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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: L'illusione
Autore: Lucia Gallo
Descrizione: lââ¬â¢illusione come rappresentazione fittizia della realtaââ¬â¢ introduzione: tutto e' un'illusione, e un'illusione e' una piccola parte di niente creata da noi per trovare una scusa all'incubo che si vive.
Materie trattate: italiano, filosofia, storia, latino, greco, inglese
Area: umanistica
Sommario: LUCIA GALLO III F Esami di stato 2008 Liceo classico Socrate L'ILLUSIONE COME RAPPRESENTAZIONE FITTIZIA DELLA REALTÃÂ L'ILLUSIONE COME RAPPRESENTAZIONE FITTIZIA DELLA REALTA' Introduzione: Tutto e' un'illusione, e un'illusione e' una piccola parte di niente
significativi della vita del regime furono scanditi da feste e cerimonie pubbliche, preparate con
estrema cura, nelle quali il cittadino trovava momenti di socializzazione, sia pure fondata, che la
vita nelle grandi città non offriva spontaneamente. Ma la più efficace invenzione della
propaganda nazista fu senza dubbio quella che riguardava una "cospirazione ebraica mondiale".
L'antisemitismo attecchì in un suolo fertile, dove già era consolidata l'opinione comune sul
popolo ebraico che lo vedeva come simbolo della disonestà dell'intero sistema, a causa
dell'ambiguo ruolo svolto dagli ebrei nella società europea in seguito alla loro emancipazione. I
nazisti ponevano il problema ebraico al centro della loro propaganda: l'antisemitismo non era
più solo una questione di opinioni, ma una faccenda relativa ad ogni individuo. Ciò diede alle
masse di individui "atomizzati", un mezzo di autoaffermazione, in grado di far loro
riconquistare parte del prestigio perso con la caduta del sistema classista. Il mito della razza
occupò un posto centrale nella teoria e nella prassi del nazismo: la stessa idea della Stato aveva,
rispetto a quella della razza, una funzione del tutto secondaria. Il tratto demoniaco
dell’esperienza nazista sta nell’avere inseguito questo mito con brutale coerenza.
Lo stalinismo:
Anche Stalin, alla fine degli anni ’30, sorretto da un onnipotente apparato burocratico e
poliziesco, finì con l’assumere in Urss un ruolo di capo carismatico non diverso da quello svolto
nello stesso periodo dai dittatori di opposta sponda ideologica. Era l’autorità suprema, ma anche
il depositario di un’autentica dottrina marxista e al tempo stesso il garante di una sua corretta
applicazione. Seppe presentarsi ai comunisti come una guida solida e abile, alla sinistra in
generale come uno dei pochi leader che facesse qualcosa per combattere il fascismo (almeno
prima del Patto Molotov-Ribbentrop). Con l'avvento del fascismo molti avevano infatti
cominciato a pronosticare la morte della "democrazia borghese" e a ritenere che fascismo o
comunismo sovietico fossero le sole vie possibili. L'abilità manipolatoria della propaganda e
l'impossibilità per molti militanti comunisti di visitare di persona l'URSS (diversamente dai
dirigenti del partito) e rendersi conto della reale situazione del paese favorirono il dittatore.
Inoltre, la letteratura, il cinema, la musica e la arti figurative furono sottoposte a un regime di
rigida censura e costrette a svolgere una funzione propagandistico - pedagogica entro i canoni
realismo socialista.
del cosiddetto La storia recente fu riscritta per esaltare il ruolo di Stalin e
sminuire quello di Trotskij e degli altri oppositori. Persino il settore delle scienze naturali fu
messo sotto controllo e scienziati illustri furono perseguitati per aver sostenuto teorie giudicate
non ortodosse. Lo stalinismo è inoltre inseparabile da quella traumatica esperienza che fu
l’industrializzazione forzata. Stalin non solo emarginò politicamente tutti i suoi rivali o
potenziali, ma li sterminò fisicamente. E fece eliminare insieme a loro migliaia di quadri
dirigenti del partito e un numero incalcolabile di semplici cittadini sospetti di deviazionismo.
