Si è sempre potuto parlare di egemonia?
1.1. Uno dei temi trattati durante il mio percorso multidisciplinare è la questione dell'egemonia, termine con cui si indica la preminenza (imposta, riconosciuta o tollerata) di uno stato nei confronti di uno o più altri. L'interesse che mi ha portato a scegliere quest'argomento è sorto da una domanda: mi sono, cioè, chiesta se il concetto di egemonia fosse connaturato, e quasi intrinseco, alla storia in generale o, quantomeno, alla storia dell’Occidente.
2.1. Un esempio eccellente di ἡγεμονία (comando) è rappresentato dal dominio romano sul Mediterraneo (l'imperium dei Romani) durante il I-II secolo a.C. e i due successivi.
2.2. Polibio fu lo storico (greco) che narrò la colossale impresa dei Romani, compiuta in meno di 53 anni (dal 220-19 al 168-7), con la quale essi sottomisero quasi tutto il mondo allora conosciuto. Lo storico greco, nelle sue Storie, mette in luce non solo il suo interesse (accresciuto durante l'esilio a Roma) per questa grande res publica, ma anche per le sue istituzioni e per l'efficiente gestione e amministrazione degli stati sottomessi.
dei propri rivali.
6.1. Bisognerà attendere il XX secolo per vedere risorgere un ideale egemonico nazionale e imperialistico italico: nel 1911 l'Italia, appena cinquantenne (ma con Roma capitale da soli quarantuno anni), si lancerà alla conquista di terre che potranno garantirle il titolo imperiale, collocandosi anch'essa nel novero degli Stati potenti nel mondo (come Gran Bretagna o Francia).
L'Italia conquistò i primi territori nel 1882 in Eritrea (possedimento di Assab) e proseguì l'espansione in Africa, colonizzando l'attuale Somalia e, nel 1911, fu il turno della Libia: all'annuncio dell'impresa coloniale, Pascoli risponderà con entusiastica approvazione con il celebre discorso La grande proletaria si è mossa. Questo panegirico fu tenuto al Teatro di Barga, in provincia di Lucca, nel novembre del 1911 come adesione del poeta all'impresa libica: al di là della difficile conciliazione tra il Pascoli interventista e nazionalista con il “socialista dell’umanità”, quale si definiva egli stesso, va tenuta in considerazione la passione del poeta per i fasti di Roma antica, emergente come una sorta di nostalgia degli splendori di un tempo e come rinnovata volontà per la penisola italiana d'imporre la propria presenza su altri territori. Il discorso di Pascoli sembra recepire un'eco del Manifesto del futurismo, pubblicato appena due anni dopo, nonché anticipare quasi lo slancio entusiastico di D'Annunzio nell'impresa di Fiume (1919).
8.2. L'Italia non è più evidentemente in posizione predominante a livello internazionale, ma nemmeno all'interno della politica europea.