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La motivazione principale che mi ha spinto a svolgere questa tesina di terza media è stata la passione. La passione per il calcio, per il Torino, per gli avvenimenti storici più importanti del nostro paese. Ma la cosa più interessante è che sentiì pronunciare per la prima volta la parola: “Grande Torino” quand'ero molto piccolo, avevo 5 anni e di calcio non ne “ masticavo” molto, ma era un mondo che mi interessava e mi attraeva sempre di più. Del Grande Torino, come molte persone, ne sentiì parlare da mio nonno, che sempre mi affascinava coi suoi racconti di gioventù spensierata e di guerra. Se oggi dovessi dedicare a qualcuno la mia tesina la dedicherei a lui, con grande rammarico di non averlo ascoltato abbastanza. Adesso, spero stia giocando nel Cielo infinito insieme ai Campioni.
Ma che cos'è il Grande Torino? Il Grande Torino può essere considerata la squadra più forte del calcio italiano e una delle migliori di tutti i tempi. Il Grande Torino, per chi ha vissuto in quegli anni è un simbolo di rinascita e il suo epico stadio, come dice Arpino, era una “Culla di speranze, di vita , di rinascita, era sognare, gridare, era la luna , era la strada della nostra crescita”. Per altri può essere considerata una squadra da quattro soldi, perchè fa riferimento al Toro odierno. In fondo, il Grande Torino può essere in ognuno di noi. Può trasparire in ogni sentimento, come per esempio la speranza, l'ultima a morire. La speranza è colei che accompagnava la gente “a cavallo” fra la guerra e il dopoguerra, la gente che non aveva niente e si consolava con quei “marziani del Fila”.
Il Grande Torino si può esprimere nella voglia di riscatto, nella grinta, nella sagacia, nell'umiltà dei giocatori di un calcio che così bello non sarà mai più. Vale anche per una persona che “va forte”, tanto forte, talmente forte che si fa sconfiggere solo dall'ingrato destino, ma che continua a vivere in ogni persona che la ricorda.
Rosso come il sangue
forte come il Barbera
voglio ricordarti adesso, mio grande Torino.
In quegli anni di affanni
unica e sola la tua bellezza era.
Venivamo dal niente, da guerra e da fame
Carri bestiame, tessere, galera,
fratelli morti in Russia e partigiani,
famiglie separate, perduta ogni bandiera.
Eravamo poveri, lividi, spaventati,
neanche un soldo sulla pelle e per lavorare
e dovevi sorridere, brigare, pregare
fino all’ultima goccia del tuo fiato.
Fumare voleva dire una cicca in quattro,
per divertirsi dovevamo ridere di poco,
per mangiare mangiavamo perfino i gatti,
non eravamo nessuno: i furbi come gli sciocchi.
Ma avevamo un fiore ed eri tu, Torino,
tagliata nell’acciaio era la tua bravura,
gioventù nostra che tutti i dispiaceri
portavi via con la tua faccia dura.
La tua faccia d’operaio, mio Valentino!
mio Castigliano, Riga, Loik, e quella peste
di Gabetto, che faceva venire tutti matti
con venti dribbling ed era già gol.
Filadelfia! Ma chi sarà il villano
a chiamarla un campo? Era una culla
di speranze, di vita, di rinascita,
era sognare, gridare, era la luna,
era la strada della nostra crescita.
Hai vinto il Mondo,
a vent’anni sei morto.
Mio Torino grande
Mio Torino forte
3 INDICE
MOTIVAZIONI pag.4
• INTRODUZIONE pag.6
• IL GRANDE TORINO pag.8
• i record pag.8
▪ i protagonisti pag.9
▪ la tragedia di Superga pag.11
▪
CONCLUSIONE pag.14
•
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MOTIVAZIONI
La motivazione principale che mi ha spinto a svolgere questo lavoro è stata la passione. La passione
per il calcio, per il Torino, per gli avvenimenti storici più importanti del nostro paese.
Ma la cosa più interessante è che sentiì pronunciare per la prima volta la parola: “Grande Torino”
quand'ero molto piccolo, avevo 5 anni e di calcio non ne “ masticavo” molto, ma era un mondo che
m' interessava e mi attraeva sempre di più. Del Grande Torino, come molte persone, ne sentiì
parlare da mio nonno, che sempre mi affascinava coi suoi racconti di gioventù spensierata e di
guerra.
Se oggi dovessi dedicare a qualcuno la mia tesina la dedicherei a lui, con grande rammarico di non
averlo ascoltato abbastanza.
Adesso, spero stia giocando nel Cielo infinito insieme ai Campioni...
Ma che cos'è il Grande Torino? Il Grande Torino può essere considerata la squadra più forte del
calcio italiano e una delle migliori di tutti i tempi. Il Grande Torino, per chi ha vissuto in quegli anni
è un simbolo di rinascita e il suo epico stadio, come dice Arpino, era una “Culla di speranze, di
vita , di rinascita, era sognare, gridare, era la luna , era la strada della nostra crescita”.
Per altri può essere considerata una squadra da quattro soldi, perchè fa riferimento al Toro odierno.