Vittime principali erano stati i contadini, in particolar modo i kulaki,che furono eliminati non
solo come classe, ma anche come persone fisiche. Il periodo delle “grandi purghe” cominciò nel
’34 e negli anni successivi le purghe s susseguirono a un ritmo impressionante, sempre
giustificate dalla necessità di combattere traditori e nemici di classe. Si trattò di una gigantesca
repressione poliziesca, condotta nell’arbitrio più assoluto, che colpì milioni di persone e che
diede vita a un immenso universo concentrazionario formato dai capi di lavoro: quell’universo
che avrebbe preso il nome di “Arcipelago Gulag”. La repressione non risparmiò nessun settore
della società. Forse peggiore fu la sorte di coloro che furono sottoposti a pubblici processi,
formalmente regolari ma in realtà basati su confessioni estorte con la tortura. Le grandi purghe,
le deportazioni in massa e iporecessi degli anni ’30 provocarono una certa impressione in
occidente, ma nel complesso non ebbe grande rilievo. Anzi, l’eco dei successi ottenuti in
economia e nell’industria si diffuse rapidamente aldilà dei confini dell’Urss e gli antifascisti di
Meno noti fuori
tutto il mondo guardavano con interesse e speranza all’Unione Sovietica.
dall’Urss erano i costi umani e politici di quell’impresa. E pochi immaginarono le reali
dimensioni della tragedia che si era consumata nelle campagne.
HERBERT MARCUSE
L’avvento del nazismo, l’affermazione del comunismo sovietico e il trionfo della società
tecnologica ed opulenta, sono le coordinate di fondo in cui si definisce il progetto storico-
Scuola di Francoforte,
sociale della e in particolare di Marcuse, uno dei suoi maggiori
esponenti.
Secondo Marcuse l’apparato produttivo nella nostra società tende a diventare totalitario. La
tecnologia, che è asservita al dominio, favorisce nuove forme di controllo sociale.
Filosofo e sociologo di culto, autore più citato che letto, Marcuse è il teorico del "Gran Rifiuto"
nei confronti della società tecnologica ed in generale uno dei più acerrimi nemici della
Modernità. La formula indica la valenza fondamentale della sua impostazione, ossia la
la
negazione: negazione sistematicamente attuata nei confronti di tutto ciò che è "realtà", perché
realtà è veicolo di menzogna, ipocrisia, illusione. Come già emerge nei primi anni di vita
della "scuola" (che nasce ed inizia sviluppare le sue tesi a partire dagli anni 20) uno dei
presupposti epistemologici dei francofortesi si realizza attraverso una coscienza critica
negazione di ciò che appare
fortemente connotata in senso negativo: ossia attraverso "la
evidente, il non soddisfarsi di quel che è dato". Una coscienza critica che, a differenza di
quanto accade ad Adorno e Horkheimer, in Marcuse diventa pressoché assoluta e necessitata a
svilupparsi anche in senso eversivo.
Da questo punto di vista, soprattutto attraverso le sue opere più famose quali “Eros e civiltà del
1955” e soprattutto “L'uomo a una dimensione” Marcuse ci dice in sostanza che la vita, la
nostra vita, è una tragica messinscena. Ci esorta a capire che ciò per cui spendiamo tempo e
fatica, intelligenza ed energia è indegno dei nostri sforzi.
Se Marx e Freud sono stati definiti i maestri del sospetto, Marcuse è il discepolo che li supera
portando all'estremo le loro indicazioni: come è stato notato, «la filosofia diventa negativa nel
momento in cui cerca di demistificare la realtà sociale, giungendo alla conclusione che la verità,
lungi dall'identificarsi con la realtà, resta ancora da scoprire» .
E non a caso Marx e Freud, insieme a Hegel, rappresentano i suoi punti di riferimento, momenti
irrinunciabili del suo impianto sociologico. Da Marx assume il concetto di alienazione, grazie
ad Hegel si impadronisce del il concetto di dialettica come dinamica negativa, da Freud - per il
quale il principio del piacere è alternativo al principio di realtà - assume la visione della civiltà
come risultante dinamica della continua repressione degli istinti: istinti che devono
necessariamente essere "liberati" affinché l'uomo possa essere realmente felice.
