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Italiano: Eugenio Montale;
Ed. Civica/ Storia: Dichiarazione d'indipendenza dell'uomo;
Inglese: San Francisco;
Arte: Graffitismo;
Scienze: Aids;
Musica: Jhon Lennon (Musica);
Francese: la più grande centrale solare del mondo;
Tecnica: le centrali solari.
La felicità è un
enigma da risolvere …
Il cubo di Rubik è un celebre rompicapo inventato dal professore di architettura e scultore
ungherese Erno Rubik nel 1974. Chiamato originariamente Magic Cube dal suo inventore , il
rompicapo fu rinominato in Rubik’s Cube dalla Ideal Toys nel 1980 e nello stesso anno vinse un
premio speciale dalla giuria dello Spiel des Jahres in Germania , unico solitario premiato nella
storia del premio. E’ il giocattolo più venduto della storia, con circa 300 milioni di pezzi venduti
considerando anche le imitazioni.
Il Cubo di Rubik presenta 9 quadrati su ognuna delle sue 6 facce, per un totale di 54 quadrati.
Solitamente i quadrati differiscono tra loro per il colore, con un totale di 6 colori differenti.
Quando il Cubo di Rubik è risolto, ogni faccia ha tutti i nove quadrati dello stesso colore. Lo
scopo del gioco è di risalire alla posizione originale dei cubetti portando il cubo ad avere per
ogni faccia un colore uguale.
Il cubo, nella classica versione 3x3x3, ha ben 43.252.003.274.489.856.000 combinazioni
possibili e la probabilità di riuscirci è solo una tra esse.
Questo cubo compare in una scena del film “La ricerca della felicità” , nel quale il protagonista
mostra la sua abilità nel risolverlo al suo futuro datore di lavoro al fine di essere assunto. Da
notare la sua velocità nel farlo, dato che solo nel 1981 usci la prima guida “You can do the
Cube” del dodicenne inglese Patrick Bossert su come risolvere il solitario. Il film, diretto da
Gabriele Muccino, è in realtà del 2006 ma narra una storia dei primi anni ottanta realmente
accaduta alla quale si ispira: quella di Chris Gardner, imprenditore oggi milionario che durante
appunto i primi anni ottanta visse giorni di intensa povertà, con un figlio a carico e senza una
casa dove poterlo crescere. Il film vuole fornire un’ideale spaccato della società americana
nella quale il successo personale è visto come il traguardo più importante da raggiungere nel
corso della propria vita a costo di saper sacrificare tutto : famiglia, amici , ideali … Gli interpreti
principali sono Will Smith, Jaden Smith e Thandie Newton.
Nel titolo originale del film, The pursuit of Happyness, l’errore di ortografia della “y” al posto
della “i” in “happiness” è tratto da un graffito che appare nel film, di fianco all’entrata della
scuola frequentata dal figlio di Chris Gardner, Christopher. Si riferisce alla Dichiarazione
d’Indipendenza degli Stati Uniti come scritta da Thomas Jefferson dove sono elencati i diritti
inalienabili dell’uomo: la tutela della vita, della libertà e la ricerca della felicità. Tuttavia ,
elencando i tre diritti, dimentica di ricordare che il diritto alla felicità venne suggerito a
Jefferson dall’amico Filippo Mazzei con una lettera spedita con lo pseudonimo di “ Phill the
Gardener” dal Caffè dell’Ussero di Pisa . Infatti Chris Gardner in una scena afferma : “Fu in quel
momento che cominciai a pensare a Thomas Jefferson e alla Dichiarazione d’Indipendenza,
quando parla del nostro diritto “alla felicità, alla libertà…” e “ricerca della felicità…”. E ricordo
di aver pensato: “ Come sapeva di dover usare la parola Ricerca???”. Perché la felicità è
qualcosa che possiamo solo inseguire…e che forse non riusciremo mai a raggiungere,…
qualunque cosa facciamo. Come faceva a saperlo ??”. In questa frase abbiamo il messaggio
essenziale che il film vuole trasmettere ma non tutti abbiamo la stessa opinione. La pensava
diversamente infatti il celebre Eugenio Montale in “Felicità Raggiunta” , dove ci tratteggia con
straordinaria perizia ma anche con disarmante semplicità, il volto della felicità . Per egli
appunto la felicità è un attimo talmente sfuggente , labile e delicato che può dissolversi
improvvisamente nel nulla come se non fosse mai esistito. Afferma anche che la nostra vita
serve a raggiungere la felicità che a volte c’è e non c’è; è molto fragile e si spezza con niente.
