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Italiano - Italo Svevo (Senilità)
Storia - L'esperienza di Leopold Engleitner
Filosofia - Henri Bergson
Francese - Le père Goriot di Honoré de Balzac
Educazione Fisica - L'attività fisica negli anziani
Introduzione
Di fronte alla realtà dell’invecchiamento, uno scenario mondiale del tutto
nuovo, cosa sappiamo degli anziani e soprattutto come la società li vive
e si rapporta ad essi?
Solo in questi ultimi anni il mondo ha abbandonato i comportamenti di
indifferenza e trascuratezza e ha rivalutato la loro condizione. Proprio il
notevole incremento della popolazione anziana, annunciatosi già dagli
inizi del ‘900 e manifestatosi in pieno a partire dal dopoguerra e in modo
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accentuato negli anni ’60, quasi certamente correlato ai miglioramenti
delle condizioni socio-economiche dell’umanità e ai progressi delle
discipline mediche, ha rappresentato una conquista dell’umanità. Ha
dato modo alla società di scoprire, forse con qualche allarme, che i suoi
criteri di organizzazione sociale, le sue soluzioni assistenziali, devono
rapidamente cambiare per adattarsi alle esigenze di una popolazione
che, per effetto delle tendenze demografiche in atto e dei successi della
scienza contro la morte, conta sempre più anziani. Ma si scopre, allo
stesso tempo, che anche il concetto di anziano sta mutando
profondamente e che soltanto l’età anagrafica avvicina un
sessantacinquenne di oggi a un sessantacinquenne di vent’anni fa. Basti
pensare ai sessantenni, quelli che fino a pochi anni fa erano considerati
anziani, oggi non lo sono più, proprio perché grazie al benessere
generale vivono nel pieno delle loro forze, spesso ben inseriti nella realtà
quotidiana, nel lavoro e nella famiglia, tanto che la loro esperienza può
risultare di fondamentale sostegno allo sviluppo della società. Anche
perché sono in maggior parte persone ancora in buone condizioni fisiche
ed economiche, che vogliono riaprirsi al “circuito delle responsabilità”
dopo la pensione, chiedendo un recupero di ruoli all'interno della società
civile. Tutto il resto, la definizione sociale dell’anziano, i suoi rapporti con
l’ambiente esterno, la percezione che ha di se stesso e che gli altri hanno
di lui, è invece cambiato. E soprattutto, sono aumentate le possibilità
dell’anziano di rimanere più a lungo attivo e utile e di rinviare i tempi
della pur inevitabile decadenza fisica.
L’esplosione della terza età 7
Uno dei dati demografici che
accomunano le società del
mondo contemporaneo è la
crescita numerica della
popolazione anziana. In
effetti, nel dopoguerra, si è
verificato un cambiamento
demografico senza
precedenti, risultato
dell’azione combinata della riduzione delle nascite e dell’allungamento
della vita media. Si è parlato, infatti, di invecchiamento della
popolazione, cioè l’aumento delle fasce di età avanzata rispetto alle più
giovani. All’invecchiamento della popolazione si è unito l’incremento del
benessere degli anziani, almeno sul piano della salute fisica,
dell’autosufficienza e delle opportunità di vita relazionale. I progressi
della medicina non hanno solo allungato la vita media, ma anche ridotto
l’incidenza di molte malattie e l’invalidità che ne deriva, contribuendo a
creare un ambiente favorevole al benessere anziano. Perciò oggi il grosso
degli anziani non è più costituito da persone malandate, ma da gente
valida e con potenzialità intatte. Come conseguenza c’è stata la
posticipazione della vecchiaia. Alla metà del secolo scorso si era
considerati vecchi già a 45 anni, mentre oggi per le società occidentali la
vecchiaia comincia dopo i 65. L’invecchiamento demografico è una realtà
che sta interessando in modo più o meno intenso tutti i Paesi europei.
