Concetti Chiave
- Il capitolo 24 introduce nuovi personaggi come il sarto e la sua famiglia, mentre prosegue la storia di Lucia al castello dell'Innominato, ambientata tra novembre e dicembre 1628.
- Lucia viene liberata dal castello grazie all'intervento di Don Abbondio e della moglie del sarto, mentre l'Innominato, ora convertito, chiede perdono e facilita la sua liberazione.
- Durante il viaggio di ritorno, Lucia è confortata dalla moglie del sarto, mentre Don Abbondio è preoccupato per le conseguenze della conversione dell'Innominato e delle possibili reazioni di Don Rodrigo.
- Lucia rinnova il suo voto di castità, ricordando la sua fede e l'importanza della sua promessa, nonostante il pensiero di Renzo continui a turbarla.
- L'Innominato convoca i suoi uomini, annunciando la sua conversione e la fine delle attività criminali, offrendo loro la possibilità di cambiare vita o andarsene.
Questo capitolo de “I Promessi Sposi”, vede principalmente l’ingresso di alcuni nuovi personaggi, tra cui il sarto, sua moglie e la sua famiglia, mentre gli altri si mantengono invariati, così come i temi che predominano ormai dagli inizi del romanzo. Il tempo della storia è nel novembre/dicembre 1628 ed i luoghi sono il castello dell’Innominato e il paese vicino.
Indice
- Lucia al castello dell'Innominato
- La liberazione di Lucia
- Il viaggio verso la libertà
- Don Abbondio e le sue paure
- Arrivo al paese e accoglienza
- Lucia e il voto
- Il sarto e la sua famiglia
- Il cardinale Borromeo e Lucia
- Agnese in viaggio verso Lucia
- Riunione di madre e figlia
- Visita del cardinale Borromeo
- L'Innominato e la sua conversione
- Riflessioni dell'Innominato
Lucia al castello dell'Innominato
Lucia si sveglia dal suo giaciglio dove si era messa a dormire, nella stanza della vecchia, al castello dell’Innominato, e nel frattempo che tenta faticosamente di riprender coscienza di sé viene rimproverata dalla serva per non aver accettato di mettersi a letto, ed è invitata a mangiare, poiché presenta un aspetto abbastanza sofferente. Lucia chiede di essere liberata e domanda dove si trovi il padrone, al che la vecchia le comunica che il bandito ha lasciato di recente il castello: poco dopo sente però bussare e la vecchia apre all’Innominato, il quale fa uscire la donna dalla stanza e fa entrare Don Abbondio e la moglie del sarto, trattenendosi fuori e mandando in seguito la vecchia e Marta in un’altra parte della fortezza. Lucia è abbastanza presa del panico poiché non sa cosa aspettarsi, ma si rincuora ben presto vedendo una donna e un prete, che gli sembra di riconoscere proprio perché si tratta del curato del suo paese; lo guarda a lungo fino a che la moglie del sarto inizia a confortarla e le dice che sono venuti a liberarla, al che la giovane le domanda chi sia. Anche il curato tenta, seppur goffamente, di consolare la giovane, la quale è incredula all’idea di poter finalmente abbandonare il castello e gli domanda ansiosamente dove sia l’Innominato; Don Abbondio conferma nuovamente che la ragazza è libera e la invita a non perder altro tempo, per evitare di irritare un potente signore come il padrone del castello.
La liberazione di Lucia
L’Innominato entra dunque nella stanza e Lucia è presa dalla paura, per cui si stringe alla moglie del sarto nascondendosi il viso: il bandito, alla prima vista della giovane che sembra aver sofferto molto, abbassa lo sguardo e le chiede umilmente perdono, mentre la donna sussurra alla giovane che l’uomo si è convertito ed intende davvero liberarla, per cui non deve provar timore. Anche Don Abbondio la esorta a non aspettare, per cui Lucia rivolge gli occhi verso l’Innominato e lo ringrazia della sua misericordia e gli augura la benevolenza divina. A questo punto il bandito esce della stanza e fa strada agli altri tre che gli vanno appresso, dopo aver sceso una scala sbucano nel cortile esterno, dove l’Innominato aiuta Lucia e la donna a salire sulla portantina e monta poi sulla sua mula, non prima di aver aiutato anche il curato a montare sull’altra. Don Abbondio ringrazia della cortesia e si affretta a salire sull’animale; quindi, la comitiva riprende il percorso e inizia a scendere dalla collina per lasciare la fortezza, mentre che i bravi che incontrano lungo il sentiero intuiscono i profondi pensieri di cui è preda il loro padrone, ma non riescono ad immaginare che la ragione riguardi la conversione avvenuta poco prima.
