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Storia dell'arte: Van Gogh
Fisica: Bohr
Inglese: Joyce
PREMESSA
Cito il passo della Bibbia, tratto da Giovanni 19,4-10 (C.E.I), dalla
cui traduzione in lingua latina ho estrapolato il titolo della mia
tesina (Gv 19, 5). L’analisi di queste righe mi ha offerto lo spunto
per accostare la vita di Cristo, il suo martirio, e la diffusione del
cristianesimo, inteso anche laicamente, come mera diffusione delle
sue idee, all’iter vitae di altri uomini.
‘’Gesù dunque uscì, portando la corona di spine e il manto di
porpora. E Pilato disse loro: Ecco l’uomo! Come dunque i capi
sacerdoti e le guardie l’ebbero veduto, gridarono: Crocifiggilo,
crocifiggilo! Pilato disse loro: Prendetelo voi e crocifiggetelo; perché
io non trovo in lui alcuna colpa. […]poi disse a Gesù: Donde sei tu?
Ma Gesù non gli diede alcuna risposta. Allora Pilato gli disse: Non mi
parli? Non sai che ho potestà di liberarti e potestà di crocifiggerti?’’
Cristo afferma la sua dignità irriducibile e irrinunciabile, afferma di
fronte a Pilato, con forza stravolgente, la convinzione che giace nei
propri ideali non rispondendo neppure alla sua domanda, così che
egli comprenda, da solo e pienamene, il diritto di questo alla libertà;
tuttavia Gesù di Nazareth viene giudicato colpevole dalla folla,
idealmente quindi, dalla cultura del mondo in cui ha vissuto, dal
tempo in cui ha professato il suo messaggio, viene giudicata
colpevole la cosiddetta Buona Novella. La portata innovatrice della
sua venuta è stata eccezionale non solo dal punto di vista
prettamente religioso, ma anche dal punto di vista storico: Cristo è
solo uno della lunga serie di uomini dalle idee rivoluzionarie,
incompresi a causa della profondità innovatrice del loro pensiero,
l‘esempio lampante di come un solo uomo possa rompere
definitivamente con il passato affermando la libertà del proprio
spirito. La differenza dalla maggior parte degli altri è che la sua
memoria continua e soprattutto continua la forza esistenziale del
suo messaggio che moltissimi scoprono ancora e fanno propria.
Ma come è possibile proporre un parallelismo tra la figura di Cristo,
radicata nei marmi di una chiesa secolare, nella coscienza e nella
storia del mondo, e quella di un uomo così fragile come Van Gogh,
un teorico come Bohr, un “mistico” come Nietzsche, una persona
così stravagante come Joyce?
Ciò che lega a doppio filo la storia di Gesù - indipendentemente se
la si analizza da un punto di vista religioso o laico - con la storia di
questi uomini, è il presupposto con il quale essi hanno deciso,
unicamente seguendo la propria coscienza, come se questa recasse
una missione dall’alto di vivere la propria vita. Lo scegliere di
indirizzare il corso della propria storia, irripetibile – se non si prende
in considerazione l’ideologia nietzscheana, la cui teoria dell’eterno
ritorno tuttavia sottolinea l’importanza di ogni attimo vissuto e
quindi non tradisce la mia tesi - , verso delle soluzioni nuove in cui
si crede costantemente con tutto il proprio spirito, costituisce
l’intimo impegno di tenere la direzione che ormai si è presa, fino
alla fine, fino alla morte. Il dedicarsi allo studio del mondo, che sia
scientifico o artistico, letterario o filosofico, esprime l’affermazione
della volontà di dedicarsi a se stessi, per gli altri, con il rischio che
questi possano fraintendere o peggio non comprendere la linea
sottile tra altruismo ed egoismo, tra bene e male. Cristo ha sofferto,
è morto per la mancata apertura mentale di un mondo che avrebbe
dovuto semplicemente credergli, o non credergli; Cristo è morto per
affermare la sua libertà.
Ma se dunque è questo “intimo impegno”, che accomuna
l’immagine di Cristo, il quale prosegue imperturbabile nella strada
della sua passione, e i quattro uomini sovracitati, che pure si sono
distinti inequivocabilmente nel panorama della storia moderna ,
come possono questi non aver mai tradito le proprie idee, e quindi
considerarsi a pieno titolo come simili a colui che si definisce ‘’il
figlio di Dio’’, vista la natura umana e non ‘’divina’’ che essi
posseggono?
Con questa risposta vorrei sottolineare come non si prenda in alcun
modo in considerazione la portata umana espressa dall’ “Ecce
Homo” per antonomasia, quello di Cristo, e ci si basi unicamente
sulla forza di volontà che questi uomini hanno avuta, che hanno
dimostrata, così come ha fatto Gesù di Nazareth.
Importante mi sembra notare che il fatto aver anche per un
momento esitato di fronte alle proprie idee, di aver creduto per un
momento che andare contro corrente non avrebbe prodotto mai
alcun risultato, non preclude mai la possibilità di inserire tali uomini
nel quadro sistematico che ho costruito, all’interno del quale ho
inserito persone innovatrici e rivoluzionarie, incomprese e
criticate, ma a loro modo rivoluzionarie: l’esitazione ad andare
avanti è solo la conseguenza più scontata del momento che
anticipa la portata rivoluzionaria del pensiero, è il limite che questi
uomini hanno superato. Anche Cristo infatti l’ha vissuta nell’orto del
“Padre, se vuoi,
Getsemani, prima dell’arresto, quando dice:
allontana da me questo calice” (Luca 22, 42).