L’uomo è felice quando desidera le cose e non quando le possiede perché la realtà annulla la
felicità; questa non ha limite, il piacere deriva dalla fantasia non dalle cose che si
appartengono. Egli crede che le felicità si basi sul passato e non sul futuro, non sul presente.
Per esempio la nostalgia è felicità. Dichiara che se si perde la felicità non la si può più
recuperare, questa si può “drogare” con l’immaginazione per superare le paure , l’odio e
l’angoscia ma , una volta persa, non la si può più riacquistare. “La verità sta nel mezzo” perciò
io credo che la visione di felicità cambi da persona a persona . Però penso che il poeta sia
anche giustificato data la sua vita, vita di un uomo schivo, distaccato e disilluso verso se stesso
e la propria stessa esistenza , scrivendo sempre da povero diavolo e non da un uomo di lettere
professionale. D'altronde la sua visione della felicità risale al periodo tra le due guerre, quando
ogni piccola cosa veniva apprezzata in modo adeguato, a differenza di adesso. Ritornando al
film “La ricerca della felicità” sappiamo che è ambientato nella San Francisco degli anni
ottanta, that is the financial, cultural, and transportation centre of the San Francisco Bay Area,
a region of 7 million people which includes San Jose and Oakland The only consolidated city-
county in California, it encompasses a land area of about 46.9 square miles on the northern
end of the San Francisco Peninsula, giving it a density of about 17,179 people per square mile.
It is the most densely settled large city in the state of California and the second-most densely
populated large city in the United States after New York City. San Francisco is the fourth most
populous city in California and the 13th most populous city in the United States, with a
population of 805,235. In 1776, colonists from Spain established a fort at the Golden Gate and
a mission named for Francis of Assisi a few miles away. The California Gold Rush of 1849
propelled the city into a period of rapid growth, increasing the population in one year from
1,000 to 25,000, and thus transforming it into the largest city on the West Coast at the time.
After three-quarters of the city was destroyed by the 1906 earthquake and fire, San Francisco
was quickly rebuilt, hosting the Panama-Pacific International Exposition nine years later. During
World War II, San Francisco was the port of embarkation for service members shipping out to
the Pacific Theatre. After the war, the confluence of returning servicemen, massive
immigration, liberalizing attitudes, and other factors led to the Summer of Love and the gay
rights movement, cementing San Francisco as a centre of liberal activism in the United States.
Today, San Francisco is one of the top tourist destinations in the world, ranking 35th out of the
100 most visited cities worldwide, and is renowned for its cool summers, fog, steep rolling hills,
eclectic mix of architecture, and landmarks including the Golden Gate Bridge, cable cars, and
its Chinatown. The city is also a principal banking and finance centre, and the home to more
than 30 international financial institutions, helping to make San Francisco rank 18th in the
world's top producing cities, 8th in the United States, and 12th place in the top twenty global
financial centres.
Sempre in America (ma non a San Francisco) negli stessi anni,un ragazzo di New York in meno
di un anno gira tutto lo Stato lasciando, con il nome d'arte "Taki 183", circa 300 mila firme.
Qualche mese dopo Taki è lanciato agli onori delle cronache dal New York Times che pubblica
un articolo intitolato "Chi è Taki?". La moda di lasciare la propria firma inizia così. I graffiti
iniziano così, con una scritta semplice. Tutta la creatività si concentra nella rappresentazione
dell'alfabeto .Il popolo dei graffitisti nasce così dalla periferia urbana prevalentemente nera o
ispano-americana dei quartieri degradati del South Bronx. I "tags" (così vengono chiamate in
gergo le firme dei graffitisti) si sviluppano soprattutto nelle metropolitane dove transitano un
gran numero di persone. E' subito chiaro che il graffito è strettamente legato alla metropoli e al
disagio metropolitano infatti molti artisti anonimi avevano scelto i grandi spazi lasciati vuoti dal
degrado urbano o dalle strutture d'uso della città per esprimere una loro idea di plasticità e
decoro. Dopo qualche anno si passa ai muri. E il disegno diventa più complesso e articolato.
