
Gli ITS sono un’alternativa all’università che purtroppo ancora non molti giovani conoscono, ma che apre loro tantissime opportunità. Fiore all’occhiello della formazione professionalizzante, offre percorsi gestiti da fondazioni che, a livello regionale, operano in stretto contatto con le aziende del territorio, in un dialogo continuo che porta agli studenti una immediata occupazione in campi strategici, e alle aziende professionisti di altissimo livello - con competenze spesso difficili da trovare - da inserire nei loro team.
Dagli ITS escono infatti figure specializzate che, durante la loro formazione, affrontano subito una didattica laboratoriale, seguono progetti pratici e partecipano a stage e tirocini presso le imprese.Non è un caso che, a livello nazionale, l’83% dei diplomati ITS (dati INDIRE) trovano lavoro coerente con gli studi in 12 mesi (il dato universitario si ferma al 70%, secondo quanto fa sapere AlmaLaurea), con punte anche superiori al 90% per alcune aree. E non è casuale neanche che nei piani dell’attuale governo sia previsto un potenziamento di tale realtà. Insomma, è un’ottima scelta per studenti e studentesse che vogliono mettersi subito in gioco dopo la scuola.
Tra le regioni che puntano di più sugli ITS in Italia c’è la Lombardia: il Sistema ITS lombardo vanta un’offerta didattica tra le più ricche di tutto il Paese, per quantità e per qualità. Di tutto questo, e non solo, ne abbiamo parlato con Monica Poggio, Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione della Camera di Commercio Italo - Germanica e Vicepresidente di Assolombarda, con delega a Università, Ricerca e Capitale Umano, Amministratore Delegato di Bayer SpA dal 2017, nonché - tra le altre cose - Presidente della Fondazione “Istituto Tecnico Superiore Lombardo per le Nuove tecnologie Meccaniche e Meccatroniche”
- Purtroppo non tutti gli studenti conoscono gli ITS: lei come li spiegherebbe in parole semplici ad uno studente o a una studentessa?
Gli Istituti Tecnici Superiori (ITS) sono scuole post-diploma ad alta specializzazione tecnologica e rappresentano una valida alternativa rispetto a quelle solitamente scelte dai giovani in uscita dalla scuola secondaria superiore.
Si tende infatti a ritenere che, una volta terminate le scuole superiori, studenti e studentesse si trovino di fronte a un bivio: da una parte l’Università, che presuppone un percorso di studi pluriennale e una formazione principalmente accademica; dall’altra, l’ingresso diretto nel mondo del lavoro, in cui però la mancanza di esperienza sul campo può rappresentare un grande ostacolo sia per le aziende sia per gli studenti.
Gli ITS costituiscono oggi una terza possibilità, offrendo un approccio più applicativo e mirato, con una formazione finalizzata all’inserimento lavorativo: un vero e proprio ponte tra scuola e lavoro che permette ai giovani di approfondire le proprie conoscenze teoriche, pratiche e di laboratorio coinvolgendo le stesse aziende attraverso le docenze d’impresa. Il forte legame con le aziende è inoltre testimoniato dalla presenza del 70% di docenti provenienti dal mondo del lavoro.
Una scelta in più per avvicinarsi ad alcuni ambiti di lavoro particolarmente strategici per i prossimi anni: dall’efficienza energetica alla mobilità sostenibile, passando per approfondimenti sulle tecnologie per i beni e le attività culturali, sulle tecnologie informatiche e della comunicazione fino a quelle a supporto delle filiere del Made in Italy (agroalimentare, meccanica, moda, della casa e dei servizi alle imprese).
- Una volta conseguito il titolo, le aziende hanno davvero posizioni aperte per i diplomati superiori degli ITS?
Certo! I percorsi di istruzione tecnica superiore proposti dagli ITS, essendo progettati per rispondere alle esigenze delle imprese, permettono un accesso al mondo del lavoro molto rapido.
