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In questa mia tesina di maturità ho voluto sostenere la teoria secondo cui la comicità, l’umorismo, il ridere, aiutino a vivere meglio, e per chi si trova nelle condizioni di malattia, aiutino a guarire. La comicità si trova in ogni cosa, è la risorsa più disponibile nelle nostra natura sociale ed è pressoché inesauribile, per il semplice fatto che in qualsiasi cosa si può trovare un lato buffo e comico. “Ride bene chi ride ultimo”, “Ridi che la mamma fa gli gnocchi”, “Morir dal ridere”, “Ridi che ti passa”, queste espressioni popolari, tramandate di generazione in generazione, sono di uso comune nella nostra cultura, anche se il riso in passato non ha avuto una buona reputazione. Considerato infatti come segno di superficialità e stoltezza, per parecchio tempo è stato allontanato dagli ambienti ritenuti seri. Probabilmente da questa concezione proviene il detto “Il riso abbonda sulla bocca degli stolti”. Nonostante ciò l’uomo ride da sempre, il riso è una reazione innata in lui, ma spesso immerso nella quotidianità, negli impegni egli si dimentica le parti più giocose e creative che l’hanno accompagnato fin dalla sua infanzia. L’umorismo offre all’uomo la possibilità di giocare con il proprio Io non prendendosi troppo sul serio. L’uomo che impara ad accrescere il proprio senso dell’umorismo in parte si rende immune ai colpi scagliati dal mondo, che invece diventano per lui delle occasioni di divertimento. Gli effetti benefici che ha sulla psiche e sul fisico sono innumerevoli, molti studi fatti a riguardo possono confermare questa affermazione. Già Freud aveva parlato nei suoi libri della connessione che esso ha con il risparmio energetico e del suo effetto liberatorio. Tali aspetti dell’umorismo sono stati in seguito approfonditi da altri studiosi che hanno dato le spiegazioni per comprendere ed apprendere quali meccanismi (consci ed inconsci) sottostanno alla produzione di umorismo, inducendo allo scoppio della risata. Il riso smette di essere solo “sulla bocca degli stolti” a partire dagli anni ’70. “Il riso fa buon sangue” non era più solo un detto, ma diviene una frase avente un fondamento scientifico. Un aspirante dottore, Hunter Adams (Patch Adams), ha dato inizio ad una serie di visite buffe in ospedale creando la così detta “ Clownterapia ”, che nel giro di una decina di anni si diffuse in tutto il mondo. I clown-dottori scelgono di portare il sorriso in un luogo, l’ospedale pediatrico, dove apparentemente non può esserci che sofferenza: egli sceglie di rendere il ricovero ospedaliero meno traumatico; ma come può trovare la forza e la voglia di ridere un bambino in ospedale? È proprio questa la domanda che mi ha portato ad approfondire il tema della clownterapia. Nella vita bisogna sempre, in qualunque situazione ci si trovi, trovare la voglia di sorridere. Perché ridere fa bene: sia in prima persona che a chi ci circonda. La seguente tesina quindi ha come obiettivo quello di considerare la clownterapia come mezzo per far sorridere le persone.
Anatomia: Il sistema nervoso e analisi del sistema endocrino, muscolare, digerente, immunitario, respiratorio e circolatorio.