Il viaggio verso la libertà
La moglie del sarto tira le tende della portantina e incomincia a confortare Lucia tenendole le mani, affermandole che sono dirette al suo villaggio che si trova poco distante dal paese della giovane. Lucia ne è al quanto sollevata, e domanda di poter riabbracciare la madre Agnese che abita poco lontano da lì, al che la donna le può solo promettere che la manderanno a chiamare (ignorando il fatto che Agnese è già in viaggio verso il paese, grazie all’intervento del cardinale). La donna racconta poi a Lucia della straordinaria conversione da parte del bandito e della parte svolta dal cardinal Borromeo, specificando altri dettagli riguardo il ruolo avuto da Don Abbondio nella spedizione. Lucia chiede poi chi sia il bandito che l’ha fatta rapire e quando la donna ne pronuncia il nome la ragazza è presa da un fremito di orrore, al ricordo delle terribili storie sentite a riguardo in passato. La Donna sarebbe curiosa anche di saper altri dettagli riguardo la storia di Lucia, anche se evita tuttavia di entrare nel personale, limitandosi ad osservare che la giovane deve essere a digiuno da molto tempo, per cui le assicura un buon pasto non appena giunte alla sua casa in paese. Lucia, affaticata per gli strapazzi del giorno prima, si stende sul fondo della portantina, senza che la donna aggiunga altro.
Don Abbondio e le sue paure
Don Abbondio è di certo molto meno angosciato di quanto lo fosse durante il viaggio di andata verso il castello, tuttavia, se anche la paura del presente non è del tutto scomparsa, viene tormentato da molti pensieri relativi all’avvenire, nonché dalla scarsa dimestichezza di quel modo di viaggiare. L’andatura spedita fa sì che il curato sia spesso sbilanciato in avanti ma ovviamente non osa chiedere di andare più lentamente, anche perché lui stesso non vede l’ora di abbandonare quella valle. La mula procede sul ciglio della strada, quasi a strapiombo sul precipizio, aumentando la paura del curato che prova inutilmente di tirare le briglie per farla andare verso l’interno della strada, maledicendo tra sé e sé la bestia che sembra quasi cercare il pericolo. Don Abbondio teme anche che la notizia della conversione avvenuta si sia sparsa già nei dintorni, per cui ha paura che i bravi abbiano già avuto una reazione sconsiderata e possano ucciderlo, cosicché riesce a tranquillizzarsi solamente quando sono fuori dalla valle e la minaccia del castello sembra allontanarsi definitivamente. A questo punto il curato, che assume decisamente un aspetto più rilassato, è assalito da timori più lontani e riguardanti il futuro, a cominciare dalla reazione di Don Rodrigo di fronte a simili novità e dalle possibili rappresaglie nei suoi confronti: è certo che non potrà prendersela col cardinale e dunque le conseguenze toccheranno a lui che è povero e indifeso, dal momento che Lucia invece verrà messa al sicuro e Renzo è già lontano suo malgrado, a causa dei guai con la giustizia. Don Abbondio teme che il cardinale non potrà proteggerlo, in quanto ha già i suoi affari a cui badare, per cui osserva in cuor suo che i santi fanno bene in modo superficiale. Il curato si consola all’idea però all’idea che potrà riferire a Perpetua di come sono andati i fatti e lasciare che la donna sparga in giro la voce, sperando che giunga anche alle orecchie di Don Rodrigo: si augura che il cardinale non dia più di tanto pubblicità alla cosa, ripromettendosi di tornare silenziosamente al paese non appena terminata la spedizione. Don Abbondio conclude questo suo monologo interiore dicendosi certo che Don Rodrigo non farà nulla finché il cardinale si trovi nei dintorni.