I corsi, che hanno una durata biennale, sono svolti per almeno il 30% della loro durata in azienda, in tirocinio o in apprendistato, in Italia o all'estero.
Anche per questa ragione, i corsi offerti dagli ITS operanti in Lombardia si collocano nei settori che, secondo la logica della Smart Specialization, sono stati individuati come chiave del sistema economico-produttivo nazionale e regionale, offrendo agli studenti le competenze più richieste e alle aziende le professionalità di cui hanno bisogno per rispondere alle sfide d’impresa.
- In Italia ci sono alcuni pregiudizi sulle professioni tecnico-pratiche: 1 studente su 3 le scarterebbe a priori secondo una recente indagine di Skuola.net in collaborazione con Elis. Secondo lei per quale motivo?
Personalmente credo che questa situazione dipenda da una concezione ancora tradizionale della formazione: si ritiene che, scegliendo un percorso di studi, la teoria venga prima della pratica. In realtà, il mondo del lavoro contemporaneo sta dimostrando il contrario: sono le soft skills, le capacità che non si apprendono ma si sviluppano, a rappresentare le qualità più rilevanti per le aziende. La possibilità di avvicinarsi al mondo del lavoro con una consapevolezza non solo teorica ma anche pratica, affinata da stage in azienda o da esperienze sul campo, dovrebbe a mio parere essere considerata un vantaggio competitivo per avvicinarsi in modo consapevole all’inizio della propria carriera.
- Se poi si parla di studentesse, il preconcetto è ancora più diffuso. Come incoraggiare le ragazze verso le cosiddette discipline STEM?
Purtroppo ancora oggi le scelte di ragazzi e ragazze rispetto al proprio percorso di vita professionale risentono di condizionamenti sociali che le influenzano.
In questi ultimi anni però, grazie all’esempio di molte donne che hanno raggiunto o stanno raggiungendo risultati straordinari in campi considerati tradizionalmente maschili, un numero crescente di ragazze si sta avviando con successo alle carriere tecnico-scientifiche. Le ragazze, infatti, possono avere un grande futuro in questi settori e nulla può fermarle se non il pregiudizio, che a volte porta a fare scelte o a dare indicazioni che inconsapevolmente escludono o scoraggiano le bambine e le ragazze dall’interessarsi delle cosiddette discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).
I percorsi ITS, dove le imprese entrano in diretto contatto con gli eventuali candidati alla propria azienda, sono sotto questo aspetto una modalità di avvicinamento alle professioni tecnico-scientifiche che permettono di toccare con mano e di approfondire le proprie passioni con una forte componente applicativa e laboratoriale, in cui sono le capacità e le competenze che mettiamo in gioco, e non la nostra identità di genere, a essere la base della formazione e della valutazione.
- Parliamo del territorio in cui lei opera, la Lombardia. Sappiamo che lei è il Presidente di una Fondazione ITS. A quali studenti o studentesse consiglierebbe uno degli ITS della Lombardia e perché?
Partiamo dal presupposto che qualsiasi ragazzo o ragazza con un'età inferiore ai 30 anni e un diploma di maturità alle spalle può frequentare un ITS. Consiglierei questo percorso a chi è portato ad affrontare la complessità con un approccio pragmatico, e vuole dotarsi di tutti gli strumenti, sia teorici che pratici che personali, necessari per iniziare con maggiore consapevolezza la propria carriera lavorativa.
Non c’è una vera e propria categoria di studenti che frequenta gli ITS, ma sicuramente c’è una predisposizione maggiore di ragazzi e ragazze che hanno uno stile di apprendimento applicativo, dinamico e una voglia di “mettersi in gioco” fin da subito in quegli ambiti di lavoro particolarmente strategici sopra richiamati.
Altre caratteristiche personali sono la curiosità abbinata all’orientamento verso l’innovazione, lo spiccato interesse tecnologico, la voglia di entrare con professionalità e in tempi rapidi nel mondo del lavoro, acquisendo le competenze necessarie direttamente sul campo, in un percorso di studi dinamico e concreto.