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Introduzione Cecità, tesina
La seguente tesina di maturità tratta del tema della cecità. La tesina abbraccia anche i seguenti argomenti nella varie discipline scolastiche: cause e tipologie della cecità fisica in Biologia, le protesi oculari fotovoltaiche e principio di funzionamento del fotodiodo in Fisica; Gabriele D'Annunzio e "Notturno" in Italiano; James Joyce, il concetto di "epiphany" e analisi di "Araby" in Inglese; la cecità degli adulti ne "Il piccolo principe" in Francese; La cecità dell'Essere in Kant e Shopenhauer; concetto di fenomeno, noumeno e "velo di Maya"; la cecità nella filosofia buddhista (Udana) in Filosofia; Analisi del protagonista Ernesto Santamaria nell'opera "Las tres heridas" ("Il gioco segreto del tempo" nella versione italiana) di Paloma Sánchez-Garnica in Spagnolo; Il genocidio armeno; cenni alla Shoah e al conflitto siriano in Storia; Petronio e la critica al falso moralismo in Latino.
Collegamenti:
Cecità, tesina
Biologia - cause e tipologie della cecità fisica
Fisica - le protesi oculari fotovoltaiche e principio di funzionamento del fotodiodo
Italiano - Gabriele D'Annunzio e "Notturno"
Inglese - James Joyce, il concetto di "epiphany" e analisi di "Araby"
Francese - La cecità degli adulti ne "Il piccolo principe"
Filosofia - La cecità dell'Essere in Kant e Shopenhauer; concetto di fenomeno, noumeno e "velo di Maya"; la cecità nella filosofia buddhista (Udana)
Spagnolo - Analisi del protagonista Ernesto Santamaria nell'opera "Las tres heridas" ("Il gioco segreto del tempo" nella versione italiana) di Paloma Sánchez-Garnica
Storia: Il genocidio armeno; cenni alla Shoah e al conflitto siriano
Latino: Petronio e la critica al falso moralismo
Cecità
Introduzione
Siamo veramente sicuri di conoscere la
definizione di cecità?
In un qualsiasi dizionario possiamo trovare la seguente: “Assenza del potere
visivo, definitiva o temporanea, assoluta o relativa a seconda che manchi,
rispettivamente, ogni traccia di percezione visiva oppure soltanto uno degli
elementi che compongono l’atto visivo (senso luminoso o cromatico,
percezione spaziale, stereoscopia ecc.) ” (Enciclopedia Treccani).
Tuttavia, la cecità fisica non è l’unica esistente: si può essere ciechi perché non
si può vedere, ma si può soffrire anche di una cecità interiore, spirituale, di cui
si può essere consapevoli o meno. Ricordiamo anche il detto “Non c’è peggior
cieco di chi non vuol vedere” (versione integrale del proverbio: non c’è peggior
sordo di chi non vuol sentire e peggior cieco di chi non vuol vedere), in quanto
la nostra storia è popolata da numerosi eventi di questo tipo.
Scelta dell’argomento Ho deciso di trattare e analizzare
questo tema nella mia tesina dopo
aver letto il libro che ha procurato il
premio nobel per la letteratura allo
“Cecità”.
scrittore José Saramago,
In esso, lo scrittore usa uno stile
particolarissimo: la prima cosa che
colpisce è l’assenza di nomi propri,
che ci introduce in un mondo di
qualunquismo dove ogni
personaggio è delineato solo ed
I protagonisti del film “Blindness”, tratto dal esclusivamente attraverso
romanzo di Saramago caratteristiche impersonali; così i
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protagonisti rimangono dall’inizio alla fine la moglie del dottore, il dottore, il
ragazzino con gli occhi strabici, la ragazza dagli occhiali scuri, il primo cieco e
sua moglie, il vecchio con la benda sull’occhio. Il mondo di questi personaggi è
colpito in un giorno imprecisato da un’epidemia di cecità fino ad allora
sconosciuta e che sembra essere molto contagiosa, caratterizzata dall’essere
“bianca come un mare di latte” e non scura e tenebrosa, come di consueto.
Tutti si ritrovano quindi ad essere privati della vista e costretti a vivere in
questo nuovo mondo senza alcun aiuto, dove l’urgenza della necessità fa
emergere il lato più oscuro della natura umana, quello irrazionale, che fa
tornare belva l’uomo privandolo della propria dignità, fisica e morale. L’unica
persona non colpita dall’epidemia è la moglie del dottore, che rimane sana nel
corso di tutto il romanzo e che per questo diventa gli occhi dei personaggi
citati in precedenza; costretta a vedere tutta l’indecenza del genere umano che
non sa di essere osservato, alla fine del romanzo pronuncia la seguente frase:
“Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che
vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono”. È proprio questa la frase che mi
ha spinto a riflettere su cosa sia la cecità: una grave disfunzione del nostro
organismo che interessa una parte limitata della popolazione mondiale, o
qualcosa che, inconsapevolmente, interessa me stessa e coloro che mi
circondano in prima persona.