Dunque, in che modo accostare la sofferenza inferta ad un uomo
morto in croce con l’autoesilio di James Joyce, con la vita da Nobel
di Bohr, con l’insofferente morte prima mentale e poi fisica di
Nietzsche, con il suicidio di Van Gogh?
La sofferenza è da me analizzata come estrema conseguenza del
non essere compresi: L’incomprensione è la chiave di lettura che
permette di capire a pieno l’elemento in comune tra questi uomini.
La novità del messaggio artistico, filosofico, fisico, letterario, di
questi autori, reca con sé il germe di una sofferenza intima e
insuperabile, che tuttavia, chi in vita, chi successivamente, essi
hanno superata.
Niels Bohr propose teorie che disarmarono completamente la
cultura e la concezione della storia umana, egli ipotizzò
l’impossibile, l’indimostrabile a cui era pervenuto con la sola forza
dei propri studi, delle proprie osservazioni, della propria fede, e
nessuno inizialmente credette in lui; James Joyce rinnovò
radicalmente la concezione di romanzo scrivendo con la piena
consapevolezza della novità rappresentata dai propri testi, della
conseguenza ultima a cui sarebbe giunto continuando a essere
libero, la miseria. Entrambi si pongono, in un certo senso, sullo
stesso livello concettuale di vita di Gesù, entrambi hanno
all’interno una voce della coscienza che gli parla della propria fine,
ma che gli suggerisce anche la gloria che li attende. Nietzsche e
Van Gogh hanno sfidato il mondo, così come lo ha fatto colui il quale
era considerato il Messia per i suoi discepoli, nient’altro per chi non
credeva nelle sue parole; e così la vita di questi uomini è stata
amata da loro stessi e da quei pochi che avevano compreso la
potenza del loro messaggio, ma fraintesa da tutti gli altri. Si può
allora delineare una struttura, costruita sulle orme di chi, come
Gesù di Nazareth, si è sentito dire ‘’Ecce Homo’’, e che quindi, ha
avuta la forza di sentirsi Homo per tutta la vita, costruita da uomini,
uomini liberi.
Prenderò dunque in considerazione la vita, il pensiero, le
opere, che più ne caratterizzano il messaggio di portata
innovatrice, di Nietzsche, Van Gogh, Bohr, e Joyce. Di questi,
che più degli altri, nel rispettivo campo di studi, hanno
rivoluzionato la storia seguente, tratteggerò gli elementi
indispensabili per comprendere ,come la vita di ognuno,
possa essere accostata a quella di Cristo. Analizzerò la
difficile fase di incomprensione, che hanno trascorsa per la
loro visione del mondo in forte rottura con i valori imperanti
precedenti e, l’affermazione effettiva, talvolta postuma, di
quelle idee che hanno mutato totalmente i principi più
radicati della cultura ad essi contemporanea, per le quali
hanno combattuto. ECCE HOMO
Rivoluzione, Incomprensione,
Affermazione
Friedrich Nietzsche operò una vera e propria rivoluzione filosofica.
‘’Figlio prematuro del secolo imminente’’, come egli stesso si
definisce, è oggi considerato dagli storiografi anticipatore e
rappresentativo delle dinamiche e dei problemi che
caratterizzeranno la filosofia del XX secolo. La radicale disamina
delle certezze, sia morali sia scientifiche, la critica al Positivismo, la
negazione del concetto di ‘’verità oggettiva’’ e della morale
cristiana -che porta al rifiuto della morale in quanto tale, e quindi al
nichilismo- sono la pars destruens di una filosofia ‘’fatta con il
martello “, pensata per distruggere le certezze del passato.
“La nascita della tragedia dallo spirito della musica”
Con l’opera
(1872) Nietzsche propone una nuova visione della classicità,
sostenendo che l’Occidente abbia identificato erroneamente il
mondo greco con l’Atene di Pericle, dei sofisti e di Socrate, creando
un’immagine idealizzata della grecità, fatta di pura razionalità:
nella cultura greca invece, accanto alla visione del mondo
caratterizzata dalla misura, Nietzsche introduce l’aspetto nascosto
della tradizione orfico-dionisiaca, l’aspetto da lui definito “vitale”.
Definisce la filosofia che prende avvio con “Umano, troppo umano “
come la “filosofia del mattino” , ad indicare un nuovo inizio dopo la
notte della metafisica. Questo nuovo tipo di filosofia implica la
critica alle certezze storiche, che non riguarda soltanto i valori
morali, ma anche la sfera della conoscenza. L’analisi dell’origine di
ciò che consideriamo conoscenza del mondo che ci circonda,
“Umano, troppo umano”
importante anche in , diventa il tema
‘’Gaia scienza’’,
centrale della in cui Nietzsche sottopone a critica
persino la certezza degli assiomi generali della logica, di cui indaga
l’origine. La scienza, dunque, in questi parametri, non rappresenta
una forma di conoscenza intrinsecamente vera, bensì un valore in
cui si è arrivati a credere. Tale credenza è stata determinata e
condizionata storicamente, per cui questo comporta la negazione
di ogni criterio di oggettività ed ogni presa di verità. Nietzsche
contesta alla radice i principi del Positivismo, quali la fede nella
possibilità di accerta