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Sintesi

L'argomento centrale della trattazione della tesi è la nascita delle idee. Si è deciso di affrontarla in maniera creativa e originale, paragonandola alla gestazione umana. Data l'ampiezza dell'argomento, in quanto innumerevoli le idee avute nel...

Materie trattate: fisica, matematica, biologia, scienze della terra, chimica, filosofia, letteratura italiana, letteratura inglese, storia

Estratto del documento

Alessandra Boraso La sottile arte della gestazione mentale: le idee del primo ventennio del Novecento

da sé il progetto migliore al primo tentativo, bensì esplora prima sempre ogni possibilità, con un

evidente spreco di tempo. Perciò anche la specie umana non è il culmine di un percorso

finalizzato, ma solamente uno dei tanti possibili esiti dell'evoluzione.

La vita è un'onda che travolge la materia

Per Bergson lo slancio evolutivo che ha portato, partendo dai semplici atomi, allo sviluppo di

organismi viventi complessi, è come un'onda impetuosa che sommerge la materia. Ciò vuol dire

che l'evoluzione, nel suo complesso, supera sempre e comunque ogni ostacolo che gli pone

davanti la materia, come, ad esempio, l'ostacolo costituito dal lento adattamento alle condizioni

ambientali delle diverse forme di vita.

Parte dell'onda si trasforma in vortice e risacca un'altra

(i tentativi evolutivi abbandonati),

parte supera l'ostacolo e si abbatte sulla riva: quest'ultima condizione è l'emblema della vita

umana (ovvero il risultato ultimo di quell'impeto vitale incontrollato e inarrestabile che finalmente si

determina). Lo slancio vitale che determina l'evoluzione è quindi l'impeto della vita che esplora le

Lo slancio vitale è

sue possibili combinazioni in ogni direzione, senza alcuna predeterminazione.

un processo libero, caotico e assolutamente imprevedibile.

Nulla può resistere quindi alla vita e al suo slancio, se proprio non possiamo sottrarci alla volontà

di dare un senso a tutto, possiamo dire che nella vita si avverte la volontà di passare oltre ogni

ostacolo, un inarrestabile impulso alla perpetuazione dello slancio creatore.

Intelligenza e intuizione

Bergson distingue l'intelligenza dall'intuizione, assegnando a quest'ultima una posizione

privilegiata rispetto alla prima.

L'intelligenza è quella qualità umana che è più strettamente connessa alla qualità della materia

Essa è

cerebrale. L'intelligenza è quindi responsabile dell'interpretazione meccanica della realtà.

razionalità pura, intelletto, per questo l'intelligenza nega la durata della coscienza cercando

di mettere ordine nella realtà fluida delle sensazioni.

Nonostante ciò, una parte dell'intelligenza rimane ancora libera dai vincoli della materia, questa

L'intuizione è l'istinto dell'intelligenza, un'illuminazione dello spirito,

parte è l'intuizione.

repentina e istintiva, folgorante.

L'intelligenza, nella sua lotta millenaria contro la materia, ha in qualche modo esaurito la sua

energia in questa lotta, cosicché, in epoca moderna, essa sembra l'unica via praticabile alla

soluzione dei problemi (ovvero l'intelligenza è troppo connessa alla meccanica della materia per

farsi interprete di un reale slancio vitale irrazionale e caotico). l'intuizione va posta al di

L'importanza dell''intuizione, secondo Bergson, è tutta da riscoprire:

sopra della ragione intelligente, in quanto, non risentendo della rigidità del pensiero

razionale è la via più genuina e istintivamente umana alla soluzione

(la rigidità della materia),

di ogni problema (in quanto connessa alle qualità dello spirito).

Le risposte ai grandi quesiti esistenziali sono ancora principalmente intuitive, la ragione ci lascia ad

un certo punto al buio sulle questioni che riguardano il senso profondo del nostro esistere.

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Alessandra Boraso La sottile arte della gestazione mentale: le idee del primo ventennio del Novecento

"Tuttavia, l'intuizione sussiste sempre, ancorché vaga e, soprattutto, discontinua, simile a una

lampada quasi spenta, che si rianimi solo a tratti, per brevi istanti."