La cecità fisica: cause e tipologie
La cecità è la condizione patologica causata dalla
mancanza della vista; può avere diverse cause: un
ostacolo che impedisce il raggiungimento della luce al
nervo ottico o un danneggiamento di quest’ultimo,
traumi causati dall’impatto con oggetti contundenti,
lesioni dell’area cerebrale associata alla vista,
malattie oculari o natura congenita.
La cataratta, l’abuso di particolari tipi di farmaci
(come gli steroidi) o sostanze chimiche (come la
nicotina) l’invecchiamento o gli effetti collaterali di
alcune malattie (per esempio il diabete mellito di tipo Occhio completamente
II) possono causare l’opacizzazione del cristallino e, cieco.
conseguentemente, cecità: il cristallino è infatti una
lente naturale, situata posteriormente all’iride (l’anello muscolare pigmentato
che dà all’occhio il suo colore caratteristico), che permette la messa a fuoco dei
raggi luminosi percepiti sulla retina, lo strato più interno che avvolge il bulbo
oculare per i tre quarti posteriori; la cecità causata dall’opacizzazione del
cristallino è facilmente risolvibile tramite l’inserimento chirurgico di un
cristallino artificiale. Anche il glaucoma (una grave patologia del nervo ottico)
può causare cecità; negli anziani invece la degenerazione della macula (la
parte centrale della retina) porta alla DMLE, ovvero la degenerazione maculare
legata all’età, che è uno dei fattori più comuni causanti cecità in soggetti di età
avanzata.
La cecità congenita, ovvero l’impossibilità di vedere che si manifesta sin dalla
nascita, riguarda la minoranza del totale dei soggetti non vedenti; può essere
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causata da malattie come la rosolia (nel feto) o la gonorrea (nel bambino, al
momento del passaggio nel canale del parto) contratte dalla madre.
La cecità fisica: le protesi oculari
L’uomo cerca costantemente di risolvere il problema
della cecità, grazie allo sviluppo di nuove tecnologie.
Al giorno d’oggi, abbiamo diversi tipi di protesi
oculari, che vengono realizzate con resine
biocompatibili e materiali trasparenti che non solo
riescono a riprodurre fedelmente il colore dell’iride,
ma anche l’effetto vascolarizzazione. Esse sono
Un modello di normale
protesi oculare
particolarmente indicate per chi ha
subito l’asportazione del bulbo oculare
o ne è nato privo, in quanto
permettono di ripristinare l’espressione
naturale del viso, a vantaggio anche
dell’autostima di questi soggetti
(solitamente danneggiata a causa della
deturpazione da cui è affetto il viso).
L’obiettivo principale delle protesi
oculari è però, naturalmente, quello di
restituire la vista ai non vedenti; per
questo, tra esse troviamo le protesi
oculari fotovoltaiche, il cui progetto
è stato concepito da un team di
scienziati dell’università di Stanford
sottoforma di occhiali video che si
sostituiscono ai fotorecettori
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danneggiati trasformando la luce in impulsi bioelettrici che arrivano al cervello
tramite il nervo ottico.
Gli studiosi di Stanford hanno sperimentato queste nuove protesi su dei roditori
cavie, installando nei loro occhi impianti retinici fotovoltaici (ovvero alimentati
a energia solare) che usano appunto lo stesso processo impiegato dalle celle
fotovoltaiche per produrre energia. Numerosi studi hanno rilevato come le
cellule bipolari installate nella retina degli animali riescano a rispondere agli
stimoli elettrici anche nel caso in cui esse siano danneggiate o non funzionanti,
ovvero proprio nei casi in cui si manifesta la cecità umana: ciò dimostra che è
quindi possibile restituire la vista.
Spieghiamo ora le componenti che costituiscono l’unità base dell’apparecchio
in questione: mentre i diodi sono componenti elettroniche con la funzione
ideale di permettere il flusso di corrente elettrica in un verso e di bloccarla
totalmente nell'altro, i fotodiodi sono dei particolari tipi di diodi che
funzionano da sensori ottici utilizzando l’effetto fotovoltaico, ovvero sono in
grado di riconoscere una determinata lunghezza d’onda dell’onda
elettromagnetica incedente e di rielaborare l’evento percepito in un segnale
elettrico di corrente applicando ai suoi estremi un opportuno potenziale
elettrico (trasforma in pratica i segnali ottici in segnali elettrici). Essi sono
realizzati in silicio e sono alimentati tramite l’illuminazione erogata attraverso
gli occhiali video: non hanno dunque bisogno di alimentatore esterno come gli
impianti sottoretinici e epiretinici realizzati in precedenza.
