tesina è ho riportato le seguenti frasi di Paulo Coelho, tratte dall'opera letteraria "L'Alchimista": “Forse se ti trovassi in un laboratorio di alchimia, questo sarebbe il momento giusto per studiare la maniera migliore di capire la tavola di smeraldo. Ma sei nel deserto. E allora immergiti nel deserto. Serve a comprendere il mondo altrettanto bene di qualsiasi cosa tu faccia sulla terra. Non c’è bisogno che tu capisca il deserto: basta che osservi un semplice granello di sabbia e vi scorgerai tutte le meraviglie della Creazione.” “Come posso immergermi nel deserto?” “Ascolta il tuo cuore. Esso conosce tutte le cose".
Matematica, creatività e interiorità tesina
Matematica - Le geometrie non euclidee.
Filosofia - L'invenzione in matematica (inconscio).
Storia dell'arte - Vasilij Kandinskij.
Perché ho deciso di scrivere questa tesina.
Le motivazioni che mi hanno spinto a trattare questo argomento sono fondamentalmente due.
Innanzitutto ho voluto contrastare l’idea, peraltro molto diffusa tra i giovani, della matematica come
di una materia nella quale non vi è spazio per la creatività individuale, portando esempi che
mostrano come la matematica sia espressione della creatività umana al pari delle altre discipline.
Inoltre mi sta particolarmente a cuore la tematica dell’interiorità, poiché ritengo che l’uomo, nelle
arti come nella scienza, tenda ad esprimere la propria interiorità, intesa come espressione delle
proprie idee e dei propri sentimenti, alla ricerca di armonia e bellezza.
M , CREATIVITÀ, INTERIORITÀ
ATEMATICA ““Forse se ti trovassi in un laboratorio di alchimia,
questo sarebbe il momento giusto per studiare la
maniera migliore di capire la tavola di smeraldo.
Ma sei nel deserto. E allora immergiti nel deserto.
Serve a comprendere il mondo altrettanto bene di
qualsiasi cosa tu faccia sulla terra. Non c’è bisogno che
tu capisca il deserto: basta che osservi un semplice
granello di sabbia e vi scorgerai tutte le meraviglie
della Creazione.” “Come posso immergermi nel
deserto?” “Ascolta il tuo cuore. Esso conosce tutte
le cose […]”(L’alchimista, Coelho, 1995)”
Le due visioni della matematica.
Il dibattito sul legame matematica, mondo, uomo è ampio e complesso, tuttavia si possono
riconoscere due diverse posizioni che sottendono diverse visioni del ruolo della matematica rispetto
alla descrizione del mondo.
La prima visione è quella di coloro che ritengono che “Dio sia un matematico”, cioè che l’universo
si basi su una costruzione matematica stabilita e che l’uomo, attraverso le varie scienze, possa
scoprire le leggi sulle quali si basa lo sviluppo di ciò che ha intorno. Già Pitagora, nel VI secolo
a.C. sosteneva che i numeri fossero alla base della natura; tale concezione sarà parte fondamentale
del pensiero di Platone (che sostiene l’esistenza delle idee matematiche) e giungerà fino a Galileo
Galilei, che nel ‘600 afferma che l’universo è scritto in linguaggio matematico. Questa posizione,
pur trovando ampio seguito anche nella modernità, tende ad indebolirsi, in quanto legata ad una
visione teologica o comunque mistica della matematica e delle scienze.
L’altra visione caratterizza coloro che vedono l’universo come un ammasso di materia ed energia in
movimento, senza che esista necessariamente un artefice o un pensiero fondante alla base di tutto.
L’uomo, attraverso l’esercizio della propria ragione e basandosi sulla propria visione del mondo,
può “inventare” delle leggi che spiegano e prevedono alcuni tra i fenomeni che vede. I grandi
pensatori del passato hanno spesso sostenuto la tesi opposta e solo modernamente questa
concezione ha cominciato a prendere piede, con pensatori come Henri Poincaré.