Arrivo al paese e accoglienza
La comitiva giunge finalmente al paese e si divide, poiché Don Abbondio e l’Innominato si dirigono verso la casa parrocchiale, mentre la portantina è diretta verso la casa della moglie del sarto. Appena smontato dalla mula, il curato presa l’Innominato di scusarlo col cardinal Borromeo e dice poi di dover giungere subito al suo paese, dove lo attendono alcuni affari indifferibili; quindi, riprende il suo bastone da viaggio e si rimette in cammino, nel frattempo che il bandito aspetta il ritorno del cardinale.
Intanto la buona donna ha accolto Lucia nella cucina della sua casa, dove sistema il fuoco nel camino sotto una pentola dove cuoce un cappone, mentre non si sottrae ai ringraziamenti della giovane. La donna riempie una scodella con del brodo porgendola alla giovane, che beve e sembra riacquisire ben preso un aspetto decisamente migliore, mentre la padrona di casa osserva che per fortuna quel giorno c’è del cibo sul fuoco. La donna si rallegra anche del fatto che, oltre alla Provvidenza divina, lei e la sua famiglia non si trovano nemmeno in condizioni di estrema povertà, grazie al mestiere del marito e a qualche appezzamento di terra, per cui Lucia è invitata a mangiare senza pensieri in attesa che il cappone sia cotto.
Lucia e il voto
La moglie del sarto riprende ad accudire il fuoco e apparecchiare, mentre Lucia si aggiusta la veste per un’antica abitudine all’ordine e, nel fare ciò, le viene tra le mani il suo rosario che la notte precedente aveva messo intorno al collo, cosa che le riporta subito alla mente il voto pronunciato, che fino a quel momento era stato oscurato dalle altre preoccupazioni. La reazione immediata della giovane è di rammarico e addirittura quasi pentita di averla fatta, salvo poi ravvedersi al pensiero della paura provata nel castello del bandito e dalla fede avvertita al momento della pronuncia. Lucia abbandona pertanto ogni pentimento rivolto al voto, si toglie il rosario dal collo e rinnova il voto con accresciuto fervore, supplicando la Madonna di darle la forza di compierlo e pregandola di allontanare da lei ogni occasione che possa rivelarsi un ostacolo sulla via della promessa fatta, mentre che è quasi sollevata all’idea che Renzo sia forzatamente lontano, costretto a fuggire alla legge. Il pensiero rivolto a Renzo le provoca comunque un certo turbamento e sofferenza, la quale si affretta a scacciarlo dalla sua mente per tornare alla preghiera, motivata anche dal fatto che ormai il suo amore per il suo promesso sposo è tutt’altro che attenuato.
Il sarto e la sua famiglia
A un tratto si sentono delle voci provenire da fuori ed entrano in casa il sarto e i suoi figli, di ritorno dalle funzioni in chiesa che sono state svolte dal cardinal Borromeo: i tre bambini si stringono intorno alla madre e le fanno molte domande a proposito di Lucia, mentre il padrone di casa accoglie la giovane con aria abbastanza cordiale. L’autore riferisce che si tratta del sarto del villaggio, un uomo che sa leggere e che possiede alcuni libri popolari, tanto che passa per essere un uomo dotto e di carattere aperto e cordiale. Egli era presente quando la moglie è dovuta andare a prendere Lucia e aveva espresso la sua approvazione, poi ha appreso che in chiesa la predica del cardinale sulla conversione dell’Innominato ed è curioso di conoscere la giovane che è stata da lui liberata. L’uomo dà un caloroso benvenuto alla giovane, quindi si rallegra con lei della miracolosa conversione del bandito e del fatto che lei ne sia stata, per sua malgrado, all’origine. Il sarto scambia di fretta qualche parola con la moglie, per poi sedere a tavola con la famiglia riunita e con l’ospite che dimostra inizialmente un po' di vergona, venendo prontamente rincuorata dal padrone di casa.