Le immagini recepite dalla videocamera (montata su normali occhiali) vengono
proiettate sulla retina attraverso impulsi a infrarossi di 880-915nm grazie ad un
sistema wireless (costituito da piccoli pixel fotovoltaici) presente
nell’impianto che viene installato nell’occhio; successivamente i pixel nella
matrice dei fotodiodi sottoretinici tramutano la luce in correnti di stimolazione
che riattivano i neuroni all’interno della retina: viene così realizzata la vista.
Struttura e funzionamento dei fotodiodi
Come già detto in precedenza, il fotodiodo è un tipo
particolare di diodo che funziona come sensore
ottico; è infatti molto simile ad un diodo ed è
caratterizzato da una giunzione p-n drogata
asimmetricamente.
La giunzione p-n è formata da un singolo cristallo di
semiconduttore che ha due zone adiacenti drogate in
modo opposto (il drogaggio non è altro che l’aggiunta di impurità al materiale
usato). La zona p, drogata con accettori (Na, sodio;
esempio di giunzione p-n sono una specie chimica in grado di accettare
elettroni da un’altra specie chimica durante una reazione) è maggiormente
drogata rispetto alla zona n, caratterizzata invece da atomi donatori (Nd,
neodimio; specie chimica in grado di donare elettroni ad un’altra specie
chimica durante una reazione). La zona p è rivestita da uno strato
antiriflesso, sopra cui è inserita una lente con lo scopo di rendere
perpendicolari i raggi luminosi incidenti sulla superficie, e da due elettrodi in
ossido di silicio, ed è posta vicino alla struttura esterna del fotodiodo.
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I fotodiodi possiedono un rivestimento plastico trasparente che permette alla
luce di agire sulla giunzione polarizzata inversamente; essi entrano in funzione
solo quando vengono colpiti frontalmente da una fonte luminosa: maggiore è la
luminosità diretta sul diodo, maggiore sarà il passaggio della corrente.
In mancanza della radiazione incidente sul diodo invece il fotodiodo si
comporta come un normale diodo a giunzione, come possiamo vedere dal
seguente grafico, in cui si nota la caratteristica tensione corrente passante
all’origine: In assenza di
illuminazione
La fotocorrente generata dall’effetto della radiazione incidente Ip viene
calcolata grazie a questa relazione:
Ip = η ·q ·Φ · A
η = Il rendimento quantico
q = La carica dell’elettrone
Φ = La densità del flusso dei fotoni
A = L’area colpita dal fascio luminoso
Esperienza di cecità:
Gabriele D’Annunzio e
“Notturno”
Gabriele D’Annunzio (1863-1938) fu un
importante scrittore e poeta italiano,
anticipatore nei suoi ideali di quello che
sarebbe poi stato il fascismo; partecipò
attivamente alla prima Guerra Mondiale: fu
un interventista convinto e guidò la
famosa impresa di Fiume (1919-1921)
durante la quale occupò la città con una
colonna di volontari. Fu anche un ottimo
aviatore; tuttavia, il 16 gennaio del 1916
riportò una lesione a livello della tempia e
dell’arcata sopraccigliare destra durante
un atterraggio di fortuna, ferita che
trascurò facendogli perdere l’occhio destro
e rischiare anche quello sinistro; fu quindi
costretto ad un periodo di convalescenza
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durante il quale dovette vivere nell’oscurità, e dunque in una temporanea
cecità.
Durante questi tre mesi bui lo scrittore abruzzese annotò una serie di
riflessioni, ricordi, visioni, libere associazioni mentali in varie striscioline di
carta dette “cartigli” (ognuna delle quali conteneva una sola riga), poi
riordinate dalla figlia Renata, che lo assistette durante la convalescenza;
l’opera fu poi definitivamente redatta e pubblicata nel 1921 intitolata
“Notturno”, con l’intento di essere proprio un “commentario della tenebra”:
“La difficoltà non è nella prima riga, ma nella seconda e nelle seguenti. Allora mi venne nella
memoria la maniera delle Sibille, che scrivevano la sentenza breve su le foglie disperse al vento.
Sorrisi d’un sorriso che nessuno vide nell’ombra quando udii il suono della carta che la
Sirenetta (la figlia Renata) tagliava in liste per me, stesa sul tappeto della stanza attigua”.
In essa emerge un D’Annunzio ancora sconosciuto, riflessivo e angoscioso,
dominato dall’inquietudine della morte e dell’ombra, totalmente opposto quindi
all’uomo spavaldo e sicuro di sé, al superuomo che emerge in tutte le altre
opere (anche se, analizzando l’opera con una più attenta lettura, è evidente
che questo aspetto continua ad essere presente: è riscontrabile, per esempio,
nelle ricorrenti allusioni al proprio “vivere inimitabile” e nella concentrazione