VERSIONE DI MATURITA' LATINO
- Quicumque beatus esse constituet, unum esse bonum putet quod honestum est; nam si ullum aliud existimat, primum male de providentia iudicat, quia multa incommoda iustis viris accidunt, et quia quidquid nobis dedit breve est et exiguum si compares mundi totius aevo. Ex hac deploratione nascitur ut ingrati divinorum interpretes simus: querimur quod non semper, quod et pauca nobis et incerta et abitura contingant. Inde est quod nec vivere nec mori volumus: vitae nos odium tenet, timor mortis. Natat omne consilium nec implere nos ulla felicitas potest. Causa autem est quod non pervenimus ad illud bonum immensum et insuperabile ubi necesse est resistat voluntas nostra quia ultra summum non est locus. Quaeris quare virtus nullo egeat? Praesentibus gaudet, non concupiscit absentia; nihil non illi magnum est quod satis. Ab hoc discede iudicio: non pietas constabit, non fides, multa enim utramque praestare cupienti patienda sunt ex iis quae mala vocantur, multa impendenda ex iis quibus indulgemus tamquam bonis. Perit fortitudo, quae periculum facere debet sui; perit magnanimitas, quae non potest eminere nisi omnia velut minuta contempsit quae pro maximis vulgus optat; perit gratia et relatio gratiae si timemus laborem, si quicquam pretiosius fide novimus, si non optima spectamus.
VERSIONE DI MATURITA' LATINO
TRADUZIONE 1 Chiunque vorrà essere felice, consideri che l’unico bene è ciò che è onesto; infatti se pensa che ce ne sia qualche altro, per prima cosa giudica male riguardo alla provvidenza, perché agli uomini onesti accadono molte disgrazie e perché qualsiasi cosa essa ci ha dato è effimera e misera, se la si paragoni alla vita dell’universo. Da questo lamento consegue che siamo interpreti ingrati dei benefici divini: deploriamo che non ci tocchino sempre, che siano pochi, incerti e fuggevoli. Di lì deriva che non vogliamo vivere, né morire: ci possiede l’odio della vita, il timore della morte. Ogni deliberazione vacilla e nessuna felicità può saziarci. Il motivo è che non siamo arrivati a quel bene infinito e insuperabile dove è necessario che la nostra volontà si arresti, poiché oltre la vetta non c’è niente. Chiedi perché la virtù non abbia bisogno di nessuno? Gode dei beni presenti, non desidera quelli che non ci sono; per essa è grande tutto ciò che è sufficiente. Scostati da questo criterio: non la religiosità, non la lealtà sussisteranno, infatti chi desidera osservare entrambe deve sopportare molti di quelli che sono chiamati mali, deve rinunciare a molte di quelle cose in cui indulgiamo come se fossero beni. Scompare la forza, che deve mettere se stessa alla prova; scompare la grandezza d’animo, che non può emergere se non disprezza come cose di poco conto tutti quei beni che la massa desidera come se fossero della massima importanza; scompaiono la gratitudine e il rapporto di gratitudine, se temiamo la fatica, se pensiamo che ci sia qualcosa di più prezioso della lealtà, se non miriamo al sommo bene.