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Manzoni è uno dei più importanti scrittori della nostra storia letteraria. Egli con i suoi studi e le sue continue ricerche è riuscito a rendere sulla carta le principali caratteristiche e aspetti dell’animo umano, costruendo non semplici tipi letterari, caratterizzati dalla staticità e dalla fissità dei loro comportamenti, ma personaggi reali che riescono a trasmettere, tramite i loro gesti e le loro parole, dei sentimenti veri e concreti; come l’amore, la fede, l’ironia e la giustizia.
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Un grande critico letterario marxista ha definito il romanzo di Manzoni un “Idillio”, proprio per la sua conclusione. “L’Idillio è la rappresentazione artistica, letteraria di una situazione lieta, serena, generalmente di ambientazione pastorale, nella quale la sofferenza e contraddizioni sono assenti. È la descrizione di un mondo fuori della realtà. Possiamo accettare questa definizione del romanzo da Lucaks finché due critici, Giorgio Barbieri-Squarotti e Ezio Raimondi, hanno sostenuto l’incontrario nelle loro critiche come: “Il romanzo contro la storia. Studi sui Promessi Sposi – Vita e Pensiero, MI 1980 di Squarotti” e “Il romanzo senza idillio. Saggio sui Promessi Sposi – Einaudi, TO 2000 di Raimondi”. I critici oggi definiscono il Romanzo senza idillio poiché anche se presentono un lieto fine visto che si sposano e hanno anche dei figli e si riescono a sistemare anche nell’ambito economico, lo scrittore ci fa notare che i protagonisti non si trovano bene nel nuovo paese dopo tutte le dicerie su Lucia e Renzo… [...]
È evidente il desiderio dell’autore di denunciare e criticare la giustizia dell’epoca dal fatto che abbia
scelto (per primo fra tutti) come protagonisti del suo romanzo proprio due semplici e umili
contadini, che ci rappresentano e manifestano le angherie delle quali erano vittime i deboli
dell’Italia secentesca.
Le istituzioni, certo, non negavano leggi e punizioni per angherie o soprusi commessi, anzi, queste
erano parecchie, ma , molto spesso, venivano gestite e amministrate da giudici in modo piuttosto
arbitrario; di fatto la giustizia nell’epoca secentesca era uno strumento, in più, al servizio dei potenti
che consentiva loro di commettere ingiustizie essendo, spesso, coperti dalla legge e che condannava
i più deboli e indifesi a subire.
L’amore è un tema molto importante nel romanzo infatti lo scrittore ci fa dei paragoni fra Lucia e la
Monca di Monza. Nel personaggio di Gertrude possiamo notare come il suo amore sia influenzato
dalle scelte che ha fatto; mentre Lucia ha una visione differente dell’amore che prova Gertrude. Una
importante riflessione va fatta fra la differenza che il Manzoni adotta fra le due stesure sul tema
dell’eros, infatti, lo scrittore affronta la questione dell’amore in letteratura nel "Fermo e Lucia", in
una digressione abolita poi nei Promessi Sposi, immaginando un dialogo nel quale gli viene
rimproverata la mancata descrizione dei sentimenti dei due fidanzati. Questa lacuna avrebbe,
secondo l’autore lo scopo di evitare conseguenze nocive all’utilità morale e sociale della letteratura.
Secondo lui, di amore ce n’è fin troppo e il mondo ha bisogno di altri sentimenti.
Un grande critico letterario marxista ha definito il romanzo di Manzoni un “Idillio”, proprio per la
sua conclusione. “L’Idillio è la rappresentazione artistica, letteraria di una situazione lieta, serena,
generalmente di ambientazione pastorale, nella quale la sofferenza e contraddizioni sono assenti. È
la descrizione di un mondo fuori della realtà. Possiamo accettare questa definizione del romanzo da
Lucaks finché due critici, Giorgio Barbieri-Squarotti e Ezio Raimondi, hanno sostenuto
l’incontrario nelle loro critiche come: “Il romanzo contro la storia. Studi sui Promessi Sposi – Vita e
Pensiero, MI 1980 di Squarotti” e “Il romanzo senza idillio. Saggio sui Promessi Sposi – Einaudi,
TO 2000 di Raimondi”. I critici oggi definiscono il Romanzo senza idillio poiché anche se
presentono un lieto fine visto che si sposano e hanno anche dei figli e si riescono a sistemare anche
nell’ambito economico, lo scrittore ci fa notare che i protagonisti non si trovano bene nel nuovo
paese dopo tutte le dicerie su Lucia e Renzo…
“[…]E anche del dispiacere che aveva provato nell'altro paese, gli restò un utile ammaestramento.
Prima d'allora era stato un po' lesto nel sentenziare, e si lasciava andar volentieri a criticar la
donna d'altri, e ogni cosa. Allora s'accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro negli
orecchi; e prese un po' piú d'abitudine d'ascoltar di dentro le sue, prima di proferirle.
Non crediate però che non ci fosse qualche fastidiuccio anche lì. L'uomo (dice il nostro anonimo: e
già sapete per prova che aveva un gusto un po' strano in fatto di similitudini; ma passategli anche
questa, che avrebbe a esser l'ultima), l'uomo, fin che sta in questo mondo, è un infermo che si trova
sur un letto scomodo piú o meno, e vede intorno a sé altri letti, ben rifatti al di fuori, piani, a
livello: e si figura che ci si deve star benone. Ma se gli riesce di cambiare, appena s'è accomodato
nel nuovo, comincia, pigiando, a sentire qui una lisca che lo punge, lì un bernoccolo che lo preme:
siamo in somma, a un di presso, alla storia di prima. E per questo, soggiunge l'anonimo, si
dovrebbe pensare piú a far bene, che a star bene: e così si finirebbe anche a star meglio. E' tirata
un po' con gli argani, e proprio da secentista; ma in fondo ha ragione. Per altro, prosegue, dolori e
imbrogli della qualità e della forza di quelli che abbiam raccontati, non ce ne furon piú per la