Si precisa che quest’ultima visione del mondo non è pretenziosa, cioè non attribuisce all’uomo la
solennità di una figura creatrice o ordinatrice. Al contrario, secondo tale concezione, il matematico
(o comunque lo scienziato) perde la posizione di vate, di indovino che ritrova le corrispondenze
della natura, a favore di un matematico “artigiano” (D’amore, 2009). Inoltre, a scapito di ogni
misticismo scientifico, l’uomo trova sì dei legami tra i fenomeni grazie alla sua ragione, ma, in
verità, tali legami relazionano contemporaneamente soltanto alcune grandezze. Perché, a titolo di
esempio, se è vero che esiste una relazione tra la velocità di un corpo, lo spazio percorso ed il
tempo, non esiste alcuna relazione tra il colore di un oggetto e la sua velocità. Diverse grandezze
rimarranno tra loro incommensurabili.
“L’irragionevole efficacia della matematica nelle scienze naturali” (Wigner, 1960) probabilmente
non troverà mai una spiegazione assolutamente certa e la disputa tra le due posizioni
precedentemente espresse rimarrà aperta. In fondo, tale controversia pone a contrasto due visioni
del mondo inconciliabili tra loro: la prima è quella di coloro che ritengono che l’ordine che si
percepisce nel mondo sia frutto di un autore o di uno schema secondo il quale si origina tutto, la
seconda è quella di coloro che, vedendo la molteplicità della natura, stabiliscono relazioni razionali
tra gli oggetti. Queste due visioni riguardanti la concezione del mondo mostrano come “Tutti gli
uomini nascono aristotelici o platonici, cioè razionali o irrazionali[…]” (Samuel Taylor Coleridge).
È possibile quindi vedere la scienza come una scoperta o come una creazione. Abbracciando la
seconda tesi e considerando la matematica come un vero e proprio linguaggio che l’uomo plasma
razionalmente, non si può fare a meno di notare come essa sia una materia creativa, al pari di tante
altre discipline umanistiche.
Vincoli e creatività del sapere umano
“Come si fa a essere creativi nella pittura ma non nelle lettere, nella poesie ma non nel disegno…
[…] I grandi maestri del passato ci insegnano che l’ingegno, quando ce l’hai, non ha davvero
confini.”(Fo, 2007)
Si può notare come sia nel campo scientifico, che più in generale nel campo umanistico, il modus
operandi del pensiero sia comune. Fondamentalmente la libera creatività dell’uomo è limitata da dei
vincoli che, da un lato, appunto, restringono lo spettro delle possibilità creative, dall’altro,
permettono una veicolazione più efficace delle idee. Un’affermazione del genere potrebbe sembrare
esagerata od impropria, soprattutto se riferita al campo scientifico. Infatti, normalmente si ritiene
che soltanto la matematica, la fisica e in generale tutte le scienze siano “limitate” e “poco creative”,
in quanto si occupano di argomenti concreti e non hanno possibilità di esulare dalla realtà; al
contrario la letteratura, la musica, la filosofia ecc. sono libere di affermare qualunque cosa ed il suo
contrario senza alcun vincolo.
Tale visione non è del tutto vera, ma parziale. Riferendosi alla matematica (erroneamente ritenuta
dagli studenti come una materia arida, tecnica, insomma la materia “schematica” per eccellenza)
occorre ampliare la concezione comune e rendersi conto della sua potenza creativa. Questo fatto è
stato mostrato con un esempio interessante da Bruno d’Amore, in una conferenza sulla matematica
tenutasi a Bologna. Innanzitutto egli racconta la propria esperienza in una scuola elementare, nella
quale era stato chiesto a dei bambini di misurare la lunghezza di una data circonferenza. Secondo il
professore porre a dei bambini questo tipo di problema è molto produttivo, perché permette di
vedere come essi cercano soluzioni fantasiose per un quesito al quale uno studente di scuola media
risponderebbe in modo meccanico e certamente poco creativo. I bambini della scuola hanno trovato
diverse risposte, alcuni hanno proposto di ruotare il righello, altri di usare uno spago, altri ancora di
incollare lo spago stesso, ma l’idea più “geniale” è stata quella di un bambino che ha pensato di
cronometrare il tempo impiegato per tracciare una circonferenza col compasso, per poi tracciare una
linea retta (e quindi misurabile) nello stesso tempo.