[Appendice F: Il riso: il comico secondo Bergson e l’umorismo di Pirandello]

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Alessandra Boraso La sottile arte della gestazione mentale: le idee del primo ventennio del Novecento

NUOVE IDEE PER IL ROMANZO

Il modello di romanzo definito nel corso dell’Ottocento nasceva dall’intento degli scrittori di

appropriarsi della realtà (della realtà storica e di quella contemporanea, della realtà sociale e di

quella psicologica) attraverso e dalla convinzione che proprio il romanzo, per la sua

la scrittura

particolare libertà, si prestasse più di qualunque altro alla “conoscenza” e rappresentazione

genere

del mondo nella sua molteplicità di ambienti, caratteri, relazioni sociali, fenomeni di costume.

Quel modello di narrazione prevedeva un con il compito

soggetto narrante affidabile ed autorevole,

di delimitare, nel magmatico ed illimitato sviluppo del reale, una concatenazione di eventi conclusa

e di darle alla luce d’una concezione del mondo.

senso

Fu il filosofo Hegel a sottolineare a proposito del romanzo che, come l’epopea delle età eroiche,

anche la “moderna esigeva “la

epopea borghese” totalità d’una concezione del mondo e della vita”

che illuminasse il singolo evento raccontato.

Qui sta dunque la peculiarità del romanzo ottocentesco, in questa capacità di “ridurre il mondo a

linee significative”, dove al prima e al poi corrispondono precise concatenazioni di causa ed effetto.

Vediamo adesso alcune delle principali novità che il romanzo novecentesco europeo introduce,

rispetto a quel modello, sia sul piano tematico che su quello formale.

S

1. OGGETTO ED OGGETTO

A partire dalla rivoluzione scientifica seicentesca fino all’alba del secolo XX°, la cultura occidentale

è incardinata sull’idea che sia possibile una conoscenza oggettivamente ed universalmente

della realtà, garantita dalla reciproca autonomia del e dell’oggetto della

condivisibile soggetto

conoscenza stessa. In altre parole, esiste una regolata da leggi assolutamente

realtà oggettiva,

indipendenti dal soggetto che la osserva, mentre il soggetto, da essa distinto, la interpreta secondo

categorie logiche, universali. Su questa certezza, già formulata in termini definitivi da Cartesio, si è

fondata per tre secoli la conoscenza scientifica, ma anche qualunque altra forma di conoscenza,

arte compresa. Tuttavia, proprio con i primi decenni del Novecento, quella persuasione comincia a

subire colpi pesanti, sia per il tramonto delle certezze positivistiche e per la crescita di istanze

irrazionalistiche e spiritualistiche, sia per le smentite ch’essa subisce ad opera degli stessi

scienziati (nascita delle geometrie non euclidee; teoria della relatività di Einstein; principio di

indeterminazione di Heisenberg).

Accade insomma, come scrive l’epistemologo S. Amsterdamski, che “la sovranità conoscitiva del

soggetto, la sua capacità di acquisire un sapere non mediato soggettivamente - valido per ogni

soggetto conoscitivo, indipendentemente dalla sua costituzione fisica e dalla sua collocazione nella

storia - viene ora messa in discussione […] alla luce dello sviluppo stesso della fisica, della

biologia, delle discipline sociali.”

Cosa significa, in termini di teoria e pratica del romanzo, il non poter più fare affidamento su una

realtà autonoma dalla soggettività che la vive, oggettivamente riconoscibile e rappresentabile?

Significa che soggetto e oggetto non sono più separabili nella narrazione, e ciò che si può

rappresentare sono, al massimo, le reazioni psichiche che la realtà opera nell’interiorità degli

individui. Potremmo dire che il mondo interiore assorbe il reale, lo “disincarna” (come afferma

Virginia Woolf) e il narratore non è più in grado di raccontare ma deve limitarsi a

ciò che è, ciò che

come pare a questo o a quello, in questo o in quel momento.

pare,

A tutti i maggiori narratori europei del primo quarto di secolo accade appunto questo. Si pensi solo

a Marcel Proust, nella cui il narratore-protagonista non racconta i fatti della sua vita,

Récherche

così come si sono verificati nella esteriore cronologia degli anni, dei mesi, dei giorni, ma il proprio

percorso di recupero di come quei fatti si sono depositati nella sua anima, perché quella è la loro

vera realtà, il loro vero significato. Il è più reale del

tempo rivisitato tempo vissuto.

