Nell’Antigone i protagonisti sono nel mondo della normalità, tuttavia vengono evidenziate particolarmente le differenze caratteriali e le due sorelle (Antigone ed Ismene) non rappresentano un personaggio negativo ed uno positivo, ma l’una è spalla dell’altra. Sono rimaste nella casa dello zio Creonte, divenuto Re di Tebe e continuano a patire le sfortune della famiglia dei Labdacidi. Antigone, davanti all’editto di lasciare insepolto uno dei due fratelli (Polinice), pensa di non ascoltarlo e seguire le leggi del cuore. Antigone, nonostante il parere contrario di Ismene (estremamente razionale e consapevole delle difficoltà), lo seppellisce e, una volta indicata come responsabile (c’è nel frattempo tutta una digressione su un φύλαξ che, se non avesse trovato il colpevole, sarebbe stato lui stesso punito), inizia a parlare con Creonte, o meglio vengono portati avanti discorsi che sembrano non incontrarsi mai. Alla fine viene presa e portata in una grotta, che sarà la sua tomba, in quanto si ucciderà prima che lo facciano altri. Nel frattempo Emone, figlio di Creonte nonché fidanzato di Antigone va dal padre, chiedendo per lei salvezza, ma risulta inutile: Creonte preferisce far morire Antigone piuttosto che pensare che una donna sembri comandare(ecco perché la censura manda sulla scena questa tragedia). Antigone ama e basta, va avanti appoggiata sull’amore, come la “Ginestra” leopardiana e, quando si uccide, fa lo stesso Emone, e poi anche Euridice (moglie di Creonte): è qui la tragedia, una desolante ultima scena dove Creonte è lasciato solo nella reggia.
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Antigone