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Sintesi

L'illusione in tutte le sue forme

Materie trattate: Italiano, Latino, Filosofia, Storia, Storia dell'arte, Inglese, Scienze, Fisica.

Arthur Schopenhauer: Il mondo della rappresentazione come "velo di Maya".

Giacomo Leopardi: La visione pessimistica di una Natura illusoria.

Lucio Apuleio: "Le Metamorfosi", l'illusione della magia.

Oscar Wilde: "The picture of Dorian Gray", The illusion of the triumph of art over life.

Renè Magritte: Contrasto tra realtà  e rappresentazione: "La condizione umana II" e "Il tradimento delle immagini".

Le costellazioni: La posizione apparente delle stelle nelle varie costellazioni.

I totalitarismi: Hitler, il crollo dell'illusione di poter creare una "razza" ariana superiore.

Riflessione totale: Miraggio Fata Morgana.

Estratto del documento

Arthur SCHOPENHAUER

Il mondo della rappresentazione come

“velo di maya”

Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la distinzione kantiana tra fenomeno e cosa in sé. Per Kant il fenomeno

è la realtà, l’unica realtà accessibile alla mente umana; e il noumeno è un concetto-limite che serve per ricordarci i limiti

della conoscenza. Nella prima versione della “Critica della Ragion Pura” per Kant il fenomeno è rappresentazione, mentre

nella seconda versione, è l’oggetto della rappresentazione. Schopenhauer preferisce la prima e secondo lui, il fenomeno è

parvenza, illusione, sogno, ovvero ciò che nell’antica sapienza indiana è detto “velo di Maya” (Maya: apparenza, termine

orientale in sanscrito); il noumeno invece è una realtà che si nasconde dietro l’ingannevole trama del fenomeno, e che il

filosofo ha il compito di scoprire. Schopenhauer quindi riconosce il concetto di fenomeno alla filosofia indiana e buddistica.

Mentre per il criticismo il fenomeno è l’oggetto della rappresentazione, che esiste fuori dalla coscienza, il fenomeno di cui

parla Schopenhauer è una rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza. Egli crede di poter esprimere l’essenza del

kantismo con la tesi, che apre il suo capolavoro, secondo cui “il mondo è una mia rappresentazione”. La rappresentazione

è il “velo di Maya”, quindi un inganno.

La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili, la cui distinzione costituisce la forma generale della

conoscenza: da un lato c’è il soggetto rappresentante (ciò che tutto conosce senza essere conosciuto da nessuno),

dall’altro c’è l’oggetto rappresentato (ciò che viene conosciuto). Soggetto e oggetto esistono soltanto all’interno della

rappresentazione e nessuno dei due precede o può esistere indipendentemente dall’altro. Il materialismo è falso perché

nega il soggetto riducendolo all’oggetto o alla materia. L’idealismo di Fichte è lo stesso scorretto perché compie il tentativo

opposto e ugualmente impossibile di negare l’oggetto riducendolo al soggetto.

La rappresentazione si basa su forme a priori, che per Schopenhauer, a differenza di Kant, sono solo tre: spazio, tempo e

causalità. Quest’ultima è l’unica categoria, in quanto tutte le altre sono riconducibili ad essa. La causalità assume forme

diverse a seconda degli ambiti in cui opera, manifestandosi come necessità fisica, logica, matematica e morale. Il principio

di ragion sufficiente assume forme diverse in relazione al principio del divenire (che regola i rapporti fra gli oggetti naturali),

del conoscere (che regola i rapporti fra premesse e conseguenze), dell’essere (che regola i rapporti spazio-temporali e le

connessioni aritmetico-geometriche) e dell’agire (che regola le connessioni fra un’azione e i suoi motivi).

Schopenhauer considera la rappresentazione ingannevole, traendo la conclusione che la vita è “sogno”, cioè un tessuto di

apparenze o una sorta di “incantesimo”, che fa di essa qualcosa di simile agli stati onirici. La coscienza filosofica si accorge

di essere dentro a un sogno. L’idea che il mondo sia un’illusione è tipica delle filosofie indiane, con l’idea di Brama che si

addormenta e sogna il mondo. Se il mondo è un’illusione, non può esserci felicità, ma solo dolore.

Ma al di là del sogno esiste la realtà vera, sulla quale l’uomo non può fare a meno di interrogarsi. Infatti Schopenhauer

sostiene che l’uomo è un “animale metafisico”, che a differenza degli altri esseri viventi, è portato a stupirsi della propria

esistenza e ad interrogarsi sull’essenza ultima della vita. Ciò avviene proporzionalmente alla sua intelligenza.