Esistono, comunque, differenze rilevanti tra gruppi di nazioni. Vi sono
Paesi come la Grecia, la Spagna e la Germania che, come l’Italia, si
caratterizzano per la notevole diminuzione delle nascite e un rapido
aumento della popolazione in età senile; altri Paesi, come la Francia, la
Gran Bretagna e l’Olanda, grazie ad un più elevato tasso di fecondità,
sembrano poter mantenere, per il prossimo futuro, una maggiore stabilità
della popolazione ed un migliore equilibrio fra le generazioni. In
controtendenza appaiono la Polonia o la Federazione Russa nelle quali, in
seguito al peggioramento delle condizioni di vita, all’instabilità politico-
economica e alla scarsità di interventi politico-sociali ed assistenziali in
favore della terza età, si è registrata in questi ultimi anni una riduzione
dell’aspettativa di vita media. In Italia, invece, per la maggiore longevità,
la percentuale di donne anziane supera quella degli uomini in ciascuna
fascia di età. La regione italiana più “vecchia” in assoluto è la Liguria,
mentre la più “giovane” è la Campania. L’evento demografico ha
conferito all’Italia il primato del paese più vecchio del mondo. 8
Il corpo che invecchia: aspetti biologici,
cognitivi e sociali
Perché si invecchia? La vecchiaia, un orologio biologico
L’invecchiamento è una caratteristica dei
viventi, una condanna della vita stessa,
parte integrante di un ciclo di crescita e
sviluppo a tutti i livelli (culturale, molecolare,
cellulare, di sistemi d’organo e individuale).
Si può definire, dunque, come l’insieme dei
cambiamenti osservati dal concepimento alla
morte, frutto di un processo definito
“orologio biologico”. La durata di vita degli
organismi è una caratteristica genetica, testimoniata innanzitutto dal
fatto che ogni specie ha una durata di vita caratteristica, seppure con
variazioni da un organismo all’altro, testimoniata anche dal fatto che nei
gemelli monozigoti (nati dallo stesso uovo fecondato e quindi con
identico patrimonio genetico) le cause di morte risultano identiche.
Inoltre, il fatto che la longevità ha basi biologiche, è testimoniata dai figli
delle persone longeve. Le statistiche, infatti, dicono che gli ultra 70enni
hanno avuto perlomeno un genitore vissuto altrettanto a lungo. Quindi,
un po’ tutti i cambiamenti dell’esistenza obbediscono al processo di
evoluzione biologica.
Le tappe del processo di invecchiamento
L’inizio dell’età senile corrisponde ai 65 anni. Ma perché 65? Da questa
età, fino ai 90 anni circa, la vita è ricca di cambiamenti significativi.
Innanzitutto, in questa fascia d’età, definita tarda età adulta o terza età,
si cominciano a notare, più o meno chiaramente, gli effetti di una serie di
cambiamenti fisici legati all’invecchiamento biologico e psichico. È quindi
opportuno modificare l’abituale partizione delle età della vita,
sostituendo la generica espressione “terza età”, che raggruppa tutti
coloro che hanno più di 65 anni, con una scansione del periodo che va
dai 65 anni in poi in 3 fasi. La prima fase è la terza età, che comprende il
periodo che va dai 65 ai 75 anni, in cui l’individuo viene definito anziano.
In questo periodo le eventuali difficoltà sono più di origine sociale che
biologica: il decadimento fisico e cognitivo non è ancora alle porte e le
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persone in buona salute possono condurre una vita molto attiva e ricca di
interessi, riprendendo e realizzando antichi progetti accantonati
(viaggiare, frequentare assiduamente una palestra, dipingere, suonare
uno strumento musicale). Tuttavia, devono fare i conti con alcune prime
importanti “perdite”, ovvero con alcune esperienze di abbandono, come
la perdita del ruolo lavorativo, a cui può far seguito un senso di
smarrimento e inadeguatezza sociale, il diradamento delle relazioni
sociali collegate all’ambiente di lavoro abbandonato; il disagio derivante
dall’allontanamento dei figli dalla casa genitoriale (disagio indicato con il
nome di “sindrome del nido vuoto”). Anche la stessa consapevolezza che
il mondo circostante, attivo e produttivo, non ha più bisogno dell’anziano
può indurre ad un senso di esclusione sociale che è tra i fattori del rischio
di depressione. Tuttavia questa fase della vita ha un significato positivo
che risiede nella “veste di saggio”, un punto di riferimento, per quanto
attiene alla memoria storica e alla riflessione, per la comunità in cui vive.
