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Sintesi Kenosis, tesina
La seguente tesina di maturità Liceo classico analizza la crisi economica, culturale e giuridica dei nostri tempi, mettendola in relazione con i vangeli. Le materie collegate in questa tesina sono: Storia, Italiano, Inglese, Filosofia e Greco.
Collegamenti
Kenosis, tesina
Storia: La Rivoluzione Russa, la Teologia della Liberazione messe in relazione con il principio cristiano <<Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! >>
Italiano: "Canto Notturno di un Pastore errante dell'Asia", confrontato con il passaggio del vangelo di Matteo "Le Tentazioni del Deserto" : tre somiglianze sulla conoscenza (entrambi partono da una condizione di estrema solitudine per cogliere una realtà universale; entrambi usano l'intuizione e non il ragionamento consequenziale; entrambi sono umili)
Inglese: Relazione tra Wordsworth e discorsi cristiani, nella forma (parabole per Gesù e Poesia per Wordsworth) e nei contenuti (entrambi trattano i temi della natura e dei bambini).
Filosofia: Confronto tra il modello cristiano e le teorie di Freud sulla religione, ragionamenti su Jung, Winnicott e Riane Eisler.
Greco: Funzione del dolore nella tragedia e analogie con la funzione del dolore nei vangeli.
programma rivoluzionario) avevano proclamato “la necessità del passaggio di tutto il potere statale
ai Soviet dei deputati operai, affinché le masse, sulla base dell'esperienza, possano liberarsi dei
loro errori”. I soviet erano infatti le assemblee dei delegati operai, contadini e militari: nati in
origine come uno strumento di coordinazione delle lotte (in un certo senso una sorta di
sindacalismo), avrebbero dovuto, dopo la rivoluzione, organizzare l’economia Russa. Quello che
accadde invece fu la progressiva esautorazione degli stessi, in nome dell’emergenza della guerra
civile prima, del declino economico poi. Esautorazione che raggiungerà la sua massima espressione
sotto lo stalinismo. Eppure il sistema dei soviet, che era teoricamente riuscito a pacificare Marxisti
ed Anarchici, ha lasciato importanti eredità negli anni a venire: dai già citati bienni rossi, fino alle
fabbriche senza padrone nell’Argentina dei giorni nostri. D’altronde doveva trattarsi di strutture
politiche molto vicina all’idea, spesso troppo astratta nei nostri discorsi, di democrazia diretta, che
avrebbero consentito di plasmare l’economia sulla base dei bisogni reali di una comunità e non di
quelli indotti da un ristretto gruppo di potenti. Quello era stato il primo tentativo, fuori dal
messaggio cristiano, di costruire su larga scala una politica elastica alla realtà umana:
paradossalmente nel socialismo, così osteggiato dalla religione, si rintraccia quel principio di
superiorità dell’uomo sul Sabato-sineddoche che ancora oggi fatica ad affermarsi.
Nonostante alcune avvisaglie, che si possono individuare ad esempio nella resistenza antifascista, il
legame fra lotta di classe e spirito evangelico impiegherà diversi decenni prima di prendere forma
nel fenomeno della “teologia della liberazione”.
Quest’ultimo termine viene introdotto da Gustavo Gutiérrez, teologo peruviano che nel 1971
pubblica il suo testo Teologia della liberazione, in cui racchiude le sue considerazioni sul ruolo
della Chiesa Cattolica in America Latina. Egli definì la Teologia della Liberazione come il
«tentativo di interpretare la fede a partire dalla prassi storica concreta, sovversiva e liberatrice, dei
poveri di questo mondo, delle classi oppresse, dei gruppi etnici disprezzati, delle culture
emarginate»
Queste riflessioni vengono dal fermento politico da cui il Sudamerica era travolto in quegli anni, tra
dittature, povertà e colpi di stato e da cui neppure il clero poteva sentirsi immune. Un ottimo 8
esempio di questo clima si trova in Don Camilo Tosses, un sacerdote domenicano della Colombia
che nei primi anni 60, dopo aver sostenuto il Fronte Popolare si era unito all’Esercito di
Liberazione Nazionale (ELN) affermando <<Se Gesù fosse vivo, sarebbe nella guerriglia>>.