La padrona di casa mette davanti a Lucia un’ala del cappone invitandola a mangiare, mentre il marito mangia a sua volta raccontando tutte le cose viste e sentite in chiesa, soffermandosi maggiormente sul cardinale, che ha dato prova di grande umiltà facendosi capire da tutti. Il sarto osserva dopo che, nonostante la carestia che affligge la regione, è possibile porvi rimedio con la carità e con l’elemosina, come il cardinale dimostra in prima persona levandosi il pane di bocca per consegnarlo ai più poveri, conducendo una vita semplice e non da ricco come potrebbe. Pensando questo, il sarto interrompe il discorso e pone un piatto con del cibo in un tovagliolo, di cui annoda le estremità e che consegna alla figlia maggiore, incaricandola di portare il tutto a Maria vedova (una vicina che abita lì vicino) perché ne mangi coi suoi figli. Lucia è intanto commossa al sentire i discorsi del sarto e sente in cuor suo che il voto pronunciato è una cosa giusta, trovando nuovamente un momentaneo sollievo ai patimenti subiti.
Il cardinale Borromeo e Lucia
Poco dopo il curato del paese si reca in casa del sarto per informarsi su incarico del cardinale sulle condizioni della giovane, dicendole che il prelato intende incontrarla e ringraziando l’uomo e sua moglie del servizio offerto. Il curato chiede inoltre di Agnese e Lucia si scuote al nome della madre, scoppiando a piangere nel momento in cui le viene spiegato che il cardinale ha disposto di farla accompagnare al villaggio: la giovane ripensa al voto pronunciato la notte prima e alla richiesta alla Vergine Maria di farla tornare con la madre, cosa che adesso sta veramente per avverarsi e che la induce a pentirsi di essersi rammaricata della promessa fatta.
Agnese in viaggio verso Lucia
Agnese, intanto, è già in viaggio su un calesse diretto al paese e per tutto il lungo percorso non fa altro che pensare ai pericoli corsi dalla figlia, piena di incertezze, dal momento che non le sono stati riferiti i dettagli circa il rapimento della figlia. Lungo la strada il baroccio incrocia casualmente Don Abbondio di ritorno al paese, e il curato ha modo di parlare per poco tempo con la donna, a cui espone qualche veloce sommario sul rapimento di Lucia: vorrebbe anche istruirla su come comportarsi dinanzi al cardinale, nel caso in cui il prelato la volesse incontrare, e soprattutto, raccomandarle di non parlare del matrimonio, ma Agnese tronca il discorso e si affretta a proseguire il viaggio, impaziente di rincontrare Lucia.
Riunione di madre e figlia
Più tardi il calesse giunge alla casa del sarto e Agnese può dunque ritrovare Lucia, mentre la padrona di casa le lascia sole e va al piano di sopra per preparare un letto a entrambe, dal momento che intende ospitarle. Lucia racconta alla madre tutto quanto le è successo, anche se sulla vicenda vi sono parti inspiegabili anche a lei, per quanto sia chiaro che dietro tutto ciò vi sia Don Rodrigo: Agnese pronuncia espressioni molto dure nei suoi confronti, nonostante la figlia la esorti ad avere compassione per lui e a pregare Dio che lo faccia ravvedere. Lucia è interrotta più volte dai singhiozzi, e quando le viene in mente del voto fatto si trattiene a comunicarlo alla madre, sia per timore che questa la accusi, sia per naturale ritrosia: si promette però di parlarne in confessione a Padre Cristoforo, ma rimane a bocca aperta quando Agnese la informa che è stato mandato in un paese molto lontano. Le due donne discutono poi di Renzo, in salvo nel Bergamasco, anche se Lucia tenta di sviare il discorso.