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Alessandra Boraso La sottile arte della gestazione mentale: le idee del primo ventennio del Novecento

2. F , ’

RAMMENTAZIONE DELLA COSCIENZA FRAMMENTAZIONE DELLA REALTA

Conviene a questo punto una precisazione: che un romanzo sia centrato più sui dei

pensieri

personaggi che sui non è in sé una novità assoluta. Basti pensare ai romanzi di Gabriele

fatti

D’Annunzio o a quelli dello scrittore americano Henry James, per fare due esempi assai differenti

di “romanzi Tuttavia, se è vero che in quei romanzi la realtà esterna era raccontata

psicologici”.

come si rispecchiava nella coscienza dei protagonisti, è anche vero che quel rispecchiamento ne

dava un’immagine unitaria, un’interpretazione coerente e, si potrebbe dire, “autentica”. Adesso

questo non è più vero: i riflessi della realtà esterna nell’interiorità dei personaggi risultano

frammentati, ambigui, spesso incoerenti.

Talora, ad esempio, i punti di vista che filtrano il reale sono più di uno, e magari assolutamente non

convergenti, per cui non è possibile ricostruire, al di là di “quel un condiviso “quel

che sembra”, che

Un procedimento del genere è portato ad esiti molto avanzati nei capolavori di Virgina Woolf,

è”. e

La signora Dalloway Gita al faro.

Ma è più frequente che sia la coscienza del singolo personaggio ad essere “mobile”, incoerente,

sensibile a sollecitazioni diverse, spesso inconsce. Nessuno di noi è sempre lo stesso; anzi, per

dirla con Pirandello, ognuno vive “come se veramente in lui fossero più anime diverse e perfino

opposte, più e opposte personalità”.

Ciascuno è in ogni momento il risultato d’un conflitto di pulsioni, doveri, speranze, ideali,

presentimenti, paure, che si combinano ogni volta in sintesi diverse. Dunque la rappresentazione

del mondo perde unità e coerenza perché è la coscienza che lo rispecchia ad essere molteplice e

priva di unità. Per citare ancora Proust, capita spesso nella che un evento, già definito

Récherche

nei suoi caratteri e nel suo valore, si ripresenti in un altro momento con caratteri diversi e diversi

significati, e che magari il si muti in e ciò che era parso una sventura si riveli una

pro contro,

fortuna.

Interpretazioni autentiche della realtà, come si vede, non ce ne sono più.

3. L

A CRISI DEL PERSONAGGIO

L’idea che la personalità di ciascuno non sia ma troverà sostegni e conferme nella

una molteplice

dottrina psicanalitica (secondo la quale ogni soggetto è prodotto d’un equilibrio precario, sempre

bisognoso d’essere ricostituito, tra istanze diverse, consce ed inconsce, interne ed esterne), ma

già prima di Freud essa aveva sostenitori, come ad esempio Alfred Binet, che ebbe notevole

influenza su Pirandello. Bene: non è difficile comprendere quanto quell’idea della psiche abbia

messo in discussione il tipo del personaggio tradizionale e contribuito alla crisi della forma

ottocentesco.

romanzo

Il personaggio dei romanzi realisti e naturalisti precedenti, infatti, si presentava come un “carattere”

unitario, fornito di una sostanziale coerenza di impulsi, ambizioni, progetti, azioni. Proprio grazie a

questa assenza di contraddizioni egli si muoveva nel mondo assumendosi delle responsabilità,

interagendo con le forze sociali e morali del suo ambiente - ora in consonanza con esse, ora,

magari, in opposizione - e lasciandovi comunque il segno della propria azione. Nel romanzo del

Novecento, invece, il protagonista è solitamente incapace di dominare il reale proprio per

mancanza d’un d’una unitaria: si “scompone” in una miriade di impressioni,

carattere, volontà

percezioni, impulsi, aspirazioni, prive di continuità e coerenza reciproca. Non a caso l’inettitudine è

uno dei temi fondamentali del grande romanzo novecentesco di inizio secolo (da Kafka a Joyce, da

Schnitzler a Musil). 27

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4. L

A NUOVA CONCEZIONE DEL TEMPO

L’assorbimento del reale nella dimensione interiore del soggetto determina la crisi anche del

fondamentale criterio con cui il romanzo tradizionale organizzava la realtà: il tempo.

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