Oppure in Leonardo Boff, teologo laico del Brasile (ex-francescano) ancora in vita, che tratta
tematiche come l’olismo, la non-violenza, la povertà e che affronta questi argomenti utilizzando le
categorie del Marxismo. Si tratta soltanto di due dei tanti “figli” dell’intreccio tra Cristianesimo e
Anticapitalismo nell’America Latina. L’impegno che li caratterizzò non fu soltanto individuale, ma
presto si manifestò in forme di aggregazione come le “Comunità Ecclesiali di base”. E la lotta
contro la povertà e la dittatura non furono condotte esclusivamente dentro le nazioni interessate, ma
anche dentro l’istituzione della Chiesa Cattolica: Nel 1965, poco prima della fine del Concilio
Vaticano II, diversi preti del Sudamerica sottoscrissero il “Patto delle Catacombe”. Il Patto delle
Catacombe (chiamato così proprio perché firmato nelle Catacombe di Domitilla) conteneva “le
direttive” sulla condotta che i firmatari si impegnavano a mantenere. Ad esempio:
“Cercheremo di vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda
l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende” o
“Rinunciamo per sempre all’apparenza e alla realtà della ricchezza, specialmente negli abiti (stoffe
ricche, colori sgargianti), nelle insegne di materia preziosa (questi segni devono essere
effettivamente evangelici).Né oro né argento. Non possederemo a nostro nome beni immobili, né
mobili, né conto in banca, ecc.; e, se fosse necessario averne il possesso, metteremo tutto a nome
della diocesi o di opere sociali o caritative”.
Proseguendo, il Patto non si rivelava solo una proposta di cambiamento personale, ma trasmetteva
un messaggio sempre più politico: “Opereremo in modo che i responsabili del nostro governo e dei
nostri servizi pubblici decidano e attuino leggi, strutture e istituzioni sociali necessarie alla giustizia,
all’uguaglianza e allo sviluppo armonico e totale dell’uomo tutto in tutti gli uomini, e, da qui,
all’avvento di un altro ordine sociale, nuovo, degno dei figli dell’uomo e dei figli di Dio.”
Tra i fondatori del patto, compariva infatti anche il nome di Hélder Pessoa Câmara, arcivescovo e
teologo Brasiliano. Egli condusse una vita all’insegna di questo programma: nacque nel 1909 in una
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famiglia di origini modeste, divenne sacerdote nel 1931 e vescovo nel 1952. Da prete si occupo
della povertà delle favelas, fondò la Banca della Provvidenza di San Sebastiano per assistere gli
emarginati e partecipò al Concilio Vaticano II. A 90 anni, lasciato l’incarico di vescovo dopo aver
superato i limiti di età consentiti, morì in una casa popolare. Emblematiche di un impegno così
radicale furono le sue stesse parole:<<Se do il pane ai poveri, tutti mi chiamano santo; se dimostro
perché i poveri non hanno pane, mi chiamano comunista e sovversivo>>.
La gerarchia Cattolica fu da subito critica verso il progetto della Teologia della Liberazione,
soprattutto nei confronti della “corrente marxista”. Papa Paolo VI nel 1976 scrisse nell’esortazione
“Evangelii nuntiandi”:<< «molti cristiani, […] volendo impegnare la Chiesa nello sforzo di
liberazione, hanno spesso la tentazione di ridurre la sua missione alle dimensioni di un progetto
semplicemente temporale; […]Ma se così fosse, la Chiesa perderebbe la sua significazione
fondamentale. Il suo messaggio di liberazione non avrebbe più alcuna originalità e finirebbe
facilmente per essere accaparrato e manipolato da sistemi ideologici e da partiti politici».
La condanna divenne molto più netta con Giovanni Paolo II, che nel 1979 durante un viaggio in
Messico disse: <<si pretende di mostrare Gesù come impegnato politicamente, come uno che
combatte contro la dominazione romana e contro i potenti, anzi implicato in una lotta di classe.
Questa concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si
compagina con la catechesi della Chiesa>>.
Ma le proposte del movimento echeggiano ancora e anche in Italia si possono trovare esempi di
questo genere fra i “preti contro” (come Don Vitaliano della Sala, Don Franco Barbero o il già
citato Don Andrea Gallo) o nelle “Comunità Cristiane di Base”.