“Una risata può avere lo stesso
effetto di un antidolorifico:
entrambi agiscono sul sistema
nervoso anestetizzandolo e
convincendo il paziente che il
dolore non ci sia”
Pach Adams
Indice
Presentazione
La nascita della clownterapia
Lo sviluppo della clownterapia
Coinvolgimenti psicobiologici della risata
Gelotologia e psiconeuroimmunologia
Il caso di Norman Cousins
Gli effetti della risata sul corpo
Gli effetti della risata sul cervello
La mia esperienza
Bibliografia
PRESENTAZIONE
I
n questo mio lavoro ho voluto sostenere la teoria secondo cui la
comicità, l’umorismo, il ridere, aiutino a vivere meglio, e per chi si
trova nelle condizioni di malattia, aiutino a guarire. La comicità si
trova in ogni cosa, è la risorsa più disponibile nelle nostra natura sociale
ed è pressoché inesauribile, per il semplice fatto che in qualsiasi cosa si può
trovare un lato buffo e comico. “Ride bene chi ride ultimo”, “Ridi che la
mamma fa gli gnocchi”, “Morir dal ridere”, “Ridi che ti passa”, queste
espressioni popolari, tramandate di generazione in generazione, sono di
uso comune nella nostra cultura, anche se il riso in passato non ha avuto
una buona reputazione. Considerato infatti come segno di superficialità e
stoltezza, per parecchio tempo è stato allontanato dagli ambienti ritenuti
seri. Probabilmente da questa concezione proviene il detto “Il riso abbonda
sulla bocca degli stolti”. Nonostante ciò l’uomo ride da sempre, il riso è
una reazione innata in lui, ma spesso immerso nella quotidianità, negli
impegni egli si dimentica le parti più giocose e creative che l’hanno
accompagnato fin dalla sua infanzia. L’umorismo offre all’uomo la
possibilità di giocare con il proprio Io non prendendosi troppo sul serio.
L’uomo che impara ad accrescere il proprio senso dell’umorismo in parte si
rende immune ai colpi scagliati dal mondo, che invece diventano per lui
delle occasioni di divertimento. Gli effetti benefici che ha sulla psiche e sul
fisico sono innumerevoli, molti studi fatti a riguardo possono confermare
questa affermazione. Già Freud aveva parlato nei suoi libri della
connessione che esso ha con il risparmio energetico e del suo effetto
liberatorio. Tali aspetti dell’umorismo sono stati in seguito approfonditi da
altri studiosi che hanno dato le spiegazioni per comprendere ed
apprendere quali meccanismi (consci ed inconsci) sottostanno alla
produzione di umorismo, inducendo allo scoppio della risata. Il riso smette
di essere solo “sulla bocca degli stolti” a partire dagli anni ’70. “Il riso fa
buon sangue” non era più solo un detto, ma diviene una frase avente un
fondamento scientifico. Un aspirante dottore, Hunter Adams (Patch
Adams), ha dato inizio ad una serie di visite buffe in ospedale creando la
così detta “ Clownterapia ”, che nel giro di una decina di anni si diffuse in
tutto il mondo. I clown-dottori scelgono di portare il sorriso in un luogo,
l’ospedale pediatrico, dove apparentemente non può esserci che sofferenza:
egli sceglie di rendere il ricovero ospedaliero meno traumatico; ma come
può trovare la forza e la voglia di ridere un bambino in ospedale? È
proprio questa la domanda che mi ha portato ad approfondire il tema della
clownterapia. Nella vita bisogna sempre, in qualunque situazione ci si
trovi, trovare la voglia di sorridere. Perché ridere fa bene: sia in prima
persona che a chi ci circonda.
La nascita della Clownterapia
I
deatore e teorizzatore dei concetti alla base della clownterapia è Patch
Adams che per primo iniziò ad operare liberamente fra i degenti.