GIACOMO LEOPARDI

LA VISIONE PESSIMISTICA DI UNA

NATURA ILLUSORIA

Nel 1817 Leopardi scrive le proprie riflessioni su un quaderno che chiamerà “Zibaldone di pensieri”, a indicare un insieme

eterogeneo su argomenti vari. Non è un opera letteraria, ma un diario privato. Quest’opera è però molto importante per

costruire la formazione e l’evoluzione del suo pensiero. La scrittura è diretta e colloquiale con abbreviazioni e simboli, un

vero e proprio diario non destinato alla pubblicazione.

Nello “Zibaldone” troviamo molte citazioni sull’argomento delle illusioni:

<<La ragione è nemica di ogni grandezza: la ragione è nemica della natura: la natura è

grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto più difficilmente sarà

grande, quanto più sarà dominato dalla ragione: che pochi possono esser grandi […] se non

sono dominati dalle illusioni […]. La natura dunque è quella che spinge i grandi uomini alle

grandi azioni. Ma la ragione li ritira: è però la ragione nemica della natura; e la natura è grande,

e la ragione è piccola […]. E queste e quelle derivano dai progressi della ragione e della civiltà,

e dalla mancanza o indebolimento delle illusioni, senza le quali non ci sarà quasi mai grandezza

di pensieri, né forza e impeto e ardore d’animo, né grandi azioni che per lo più sono pazzie […].

Non c’è dubbio che i progressi della ragione e lo spegnimento delle illusioni producono le

barbarie, e un popolo oltremodo illuminato non diventa mai civilissimo, come sognano i filosofi

del nostro tempo […]. La più gran nemica della barbarie non è la ragione ma la natura […]: essa

ci somministra le illusioni che quando sono nel loro punto fanno un popolo veramente civile […].

Le illusioni sono in natura, inerenti al sistema del mondo, tolte via affatto o quasi affatto, l’uomo è

snaturato; ogni popolo snaturato è barbaro, non potendo più correre le cose come vuole il

sistema del mondo […]. Il più solido piacere di questa vita è il piacer vano delle illusioni.>>

La prima fase del suo pensiero (quella appunto dello “Zibaldone”), viene definita “pessimismo storico” (Zibaldone anni 17-

18; Canzoni Civili e Idilli) perché l’infelicità umana è legata alla storia e al progresso. Leopardi concepisce la natura come

entità positiva, in quanto secondo lui essa fornisce all’uomo le illusioni che lo rendono capace di compiere azioni generose;

per questo gli antichi Greci e Romani erano più felici dei moderni, perché più vicini alla natura. La civiltà (il frutto della

ragione umana) ha allontanato gli uomini dalla natura, per cui gli uomini moderni non hanno più quelle illusioni che

rendevano felici gli antichi. La scienza e la filosofia hanno mostrato in chiave scientifica all’uomo la realtà delle cose,

togliendogli ogni illusione e mettendolo di fronte alla cruda verità. La vita dell’uomo moderno è quindi caratterizzata

dall’egoismo e dalla corruzione dei costumi. Il pensiero leopardiano si sviluppa con contrapposizioni tra la natura (positiva)

e il progresso (negativo). LUCIO APULEIO

“LE METAMORFOSI”

L’ILLUSIONE DELLA MAGIA

Il capolavoro di Apuleio è il romanzo “Le Metamorfosi”, conosciuto anche come “L’asino

d’oro”, titolo non originario tramandato da Agostino in poi. Non si sa quando quest’opera sia

stata scritta, ma è posteriore al “De Magia”, perché nel “De Magia” non c’è alcun riferimento

a quest’opera. È l’unico romanzo della letteratura latina ad esserci arrivato completo (il

Satirikon di Petronio infatti ci è giunto in maniera frammentaria). Il romanzo era un genere

presente nella letteratura greca, caratterizzata da avventure e viaggi, ingredienti che

troviamo anche in questo romanzo. Oltre alla tradizione del romanzo greco, c’è un rapporto

anche con le “Fabulae Milesiae”, di argomento erotico, ma “Le Metamorfosi” sono più

complesse e ampie di una novella milesia.

Struttura. Ci sono 11 capitoli, che possono essere suddivisi in 3 sezioni.