In fondo, il Grande Torino può essere in ognuno di noi. Può trasparire in ogni sentimento, come per
esempio la speranza, l'ultima a morire. La speranza è colei che accompagnava la gente “a cavallo”
fra la guerra e il dopoguerra, la gente che non aveva niente e si consolava con quei “marziani del
Fila”.
Il Grande Torino si può esprimere nella voglia di riscatto, nella grinta, nella sagacia, nell'umiltà dei
giocatori di un calcio che così bello non sarà mai più.
Vale anche per una persona che “va forte”, tanto forte, talmente forte che si fa sconfiggere solo
dall'ingrato destino, ma che continua a vivere in ogni persona che la ricorda... come per esempio me
in questo preciso momento...
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INTRODUZIONE
Nessuna squadra al mondo ha mai rappresentato per il calcio tutto ciò che è stato il Grande Torino.
L’Italia in quegli anni era reduce da una guerra perduta, aveva poca credibilità internazionale e
furono le gesta di grandi campioni dello sport a rimetterci all’onore del mondo.
Campioni come Bartali, Coppi, il discobolo Consolini e appunto il Grande Torino che, essendo una
squadra, riuscì a dimostrare come gli italiani sapessero far fronte comune per dare vita al più bel
complesso di calcio mai visto e mai più comparso su un rettangolo di gioco.
Non per nulla l’11 maggio del 1947, Vittorio Pozzo, il commissario tecnico della Nazionale, vestì
dieci granata d’azzurro per la partita contro l’Ungheria.I nostri eroi vinsero. E avrebbero continuato
a vincere su tutti i fronti se non fosse sceso in campo il destino più tragico per fermarli.
Ma non per batterli.
Perché quella squadra di grandi uomini e di grandi fuoriclasse è passata direttamente alla leggenda.
Una “favola granata”, come è stata definita da molti. Mi sono piaciute le parole del sindaco Piero
Fassino che ho deciso di riportare: nella vita ci sono eventi e personaggi che, col passare del tempo,
rischiano di finire dimenticati,e altri che, invece, si sottraggono a questo pericolo.Tra questi il
Grande Torino, una squadra che continua a vivere nel ricordo di una città e di una nazione, nei tifosi
del Toro e in tutti i cittadini.“Una squadra – ha detto Fassino – che con la sua grandezza rappresentò
nel mondo la voglia di riscatto e di rinascita di un intero popolo uscito sconfitto dal conflitto della
seconda guerra mondiale”. Torino, lo ha ricordato di nuovo il Sindaco, come altre città industriali fu
epicentro e motore della ricostruzione nazionale e la squadra granata, detta degli “Invincibili”
divenne il simbolo dell’ Italia, non solo sportiva, in tutto il mondo.” Credo sia bello che ogni 4
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maggio si possa celebrare il ricordo e trasmetterne il messaggio anche a chi non conosce questa
squadra e di sport non si interessa, perché il Torino ha fatto grande lo sport italiano e per questo c’è
un sentimento diffuso di grande gratitudine”- ha di nuovo ribadito Fassino. La mia opinione non è
differente.
Dopo la tragedia di Superga, il Torino ha saputo tornare protagonista: per molto tempo è stata la
squadra con il miglior vivaio giovanile, affermandosi a livello nazionale, lanciando al successo tanti
giovani. Dopo questo vorrei addentrarmi nel clima di miseria che la gente viveva durante la guerra e
il dopoguerra, ma che attraverso il mondo dello sport e dello spettacolo ritrovavano conforto.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, l'Italia era spaccata in due.
Vittorio Emanuele III e Pietro Badoglio lasciarono Roma: non c'era più lo stato e l'Esercito era in
condizioni di sofferenza e umiliazione. Non v'era città che non fosse bombardata.
Due giorni dopo l'armistizio, i tedeschi presero il possesso dei comandi militari della città. Torino fu
preda di saccheggi. Dopo la ricostituzione del Partito fascista del 6 ottobre, le SS ebbero pieni
poteri. Il 2 dicembre venne pubblicata l'ordinanza con la quale si condannavano gli ebrei torinesi
alla deportazione di massa. Un grandioso gesto da ricordare riguardante questo particolare è quello
del presidente del Torino:Ferruccio Novo. Egli era simpatizzante fascista, ma nonostante ciò, difese
il direttore tecnico Ernest Egri Erbestein dalla deportazione. Quest' ultimo, infatti, era ebreo.
Ovviamente, i calciatori stavano meno peggio, anche perchè Novo non fece mancare quei generi
alimentari che per i torinesi erano introvabili.
Ferruccio Novo, presidente del Torino Calcio
L'attività calcistica non si fermò, ma dato che era impossibile spostare le squadre lungo tutta la
penisola, le società organizzarono manifestazioni calcistiche a livello locale.
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Al nord, la Federcalcio ideò il Campionato di Guerra Alta Italia.
Questo campionato era suddiviso in tre fasi: la prima riguardava il Girone Ligure-Piemontese, che
avrebbe consentito la partecipazione a un Girone Finale, mentre la terza riguardava le finali che si
sarebbero disputate a Milano.