Visita del cardinale Borromeo
Il colloquio tra Lucia e Agnese è interrotto dall’arrivo inaspettato del cardinal Borromeo: il prelato ha infatti lasciato subito la chiesa dopo le funzioni e si è ritrovato con l’Innominato, che lo ha informato della liberazione della giovane, quindi si è trattenuto a pranzo con il bandito e insieme a una corona di preti, sbalorditi dinanzi a quella misericordiosa conversione. Dopo un colloquio abbastanza lungo, l’Innominato si congeda e fa ritorno al suo castello sulla stessa mula del primo viaggio, mentre Federigo ha chiesto al curato del paese di essere accompagnato alla casa del sarto per incontrare Lucia. Il curato tenta anche di convincerlo a far chiamare a sé la ragazza, ma il Cardinale insiste per andare di persona e quindi ora, lui e il prete avanzano nella strada, con una folla di curiosi che si raccoglie intorno al personaggio. I due arrivano dopo alla casa del sarto, il quale si trova in mezzo alla folla e si affretta immediatamente a seguirli, mentre Agnese e Lucia rimangono sbalordite alla vista del cardinale che rivolge a entrambe parole di comprensione e di conforto per la brutta avventura subita. Poco dopo scende anche la moglie del sarto, e il marito, che entra in casa dalla strada, restando tuttavia in silenzio poiché il discorso tra i presenti è già iniziato. Agnese coglie l’occasione per complimentarsi del carattere amorevole del cardinale, osservando che non tutti i preti sono così solleciti come lui dimostra: invitata a parlare liberamente, la donna riferisce dei pretesti accampati da Don Abbondio per rimandare il matrimonio, anche se si sottrae a raccontare la storia del “matrimonio a sorpresa” per non compromettersi dinanzi al Borromeo. Questi promette di chiedere conto di tutto a Don Abbondio, anche se Agnese lo invita a non rimproverarlo in quanto si tratti di un brav’uomo. Lucia avverte poi il bisogno di riferire al cardinale lo stratagemma del “matrimonio a sorpresa”, rammaricandosi di quanto possa esser stata un’azione non limpida, ma il prelato la invita ad essere indulgente con sé stessa, in quanto ha sofferto cose molto peggiori e quella è una colpa lieve.
Il cardinale chiede poi del promesso sposo di Lucia, e Agnese le racconta dei casi di Renzo, spiegando le sue disavventure in seguito al tumulto di S. Martino. Federigo si mostra stupito di questo fatto, al che le due donne precisano che Renzo è sempre stato un bravo giovane e che è probabilmente caduto in qualche raggiro, per cui il cardinale annota il nome del filatore in un libriccino, promettendo di raccogliere informazioni su di lui. Annuncia poi una sua prossima visita al paese delle due donne, promettendo di trovare nel frattempo un rifugio sicuro dove Lucia potrà sostare senza temere nuove rappresaglie da parte di Don Rodrigo. Federigo si rivolge infine ai due padroni di casa, chiedendo loro di ospitare per qualche giorno Lucia e la madre, richiesta a cui i due padroni si affrettano a rispondere di sì con un certo imbarazzo. Il marito vorrebbe dare una risposta adeguata alla circostanza, ma per quanto si lambicchi il cervello non riesce a dire altro che un imbarazzato “Si figuri!”, cosa di cui in seguito si rammaricherà. Il cardinale si congeda allora dal sarto e dagli altri presenti, chiedendo al curato di come si possa ricompensare il sarto su quel gesto di ospitalità, specie in un anno di terribile carestia: il parroco spiega che l’uomo, non molto ricco, vive comunque in modo agiato grazie ad alcuni poderi e non accetterebbe alcuna ricompensa, anche se vanta molti crediti verso persone che non sono in grado di pagarlo. Federigo si offre così di ripianare tutti questi conti anche se il curato si affretta a precisare che si tratta di una cifra ragguardevole.
L'Innominato e la sua conversione
L’autore vuole concludere il racconto della giornata narrando dell’Innominato; la notizia della sua conversione si è sparsa nella valle dove sorge il suo castello, cosicché il bandito, quando torna dal paese in sella alla sua mula, viene accolto dai suoi bravi con un misto di stupore e incredulità. Gli sgherri lo seguono man mano che si avvicina alla fortezza, e, una volta entrato nel cortile interno, manda a chiamare a raccolta tutti i suoi uomini con un grido potente, ordinandogli di radunarsi in una sala dove lui stesso si reca poco dopo. Al suo apparire, i bravi rimangono in silenzio e il bandito, dopo aver richiamato l’attenzione, dice loro che la via che hanno percorso fino ad adesso porti all’inferno e che, tuttavia, lui è stato illuminato dalla grazia divina e si è mostrato deciso a cambiare vita. Il