1) (primi tre libri) – Il tema dominante è la curiosità nei confronti della magia. Il protagonista

Lucio che narra in prima persona la propria storia, ci dice che durante un viaggio in Tessalia,

regione nota per la presenza di famose maghe, è preso dalla curiosità nei confronti della

magia e vuole imparare quest’arte. Durante il viaggio giunge a Ipata, dove viene ospitato da

Milone, marito di una maga. Per cercare di venire a contatto diretto con lei, Lucio ha una

relazione con una serva (Fotide) e riesce a convincere la maga a provare su di lui gli effetti

della magia, chiedendole di trasformarlo in un uccello; qualcosa però non funziona e Lucio si

ritrova trasformato in asino.

2) (dal quarto al decimo libro) – Questa parte è più ampia e più ricca di avventure. Lucio,

diventato asino, comincia a vivere una serie di avventure. Una banda di briganti lo porta con sé; qui sente raccontare la

favola di “Amore e Psiche” da un’anziana donna che deve custodire una fanciulla rapita dai briganti: questa novella è

un’allegoria dell’intero romanzo. La donna racconta che in una città fantasiosa vivevano un re e una regina con tre figlie.

La più piccola si chiamava Psiche (in greco = anima), così bella da far ingelosire Venere. A causa di ciò, un oracolo diede

al re un responso secondo il quale la figlia sarebbe stata portata su una roccia per essere divorata da un drago. Ma per

fortuna di Psiche, il figlio di Venere, Amore, si innamorò di lei e la portò in un castello incantato per sposarla, ma con una

clausola: Amore avrebbe incontrato Psiche solo di notte e lei non avrebbe mai dovuto vederlo. Dato che la fanciulla

durante il giorno era sola nel castello, ebbe il permesso di portare con sé anche le due sorelle, che la istigarono a non

obbedire all’ordine di Amore e di cercare invece di vederlo. Una notte, mentre Amore

dormiva, Psiche iniziò a contemplarlo, innamorandosene. Una goccia d’olio della

lampada però, cadde su di lui, svegliandolo; Amore fugge e Psiche, per rintracciarlo,

dovette superare quattro prove, decise da Venere. L’ultima consisteva nello scendere nel

regno dei morti e chiedere a Proserpina un unguento che avrebbe permesso a Venere di

conservare per sempre la sua bellezza. Psiche riuscì ad ottenerlo, ma è vinta dalla

curiosità (stesso difetto di Lucio) e aprì la boccetta: il profumo che scaturì da essa la fece

cadere in un sonno profondo. A questo punto intervenne Amore, che riuscì a salvarla e i

due riuscirono a sposarsi (l’intervento di amore corrisponde all’intervento della dea Iside

che successivamente avrebbe salvato Lucio).

Le avventure dell’asino procedono: riesce a fuggire dai briganti ma passa di mano in

mano, prima da dei sacerdoti, poi da un mugnaio,da un ortolano, da un soldato, da un

cuoco, da un pasticcere…. Alla fine giunge in un anfiteatro dove avrebbe dovuto

congiungersi ad una donna condannata a morte. Ma mentre è condotto all’anfiteatro,

temendo di essere gettato in pasto alle belve, fugge gettandosi nel mare vicino Corinto.

Qui invoca la Luna, simbolo di Iside, che decide di aiutarlo, rivelandogli che per

riacquisire sembianze umane, dovrà mangiare delle rose.

Questa sezione è la più movimentata dell’opera, in cui le vicende di Lucio si susseguono senza ordine. Da quando egli è

stato trasformato infatti, è in balia delle volontà altrui: di qui il senso disordinato delle vicende. Perdendo la ragione, Lucio è

in balia del caos, incapace di dare un senso alla propria vita.

3) (undicesimo libro) – Questa sezione sembra distaccata rispetto alle altre parti ma in realtà spiega il senso di tutta l’opera.

Dopo l’intervento di Iside, Lucio diventa un suo devoto e viene iniziato ai misteri della

dea a Corinto. Per completare la sua iniziazione, si reca a Roma diventando un devoto

anche di Osiride. Il romanzo si conclude con un riferimento autobiografico: al sacerdote

di Osiride appare il dio in sogno, che gli comunica l’arrivo di un abitante di Madauro

(Apuleio appunto) che vorrà anche lui essere iniziato ai misteri di Osiride.

Lucio, a causa della sua curiosità per la magia è caduto in balia del caos, e solo grazie

ad Iside ha potuto riprendere le sue sembianze.

il romanzo ha un duplice fine: procurare divertimento (ci sono anche novelle erotiche) e

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