Inoltre, i giocatori e le società si ingegnarono in tutti i modi per mettersi al riparo dal rischio di
partire per la guerra. Per esempio si creò un vero e proprio sodalizio tra Torino e Juventus per fare
risultare i giocatori dipendenti di gruppi industriali, il Torino della Fiat e la Juventus della Cisitalia.
Per fare capire il clima che si respirava in quegli anni, basta citare l'episodio della partita fra Torino
-Fiat e Vigili del Fuoco La Spezia. I giocatori del Torino, bloccati dai nazisti a Verona, furono
costretti a trascorrere la notte sulla panchina della stazione, arrivando alla partita stanchi e
deconcentrati, sicuri di vincere lo stesso perchè più forti. Lo Spezia invece, in condizioni ottimali e
fortemente determinato, riuscì a infliggere una sconfitta per 2-1 al Grande Torino, portandosi prima
in classifica e vincendo il Campionato di Guerra Alta Italia, titolo che però le venne riconosciuto
solo dopo cinquant'anni di contenzioso fra la Federcalcio e la società.
Vigili del Fuoco La Spezia
IL GRANDE TORINO
I RECORD
I granata, guidati da Valentino Mazzola, hanno stabilito record irripetibili. Altre squadre come la
juve del quinquennio '31- '35, Real Madrid, l'Inter di Herrera, l'Ajax e il Milan degli olandesi ecc.
hanno conseguito risultati straordinari, ma nessuno ha mai eguagliato il Grande Torino.
Questi alcuni dei suoi record:
5 scudetti consecutivi
• 100 partite senza sconfitte al Filadelfia (89 vittorie e 11 pareggi)
•
8 Vittoria casalinga con più alto punteggio:10-0 nel '47/'48 (record tutt'ora ineguagliato in
• campionato)
Vittoria in trasferta con più alto punteggio:7-0 nel '45/'46
• Reti segnate in campionato: 125 nel '47/'48
• Record giocatori in nazionale: 10 giocatori in Italia – Ungheria 3-2 anno 1947
•
Anche a livello internazionale il Toro era stimato per le imprese dei suoi calciatori nella nazionale
italiana. Fu per questo che i brasiliani, nel 1948, li ospitarono per alcuni incontri amichevoli in
preparazione ai campionati mondiali del 1950. Purtroppo, come sappiamo, non poterono
parteciparvi...
I PROTAGONISTI
I ragazzi del Torino non erano solo dei calciatori formidabili, ma anche un gruppo di giovani con la
stessa voglia di divertirsi che nutriva la gioventù italiana scampata alla guerra.
Come nelle classi scolastiche e fra colleghi anche nel Toro c'erano i “gruppetti”, per esempio il
“Trio Nizza” (così chiamato perchè abitavano assieme in via Nizza), formato da Bacigalupo,
Martelli e Rigamonti. Famoso per i suoi scherzi, la sua allegria e la sua spensieratezza. Il Trio era
noto per i suoi gavettoni e per avere avuto la spudoratezza di esibirsi in un Night a Copacabana,
quando il Toro era in tournèe in Brasile.
Ma non si può parlare del Grande Torino senza parlare di Capitan Valentino Mazzola, uno dei più
grandi giocatori di tutti i tempi, simbolo e capo carismatico della squadra. Aveva persino dedicato
un'amichevole con il Casale in onore dei partigiani che liberarono Torino, infatti, l'incasso sarebbe
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andato alle famiglie dei partigiani caduti.
Egli si sentiva un po' un divo, cosa assolutamente riconosciuta dai suoi compagni, tifosi e società.
Un episodio riguardante quest'aspetto era il fatto che a inizio stagione, Mazzola, si era lamentato per
Valentino Mazzola con il figlio Sandro
il basso stipendio che gli offriva il Torino, voleva persino prendere la decisione di andare all'Inter.
Allora, gli altri granata andarono dal presidente Novo e gli dissero: “Presidente, tenga fermi i nostri
stipendi, ma alzi il suo, perchè lui è il più forte”. Un altro caso interessante, che all'epoca aveva
dettato molto scandalo, era il fatto che Mazzola convivesse con una donna e un figlio dopo essersi
separato dalla moglie, che si era trasferita a Cassano d'Adda con l'altro figlio.
La storia di Mazzola ricorda quella di un grande campione dell'epoca, il ciclista Fausto Coppi.
Sicuramente da non dimenticare è l'amicizia di Sauro Tomà (sopravvissuto alla tragedia poiché non
convocato alla trasferta a causa di un infortunio) nei confronti del Capitano, inoltre, Tomà fu la
persona che diede più sostegno a Mazzola per la sua relazione extra-coniugale.
L'amicizia durò 2 anni appena: Tomà approdò dallo Spezia al Torino nell'estate del 1947,
ovviamente accolto dal Trio Nizza “come si deve”, il primo a conoscere fu il coetaneo Maroso, col
quale nacque una profonda amicizia. Ma la persona che lo portò a conoscere la vita del Toro, fu