bandito annulla tutti gli ordini impartiti ai bravi e riguardanti imprese scellerate, afferma che d’ora in poi nessuno potrà più commettere delitti sperando nella sua protezione: chi vorrà rimanere al castello seguendo questi nuovi patti potrà farlo e sarà sicuro di ricevere il suo aiuto concreto. Chi invece non vuole restare è fortemente invitato ad andarsene dopo aver ricevuto il salario dovuto, con l’intimazione di non farsi più rivedere se non per cambiare vita. L’Innominato esorta poi i suoi sgherri a riflettere sul da farsi durante la notte, e a comunicargli la risposta l’indomani mattina, quando li chiamerà uno a uno, quindi il bandito pone fine al suo discorso augurando a tutti i suoi uomini l’aiuto di Dio. I bravi rimangono ancora stupiti in silenzio, senza trasparire le loro emozioni, in quanto sono abituati a obbedire al loro padrone senza ribattere: sono certi però che l’Innominato, che, se convertito, rimanga pur sempre lo stesso uomo energico e deciso di prima; perciò, a nessuno passa per la mente di poter prendere il sopravvento su di lui. Inoltre, molti di loro provano una certa soggezione e attaccamento rispettoso verso il loro padrone, mentre alcuni riconosco che le sue parole, sono rispondenti al vero e se loro si sono sempre fatti beffa dei richiami religiosi è stato per soffocare la paura del giudizio divino. Ora vedono in dio lo stesso timor del bandito a cui hanno sempre obbedito e che adesso, è divenuto oggetto di quasi venerazione da parte della popolazione, il che accresce anziché diminuire la sua reputazione e il suo prestigio. Molti pensano sul da farsi e alcuni progettano già di cambiare via, altri sono commossi dal discorso sentito, altri pensano invece di restar al castello e di prender tempo, ma nessuno osa dire nulla con certezza; quando il bandito li congeda se ne vanno via tutti senza fiatare, e l’uomo, si ritira nella sua stanza per dormire, non prima di aver esaminato come di consueto alcuni posti strategici del castello.
Riflessioni dell'Innominato
L’innominato ha sonno e ciò va a dispetto di tutti quelle urgenti questioni e affari intralciati che lo assillano: ha molto sonno nonostante provi ancora gli stessi rimorsi che lo hanno tenuto sveglio pure la scorsa notte e benché abbia messo in forse la fedeltà dei suoi sgherri, si dà alla confusione e all’incertezza invece che all’ordine e alla disciplina tanto faticosamente costruiti in lunghi anni di imprese scellerate. Entra nella stanza e va accanto al letto su cui la notte prima non aver potuto chiudere occhio, inginocchiandosi e tirando fuori dalla memoria le preghiere apprese da bambino, che inizia a recitare con un certo fervore e commozione. Il pensiero del bandito va al male compiuto e tuttavia è animato dalla volontà di espiazione che lo ha portato a pentirsi e alle opere di misericordia che lo impegneranno nei giorni a venire, per cui si sente pervadere da una nuova serenità e può stendersi tranquillo nel letto. L’autore osserva ad ogni modo, seppur ironicamente, che è solo grazie all’anonimo se si conoscono i particolari di questa storia incredibile, dal momento che gli storici ufficiali che ne parlarono, accennarono solo che l’Innominato si convertì solo dopo un colloquio col cardinal Borromeo, senza contare che i lettori delle loro opere sono meno numerosi di quelli del romanzo.
Domande da interrogazione
- Quali nuovi personaggi vengono introdotti in questo capitolo de "I Promessi Sposi"?
- Come avviene la liberazione di Lucia dal castello dell'Innominato?
- Quali sono le paure di Don Abbondio durante il viaggio di ritorno?
- Qual è il ruolo del cardinale Borromeo nella storia di Lucia?
- Come reagisce l'Innominato dopo la sua conversione?
In questo capitolo vengono introdotti il sarto, sua moglie e la sua famiglia, che giocano un ruolo significativo nella liberazione e accoglienza di Lucia.
Lucia viene liberata grazie all'intervento dell'Innominato, che si è convertito, e con l'aiuto di Don Abbondio e della moglie del sarto, che la confortano e la accompagnano fuori dal castello.
Don Abbondio è tormentato dalla paura di una possibile reazione di Don Rodrigo alla conversione dell'Innominato e teme per la sua sicurezza, nonostante il sollievo di essere lontano dal castello.
Il cardinale Borromeo gioca un ruolo cruciale nella conversione dell'Innominato e nell'organizzazione della liberazione di Lucia, mostrando grande umiltà e carità.
Dopo la sua conversione, l'Innominato annulla tutti gli ordini scellerati impartiti ai suoi bravi e li invita a cambiare vita, mostrando un sincero desiderio di redenzione e misericordia.