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È presente un collegamento alla dominazione spagnola della Lombardia, mentre ci si riferisce alle guarnigioni stanziatisi, condito da notevole ironia: infatti, i soldati erano soliti insegnare la modestia alle donne e accarezzare le spalle dei mariti, mentre in realtà compivano molto spesso furti e violenze ai danni della popolazione; tra l’altro, partendo da essa si può risalire al periodo storico di riferimento, ossia il Seicento.
Successivamente si entra nel vivo della vicenda, con il narratore che sposta l'attenzione su don Abbondio, un curato di paese che sta effettuando la sua passeggiata quotidiana; egli può subito essere definito pacato, tranquillo e alquanto abitudinario viste le azioni che compie
Tuttavia, arrivato a un crocevia, si accorge di due figure losche che non avrebbe mai voluto incontrare: si tratta dei bravi, di cui è fornita un'ampia e dettagliata descrizione, una specie di malviventi diffusa nel Seicento.
A questo punto, il narratore inserisce una digressione storica per approfondire ulteriormente queste figure; vengono infatti citate le grida, così chiamate perché si trattava di provvedimenti “gridati” per le strade, che intimavano loro di uscire dal territorio; tuttavia, essi continuavano ad esistere, dando così prova della totale inefficienza del sistema politico
Detto ciò, si ritorna alla vicenda principale, con il curato che cerca possibili vie di fuga e prova con un rapido esame di coscienza a capire se avesse peccato contro qualche potente.
Tutto ciò, però, non gli evita l'incontro con i due bravi, che gli intimano di non celebrare il matrimonio tra due paesani, Lucia Modella e Renzo Tramaglino, che avrebbe dovuto avere luogo l'indomani.
Egli tenta di giustificarsi in tutti i modi, ma alla fine si ritrova costretto ad obbedire, venendo anche a conoscenza del mandante dei malviventi: don Rodrigo.
Dunque, il narratore inserisce una seconda digressione storica riguardante la società seicentesca, in cui evidenzia i limiti del sistema giudiziario, le cui autorità erano più propense a mostrare il loro potere sugli umili rispetto che il loro coraggio contro i potenti, e perciò nella gran parte dei casi molti problemi si trovavano completamente irrisolti
Successivamente, viene approfondita la figura di don Abbondio tramite la narrazione del suo vissuto (“vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro”, per sottolineare la sua debolezza), con riferimenti ai suoi ideali e alle sue scelte di vita: egli infatti si fece prete non tanto per vocazione, quanto per vivere una vita quieta e tranquilla, senza incorrere in pericoli inutili.
Quindi, il capitolo si conclude con il ritorno a casa del curato stesso, che discute in maniera molto accesa con la donna al suo servizio, Perpetua, e alla fine tra mille pensieri decide di coricarsi.