Nasce nel 1945 a Washington, da un soldato dell’esercito e questo
porta la famiglia a subire continui spostamenti. La morte prematura del
padre lo segna profondamente e obbliga la famiglia al trasferimento in
Germania. L’ulteriore migrazione in America rappresenta un altro difficile
cambiamento, contraddistinto da un estrema partecipazione emotiva verso
la difesa dei più deboli e degli emarginati. La scomparsa dello zio, con
cui aveva un ottimo rapporto, lo prova a tal punto che egli stesso teme di
poter ricorrere a gesti inconsulti. Da ciò matura in lui la scelta del
ricovero in un ospedale psichiatrico dove sperimenta in prima persona la
forza del dolore e della disperazione. Qui però scopre anche l’importanza
dell’amore, dell’empatia e il potere della risata. Durante il periodo di
degenza decide di iscriversi alla facoltà di medicina presso il “Medical
college of Virginia”, dove si laurea nel 1967. Gli appare subito chiaro che
la concezione tradizionale di malato non gli appartiene, che l’obiettivo
primario del medico non doveva essere la sconfitta della malattia, ma la
cura del malato attraverso una relazione interpersonale. In particolare
questo suo desiderio di contatto e di vicinanza con il paziente coincide con
l’idea di distacco professionale sostenuta dai docenti e dal personale
medico, portandolo alla teorizzazione di un nuovo concetto di salute e di
cura. Inizia così ad aggirarsi per le corsie degli ospedali mettendo in atto il
suo personale approccio, con lo scopo di migliorare la permanenza del
malato e la sua motivazione alla guarigione. Un concetto chiave alla base
del suo pensiero è la convinzione che la salute sia un bene prezioso e
universale a cui tutti hanno diritto. Di conseguenza egli rifiuta il
funzionamento del sistema sanitario americano che prevede la prestazione
di cure solo a chi è provvisto di assicurazione. Per questo motivo egli dà
vita ad un progetto che prevede la costruzione di una clinica privata in cui
uno staff di medici, volontari e professionisti di vario titolo, insieme alle
famiglie dei malati, collaborino per curare gratuitamente chiunque ne
abbia bisogno. E’ l’amicizia, intesa come rapporto empatico con l’altro, che
permette un miglior rapporto con il paziente e l’instaurarsi di un clima di
fiducia e collaborazione. Secondo Patch sapere che una persona di cui si ci
fida si occupa di noi è indispensabile per motivare il paziente a renderlo
partecipe nel processo di
guarigione, ma questo è
possibile solo attraverso
il contatto fisico ed
emotivo. In questa sua
teoria sono presenti altri
elementi importanti che
partecipano a migliorare
la guarigione e sono:
L’amore, che
favorisce pensieri
positivi, come fonte di
conforto;
La creatività, che si serve dell’immaginazione come mezzo di
momentaneo distacco dalla realtà;
La speranza, non solo nella guarigione ma anche in una diminuzione
della sofferenza;
L’umorismo, che induce gioia e risate, elementi che portano benefici
a livello fisico e psicologico.
Tutti questi elementi vengono utilizzati dai clown-dottori durante le loro
visite. Loro non vogliono corazzarsi nei confronti delle sofferenze dei
malati, ma vogliono amare ogni singolo paziente, capire la sua sofferenza e
trovare gesti e parole che portino sollievo e liberazione. Un clima sereno,
gioioso e un po’ magico non aiuta solo chi è malato, ma anche il personale
sanitario, stimolando la collaborazione e il senso di efficacia.
Le idee di Patch Adams nel tempo, vengono riprese da diverse associazioni
che hanno fatto della clownterapia il fulcro operativo. Lo scopo principale
di questo metodo è alleviare la paura, l’incertezza e la noia dei pazienti che
spesso vedono il personale sanitario freddo e distante. Per evitare questo, i
clown-dottori vestono con camici colorati, un naso rosso e buffi accessori,
in modo da cancellare questo stereotipo. Usano strumenti simili a quelli
tradizionali, come stetoscopi o siringhe giganti, con cui scelgono di
rendere meno sgradevoli quelli reali. In questo modo si permette al
paziente di sentirsi nuovamente una persona, di focalizzare l’intenzione
non più solo sugli aspetti legati alla malattia. Spesso infatti, i degenti si
identificano con la loro malattia perdendo il contatto con il proprio corpo e
modificando l’immagine che hanno di sé in funzione alla loro patologia. Al
dolore fisico si aggiunge così anche una sofferenza psicologica. Il clown-
dottore utilizza strumenti di vario tipo, scelti in base all’età del soggetto e
al contesto in cui opera. Essi devono fare rumore, attirare l’attenzione,
suscitare il riso, stupire, permettere di riscoprire il proprio corpo con i
relativi limiti e capacità. Anche l’atteggiamento, la mimica e il tono di voce
sono importanti. Sono bandite l’invasività, l’intolleranza e la fretta.