Etica Cristiana 10
Realtà come quella della teologia della liberazione, sono state quindi in grado di offrirci un punto di
vista politicamente rivoluzionario del messaggio racchiuso nei Vangeli. Un punto di vista in grado
di muovere gli animi di alcuni uomini, che hanno regalato una carità speciale agli ultimi:
l’emancipazione dalla povertà e dalla dittatura.
Tuttavia, la rinuncia all’analisi delle tematiche spirituali e mistiche, svuoterebbe i testi sacri del loro
aspetto più profondo, rischiando di fare apparire le istanze di cambiamento che abbiamo già
analizzato come una protesta di pancia, priva della sensibilità da cui sono invece ispirate. Ma prima
di passare dall’aspetto “politico”/comunitario dei vangeli a quello spirituale/personale, conviene
soffermarsi sulla loro concezione etica, che d’altronde rappresenta il ponte fra questi due mondi,
spiegando come deve comportarsi il singolo in relazione al gruppo.
<<Misericordia io voglio e non sacrificio>> diventa il principio guida di ogni azione: la
misericordia che è uno stato d’animo, in contrapposizione al sacrificio, un’operazione mentale,
astratta ed intellettuale. La misericordia come condizione naturale, il sacrificio come sforzo. Il
“corretto agire” mosso da un sentimento solidale, contro quell’agire spesso ipocrita dettato dai
dogmi di una morale astratta e pretenziosamente assoluta.
Lo si può vedere, oltre che in alcuni passaggi già citati, in Giovanni 8,3-11
[3]Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,
[4]gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. [5]Ora Mosè, nella
Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». [6]Questo dicevano per
metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per
terra. [7]E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza
peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». [8]E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. [9]Ma
quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. [10]Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono?
Nessuno ti ha condannata?». [11]Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io
ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più».
In questo senso la misericordia cristiana rappresenta il tentativo di costruire un’etica “spogliata” 11
dalle ideologie e dai dogmi, fondata non su “universali” astratti, ma su “particolari” concreti: Gesù
non parla dell’adulterio, ma dell’adultera.
Modi della conoscenza nei vangeli
La spontaneità della misericordia è fortemente correlata al modo di concepire la conoscenza,
la verità cristiana passa infatti attraverso il sentimento e l’intuizione, non attraverso il ragionamento
consequenziale. La fede che sembra spesso dogmatica e distante dalla realtà, è invece
(nell’originale messaggio cristiano) un’esperienza. Possiamo quindi dire che la fede è per la
conoscenza ciò che la misericordia è per l’etica. Lo si osserva ad esempio in alcuni avvenimenti
della storia di Gesù, come in Matteo 4,1-11: le tentazioni nel deserto (si veda il testo a pagina 27).
In questo momento del racconto, Cristo ha appena ricevuto il battesimo da parte di Giovanni Il
Battista e si ritira nel deserto in un lungo digiuno. Quando al quarantesimo giorno avverte fame, “il
tentatore” inizia a provocarlo: gli dice di trasformare i sassi in pane, lo sfida a buttarsi dal
pinnacolo del tempio della città santa e a farsi salvare dagli angeli, cerca di corromperlo offrendogli
“tutti i regni del mondo con la loro gloria”. Cristo rifiuta tutte le proposte citando i testi sacri; alla
fine il diavolo se ne va e gli angeli si mettono al suo servizio. Questo passaggio è molto particolare
perché costituisce un’anticipazione di ciò che vivrà Gesù: c’è un forte parallelismo fra la
purificazione del digiuno e la passione, fra le tentazioni ed il lamento sulla croce «Elì, Elì, lemà
sabactàni?» (Dio mio, dio mio, perché mi hai abbandonato?) ed infine fra l’avvento degli angeli ed
i momenti della risurrezione e dell’ascensione. Ma è anche molto particolare perché rappresenta uno
degli esempi più forti dell’ascetismo cristiano: Gesù non analizza dei testi, né elabora ragionamenti
“scientifici”, trova invece la verità nel raccoglimento e nella meditazione (dopo questi avvenimenti
iniziano infatti le predicazioni ed i miracoli).
La ricerca del divino (che è per la spiritualità quello che la verità è per la filosofia) attraverso la fede
ed il sentimento è comunque presente anche nella storia e nella cultura dell’Occidente (sebbene in
maniera meno incisiva rispetto ai paesi dell’Est) e non la si vede soltanto nella prosecuzione della
cristianità, come in alcune forme di monachesimo (l’ordine certosino ad esempio), ma anche in