Il punto di partenza si determina sul negativo e sul negativo procedono i suoi sviluppi: le libertà
che le democrazia occidentali consentono sono, in realtà, forme di costrizione mentale e
materiale sempre più raffinate e perfezionate. Il benessere stesso, creato dal mercato, altro non è
che un sistema soft - ma come tale ancor più pericoloso - subdolamente finalizzato alla
strumentalizzazione delle coscienze. Ciò non sorprende se partiamo dal presupposto che la
verità è sempre e comunque altrove rispetto alla realtà. La realtà sociale equivale sempre e
comunque ad una mistificazione. Se rifiuto di riconoscere il legame che vige fra realtà e verità,
il mondo in cui vivo non tarderà ad apparire come una bufala globale, composta da artefatti
pratici ed artifici teorici. Un ambito in cui i veri desideri umani vengono manipolati e orientati
dall'esterno.
H. Marcuse, Eros e civiltà
In questa società l’apparato produttivo tende a diventare totalitario nella misura in cui
determina non soltanto le occupazioni, le abilità e gli atteggiamenti socialmente richiesti, ma
anche i bisogni e le aspirazioni individuali. In tal modo esso dissolve l’opposizione tra
esistenza privata ed esistenza pubblica, tra i bisogni individuali e quelli sociali. La tecnologia
serve per istituire nuove forme di controllo sociale e di coesione sociale, piú efficaci e piú
piacevoli. La tendenza totalitaria di questi controlli sembra affermarsi in un altro senso ancora
– diffondendosi nelle aree meno sviluppate e persino nelle aree preindustriali del mondo,
creando aspetti simili nello sviluppo del capitalismo e del comunismo.
Di fronte ai tratti totalitari di questa società, la nozione tradizionale della “neutralità” della
tecnologia non può piú essere sostenuta. La tecnologia come tale non può essere isolata
dall’uso cui è adibita; la società tecnologica è un sistema di dominio che prende adoperare sin
dal momento in cui le tecniche sono concepite ed elaborate.
Il modo in cui una società organizza la vita dei suoi membri comporta una scelta iniziale tra
alternative storiche che sono determinate dal livello preesistente della cultura materiale ed
intellettuale. La scelta stessa deriva dal gioco degli interessi dominanti. Essa prefigura modi
specifici di trasformare e utilizzare l’uomo e la natura e respinge gli altri modi. È un
“progetto” di realizzazione tra altri. Ma una volta che il progetto è diventato operativo nelle
istituzioni e relazioni di base, esso tende a diventare esclusivo e a determinare lo sviluppo della
società come un tutto. Come universo tecnologico, la società industriale avanzata è un universo
politico, l’ultimo stadio della realizzazione di un progetto storico specifico, vale a dire
l’esperienza, la trasformazione, l’organizzazione della natura come un mero oggetto di
dominio.
Via via che il progetto si dispiega, esso plasma l’intero universo del discorso e dell’azione,
della cultura intellettuale e di quella materiale. Entro il medium costituito dalla tecnologia, la
cultura, la politica e l’economia si fondono in un sistema onnipresente che assorbe o respinge
tutte le alternative. La produttività e il potenziale di sviluppo di questo sistema stabilizzano la
società e limitano il progresso tecnico mantenendolo entro il quadro del dominio. La
razionalità tecnologica è divenuta razionalità politica.
“Eros
Alla base di e Civiltà” sta la convinzione che la civiltà ha potuto svilupparsi solamente in
repressione degli istinti ,
virtù della e in particolare della ricerca del piacere. La società infatti
è riuscita ad accrescere la produttività solo impedendo all’individuo la libera soddisfazione
delle sue pulsioni. Marcuse inoltre afferma che non sia la civiltà in quanto tale ad essere
repressiva, ma quel tipo di società che è la società di classe, delineatasi in particolare in
occidente, che è stato asservito a ciò che Marcuse chiama “principio di prestazione”, ossia la
direttiva di impiegare tutte le energie psico-fisiche dell’individuo per scopi produttivi e
lavorativi. In tal modo, il fine della vita è divenuto il lavoro e la fatica, che gli uomini hanno
“
finito per accettare come qualcosa di naturale. In uno scritto successivo, dal titolo L’uomo a
una dimensione” Marcuse riprende e radicalizza i vari motivi di critica della società tecnologica
avanzata. L’uomo a una sola dimensione è l’individuo alienato della società attuale, è colui per
ciò
il quale la ragione si è identificata con la realtà e che perciò non scorge più il distacco tra
che è ciò che dovrebbe essere.
e Sicché per lui, al di fuori del sistema in cui vive, non ci sono