Certamente, nessun matematico affermerà mai che “2+2=5” ma, ad esempio, nel costruire una
nuova geometria sarà assolutamente libero di assumere come elementi fondamentali quelli che
preferisce. Basti pensare alle geometrie non euclidee, nate in seguito al tentativo di dimostrare il
quinto postulato di Euclide, che, nella sua formulazione originale, afferma che “Se una retta taglia
altre due rette determinando dallo stesso lato angoli interni la cui somma è minore di quella di due
angoli retti, prolungando indefinitamente le due rette, esse si incontreranno dalla parte dove la
somma dei due angoli è minore di due angoli retti.”. Girolamo Saccheri, nel tentativo di dimostrare
per assurdo il quinto postulato, quindi negandolo, aprì la strada alla nascita di nuove geometrie e
tante altre potrebbero essere create da ogni singolo uomo, purché si pongano dei postulati e, in
modo razionale, si derivino dei teoremi coerenti.
La verità delle geometrie non euclidee
“Considero una retta r e un punto P fuori di essa.
Da P mando rette parallele a r. Quante sono tali
parallele? Una, Nessuna, Centomila?”
L’unicità della parallela, è un assioma della geometria euclidea e, in quanto tale, non è
assolutamente e sempre vero. Nella geometria ellittica di Riemann non è possibile tracciare una
parallela ad una retta data passante per un punto esterno. Al contrario, la geometria iperbolica di
Lobačevskij afferma che esistono infinite parallele (e non il letterario “centomila”).
È quindi naturale chiedersi: “quale, tra queste, è la geometria vera?”. Purtroppo una risposta alla
domanda non c’è, perché la domanda stessa non ha senso. Infatti, la matematica (e quindi la
geometria) è una costruzione astratta, che non trova alcun riscontro nel mondo concreto, ma
soltanto approssimazioni. Le geometrie, dal punto di vista teorico, sono tutte vere (D’amore, 2009),
ma, applicate alla pratica, possono essere considerate soltanto più o meno “comode”, in base al
grado di approssimazione dei fenomeni che offrono. Modernamente, infatti, è cambiato il concetto
di verità: è vero ciò che possiede una coerenza interna.
L’applicazione fisica delle geometrie non euclidee.
Si può notare come la fisica classica funzioni perfettamente grazie alla geometria euclidea. Tuttavia,
si tratta sempre di un’approssimazione, applicabile solamente a certe leggi che spiegano i fenomeni
della fisica classica. Infatti con la scoperta dell’elettromagnetismo e l’emergere di nuovi fenomeni
inspiegabili si apre la strada al lavoro di Einstein. Egli giunge ad una visione del mondo meno
intuitiva rispetto a quella precedente e basata non più sulla geometria euclidea, ma, nella teoria della
relatività ristretta, sullo spazio-tempo di Minkovsky, e, in quella generale, su uno spazio
approssimabile con la geometria ellittica di Riemann.
Ma come avviene la creazione?
Appurato che la matematica si basa sulla creatività, è spontaneo domandarsi come effettivamente
avvenga la creazione. Jacques Hadamard, ispirandosi ad alcune conferenze del matematico Henri
Poincaré, analizza il processo inventivo ne La psicologia dell’invenzione. La creazione matematica,
innanzitutto avviene in diverse fasi e coinvolge non solo la coscienza dell’uomo, ma anche e
soprattutto l’inconscio. Diversi matematici, infatti, raccontano di aver sognato le dimostrazioni di
un problema al quale stavano lavorando o di essere stati “folgorati” dalla soluzione: emerge quindi
la fondamentale importanza dell’inconscio per giungere all’”illuminazione”, al risultato.
Occorre precisare che, chiaramente, sarebbe troppo comodo cominciare un problema in modo
superficiale e coricarsi attendendo una soluzione. Affinché possa giungere l’illuminazione, infatti, è
necessario un profondo e dettagliato studio conscio del problema. Occorre analizzare tutti i possibili
casi e particolari, pur mantenendo una visione generale della situazione. Se questa prima tappa non
porta alcun risultato, non significa che tutta la fatica spesa sia stata inutile, anzi, è proprio grazie ad
essa che si potrebbe arrivare all’illuminazione. Infatti, come dice Poincaré, questa prima fase è
fondamentale e, per esemplificare ciò che avviene inizialmente ed in seguito, trova un bellissimo
paragone. Prima del lavoro gli atomi (che rappresentano le idee) sono perfettamente immobili. Non
appena si comincia a pensare essi iniziano a muoversi. Può accadere quindi che il loro movimento
persista per tanto tempo, e che quindi non si riesca a giungere immediatamente ad una soluzione,
ma può arrivare un momento nel quale essi formano una combinazione perfettamente logica, che
risale verso la coscienza. Perché l’illuminazione giunga e perché lo faccia il più velocemente