L’arte del graffito risponde ad un’autentica esigenza espressiva, alla rivendicazione di un
proprio diritto alla parola. Il graffito contrappone all’impersonalità e all’oggettività dello stile
adottato dai “bianchi” una modalità espressiva cromaticamente aggressiva. Le pareti ed i
convogli della metropolitana diventano il supporto ideale per i colori industriali utilizzati per
rappresentare i colori della vita. I muri sono decorati con un linguaggio grafico fatto di
immagini e parole tracciate con bombolette spray, che danno vita ad un intreccio tra le forme
d’arte più differenti. I turisti europei colpiti da questo fenomeno lo importano in Europa. Ma il
grande veicolo di quest'arte è l'hip-hop e le migliaia di giovani che seguono questo movimento.
Film, videocassette e libri descrivono e diffondono la cultura della musica rap, della break
dance e dei graffiti, rendono famosi personaggi come Africa Bambata, Phase 2, Blade e Lee.
Africa Bambata fonda a New York nei primi anni Ottanta, la "Zulù nation", una comunità
internazionale per "la pace, l'amore, l'unità e il divertimento". Il suo simbolo? Una mano con
l'indice e il medio alzato. In molte capitali europee i graffiti arrivano grazie ai concerti rap e
diventano sinonimo di libertà espressiva e trasgressione. Chi li disegna, bande o semplici
writers, lo fa per esprimere opinioni politiche, un malcontento, un messaggio.
Questa è quindi l'evoluzione che a portato il moto di rivolta del sottoproletariato nero delle
grandi metropoli, nato per contestare i finti valori dell'opulenta società dei consumi, a diventare
uno tra i più grandi movimenti mondiali degli ultimi decenni. Nessuno meglio di Keith Haring
quindi simboleggia la parabola artistica e sociale del graffitismo anni Ottanta. Pittore americano
della nuova onda artistica newyorkese, Haring sintetizzava il suo modo di essere dicendo "un
muro è fatto per essere disegnato, un sabato sera per far baldoria e la vita è fatta per essere
celebrata". Protagonista di un modo di vita "esagerato", stroncato a 32 anni dall'Aids, questo
giovane artista viveva in un universo visionario fatto di ominidi in frenetico movimento, un
bestiario fantastico, popolato di piramidi e dischi volanti. La storia di Haring comincia nel 1958
a Kutztown, Pennsylvania. Nasce in una famiglia borghese protestante e cresce con la
televisione e con i fumetti di Disney. A diciotto anni si trasferisce a Pittsburgh dove frequenta
l'Ivy School of Art. Ma la scuola gli sta stretta e dopo sei mesi comincia a viaggiare seguendo il
suo gruppo rock preferito, i Grateful Dead. Nell'autunno del '78 si trasferisce a New York, la sua
terra promessa, e si iscrive alla School of Visual Art. Si appassiona agli scritti di Umberto Eco e
Roland Barthes, segue corsi di semiotica, sperimenta la tecnica del videotape, si lancia alla
scoperta della "libertà creativa e sessuale newyorkese". Partecipa alle collettive alla Times
Square Show, quelle che lanceranno la generazione dell'East Village. Cominciano le scorribande
notturne alla ricerca di pannelli neri da ricoprire con graffiti tracciati con i gessetti bianchi.
Nasce il "vocabolario e la pratica nomade di Keith Haring" che presto diventerà un fenomeno.
Nel '83 Haring attraversa l'Oceano e fa la sua prima apparizione in Europa. Espone alla
Biennale di Venezia, dipinge un pezzo del Muro di Berlino. Haring si occupa anche di teatro
realizzando, tra l'altro, scenografie per i balletti di Roland Petit e Yoko Ono. Compie incursioni