La seconda tappa è la quarta età (75-90 anni). Questo periodo è invece
caratterizzato da evidenti segni di deterioramento fisico e cognitivo.
Anche i piccoli gesti della vita quotidiana costano fatica e sono eseguiti
con lentezza, tanto da richiedere un’assistenza continua. La dipendenza
da figli, badanti, assistenti domiciliari porta molte persone di questa età
a sentirsi un peso per gli altri, cosa che accresce il disagio derivante dalla
percezione della propria debolezza. La progressiva solitudine causata
dalla morte di persone care coetanee può tradursi in rabbia e rancore.
Maturano incomprensioni con i parenti più giovani, che non accettano il
fisiologico decadimento del proprio genitore o nonno e interpretano tutti i
suoi comportamenti ricorrendo alla categoria della demenza. Infine vi è
la quinta età, la tappa dello spegnimento, che va dai 90 anni in su. La
fiammella della vita diventa sempre più fioca, il motore rallenta fino a
fermarsi. In effetti chi entra nella cosiddetta “quinta età” ha buone
probabilità di morire di vecchiaia, spegnendosi serenamente e non per
l’insorgere o l’aggravarsi di patologie legate alla vecchiaia. Da qualche
tempo il fenomeno più interessante di questo stadio della vita è
l’aumento del numero dei centenari e, tra questi, l’emergere della
categoria dei “fuggitivi”, ovvero di coloro che in qualche modo sfuggono
alle regole dell’invecchiamento: non presentano sintomi di demenza o di
disturbi cognitivi, godono di ottima salute e ragionano lucidamente.
Questo dimostra come il processo di invecchiamento segua un percorso
ben preciso.
La dimensione psicologica e sociale dell’invecchiamento 10
Accostarsi alla realtà e ai problemi della condizione anziana nella società
contemporanea comporta anche lo sforzo e la capacità di leggere i
complessi aspetti che la caratterizzano, senza lasciarsi fuorviare da
luoghi comuni o da pregiudizi infondati. Sarebbe quindi un errore pensare
che i bisogni delle persone anziane siano esclusivamente di tipo clinico
assistenziale. In realtà, ogni anziano ha una storia a sé ed esprime la
necessità di soddisfare alcuni “bisogni psicologici”. Tra i bisogni più
frequentemente espressi da persone anziane vi sono, oltre a necessità di
tipo materiale e assistenziale, anche esigenze quali occupare il tempo in
modo costruttivo, non terminare la propria vita in un istituto, uscire dalla
solitudine e comunicare con altre persone. La dimensione psicologica
dell’invecchiamento non deve essere necessariamente correlata
all’insorgenza di deficit o di vere e proprie malattie, anzi, con il passare
degli anni tendono, invece, ad aumentare l’attenzione, la volontà, la
pazienza e la prudenza. Molti anziani sono in grado di continuare a
svolgere attività lavorative, ad impegnarsi in attività creative ed offrire
forme di collaborazione diverse all’interno della famiglia o della società. Il
decadimento cognitivo o fisico è certamente una condizione che si
associa all’invecchiamento, ma non bisogna tralasciare il fatto che la
riduzione delle abilità mentali che si osserva in alcune persone anziane
non è dovuta tanto all’invecchiamento in sé, quanto a una problematica
relazione con l’ambiente. Infatti, bisognerebbe tener conto di un
importante fenomeno, quello dell’emarginazione degli anziani. I vecchi
sono molti e validi, ma il loro status, la posizione che occupano nel
sistema sociale, è debole e di poco conto. Col pensionamento forzato
vengono esclusi dalle attività produttive, sradicati dall’ambiente familiare
e abbandonati in un ambiente piatto che finisce con restituire alla società
i ruoli privilegiati. Anche i pregiudizi e gli stereotipi negativi sul loro conto
fanno in modo che gli anziani vengano a trovarsi in condizioni sociali
insicure e difficili. A differenza, invece, delle società tradizionali, dove
l’età avanzata procurava solitamente prestigio, ricchezza e potere. Per lo
più il vecchio continuava a svolgere attività e soprattutto all’interno della
famiglia diventava un riferimento autorevole per la sua saggezza e