È necessario rispettare lo spazio fisico e psicologico del paziente,
ritirandosi quando non si è graditi. Il paziente, soprattutto se si tratta di
un bambino, può sentirsi non integrato nell’ambiente ospedaliero, in cui è
inserito e vivere il ricovero come un’imposizione, accumulando malessere e
sentimenti negativi. In questo quadro il clown può aiutarlo a conoscere il
reparto, a socializzare con chi vi lavora, facendolo sentire a proprio agio e
vivere in modo positivo il periodo di ricovero. Particolarmente importante
quando si è a contatto con dei bambini, è la presenza dei genitori.
Instaurare un rapporto positivo con loro aiuta a relazionarsi con il
bambino e conquistare la sua fiducia. Nel momento in cui il bambino viene
separato dalle figure genitoriali il clown può divenire un sostegno e
fungere da oggetto di transizione per alleviare il trauma del distacco,
sfruttando il rapporto di fiducia che è stato costruito. La figura del clown
non dà solo conforto al malato, ma anche alla sua famiglia, che spesso ha
bisogno di momenti di svago e serenità. I clown attraverso giochi di ruolo
o semplicemente attraverso un coinvolgimento nelle attività allontanano
dal malato la solitudine e il senso di isolamento.
I diversivi proposti dal clown hanno anche lo scopo di aiutare il bambino a
relazionarsi con gli altri, con persone di altre età, sperimentando sia le sue
capacità che le difficoltà. L’interazione porta a mettere alla prova le
proprio conoscenze e a rinforzare l’autostima. In questo modo agli occhi
del bambino la figura dell’adulto si ridimensiona, diviene più vicina.
Spesso, infatti, regna un’atmosfera di sottomissione e inferiorità vissuta
nei confronti degli adulti, soprattutto dei medici, a cui il bambino delega la
totale responsabilità della sua salute. L’intervento del clown, con la sua
allegria e la sua magia dà sfogo alle paure e alla emozioni del bambino. La
creatività del paziente viene stimolata favorendo il desiderio di
partecipazione. Egli senti quindi di avere il controllo della situazione,
allontanando il senso dell’impotenza che contraddistingue il ricovero.
LO SVILUPPO DELLA CLOWNTERAPIA
La clownterapia come pratica abbinata alla medicina tradizionale, fa il suo
esordio in America nella prima metà degli anni ’80, con lo scopo di
alleviare le sofferenze del paziente tramite la sdrammatizzazione della
malattia e il riscaldamento dell’ambiente ospedaliero. Nel 1986 venne
fondata (da due clown professionisti da circo) la “The Clown Care Unit”,
che nasce con l’obiettivo di donare un sorriso e portare la fantasia fra i
bambini presenti negli ospedali pediatrici. Successivamente in America si
formano numerose associazioni, in cui vi sono volontari che non
necessariamente sono dei medici. Nei primi anni ’90 la clownterapia si
diffonde anche in Europa: gli
ospedali francesi e svizzeri
furono i primi ad accoglierla.
Per quanto riguarda l’Italia,
il primo progetto è stato
condotto nel 1997 presso una
Clinica Pediatrica di Firenze,
sotto la supervisione di due
membri del “The Clown Care Unit”. Oggi sono attualmente attive diverse
associazioni come la “Federazione Vip” e la fondazione “Dottor Sorriso”.
Queste associazioni sono tutte no profit formate da volontari, medici o
infermieri che hanno seguito un percorso formativo. Questo, in linea
generale, si articola attraverso le competenze acquisite in tre campi:
Artistico, che comprende improvvisazione, magia, musica,
costruzione di un profilo;
Relazionale, per cui è necessario possedere buone capacità di
ascolto, comprensione, empatia, predisposizione al contatto;