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Estratto del documento

A6. Dal brano si può capire che gli Cheyenne sono

A. una tribù di grandi guerrieri.

B. un popolo potente e numeroso.

C. una tribù nomade.

D. un popolo forte e bellicoso.

A7. Gli Cheyenne raccolgono molte pelli di castoro e le danno all'uomo bianco perché

A. sono sicuri che l'uomo bianco porti le cose promesse in cambio.

B. devono rispettare l’ordine dato dal loro capo Aquila Rossa.

C. vogliono pagare le cose che l'uomo bianco gli ha già portato.

D. credono che l’uomo bianco sia stato mandato dal Grande Spirito.

A8. I travois sono

A. un tipo di sacca per pellicce.

B. un tipo di sella per animali.

C. un tipo di piccola barca.

D. un tipo di carro senza ruote.

A9. Quando l'uomo bianco torna dagli Cheyenne per prima cosa li avvisa del suo arrivo

A. sventolando un berretto rosso.

B. sparando un colpo di fucile.

C. agitando in alto una specie di bastone nero.

D. urlando un saluto nella loro lingua.

A10. Il brano che hai letto è

A. una cronaca storica degli indiani d’America.

B. una leggenda degli Cheyenne.

C. una storia degli uomini di frontiera.

D. un racconto di una tribù pellerossa. 3

I cani

Se avete la fortuna di possedere una di quelle vecchie enciclopedie degli animali dei primi anni del

secolo, o addirittura della fine del secolo passato, andate a leggere le pagine sui canidi. Accanto alla

descrizione del lupo, della volpe, dello sciacallo e di tutti i canidi selvatici, troverete anche la

descrizione dei "cani di Costantinopoli" e dei "cani di Alessandria d'Egitto". Gli zoologi del tempo,

infatti, descrivevano i cani randagi di quelle città come vere e proprie sottospecie con caratteristiche

particolari e ben distinguibili.

Ancora oggi la situazione non è poi molto diversa. Nelle città e negli ambienti mediterranei i cani

randagi sono molto comuni così come sono una costante del panorama di molti Paesi temperati e

tropicali. Un misto di cause ne provocano la persistenza: da una parte, l'ecologia umana dei Paesi a

clima temperato-caldo permette agli uomini una vita per molti mesi condotta all'aperto, con una

continuità ambientale tra interni ed esterni delle abitazioni. Dall'altra, l'abbondanza di risorse naturali e

di rifiuti offre una elevata disponibilità alimentare durante tutto l'anno.

In Inghilterra non esiste un solo randagio pur avendo gli inglesi una popolazione di quasi 6 milioni di

cani, tutti rigorosamente tenuti sotto controllo. In Italia, invece, su circa 33,5 milioni di cani, almeno

7-800.000 sono da considerarsi vaganti. Come a rappresentare da sola la diversità tra climi freddi e

caldi, in Italia la presenza di questi animali è scarsa al Nord e cresce progressivamente al Centro e al

Sud del Paese.

La parola "vaganti" ha bisogno di spiegazioni e distinzioni, poiché sotto questa etichetta si

raggruppano in realtà cani che hanno relazioni diversificate con l'uomo e l'ambiente, e che costitui-

scono quindi ordini di problemi molto diversi tra loro. È opportuno distinguere almeno quattro diverse

categorie: i cani che hanno un padrone che li tiene sempre sotto controllo, quelli che pur avendo un

padrone sono spesso liberi di andarsene in giro come e quando vogliono, i randagi e i rinselvatichiti.

I cani che sono tenuti sempre sotto controllo non hanno alcun effetto sull'ambiente naturale se non

quando riescono a scappare.

Poi ci sono i cani che hanno un padrone, ma che sono lasciati liberi di andare dove meglio credono.

Sono tanti e sono i più pericolosi. È il modo forse più comune in cui si tengono i cani nell'Italia

centrale e meridionale, sia sui monti dell'Appennino sia lungo la costa. Il padrone esiste, vive nel

paese, ma non si preoccupa di sapere dove è il suo cane; spesso lo nutre, ma molto spesso si aspetta

che il cane trovi da sé qualcosa da mangiare. Questi individui hanno una vita relativamente facile,

semi-protetti ma liberi anche di andare dietro ogni occasione attraente.

I randagi sono cani che, nel loro passato recente o remoto, hanno avuto un padrone, e che continuano a

cercarne un altro. Abbandonati o dispersi sono legati alla figura dell'uomo capobranco o partner

sociale e lo ricercano in continuazione sia per convenienza (cibo e protezione) sia per necessità

sociale. Si mescolano facilmente alle bande di cani padronali liberi, si incrociano con loro, vivono

dentro i paesi e hanno una ecologia simile a quella degli animali che hanno il padrone, ma vivono

senza controllo.

I cani rinselvatichiti hanno invece reciso ogni legame con l'uomo e non lo ricercano più, anzi lo

rifuggono.

In uno studio effettuato in Abruzzo per oltre quattro anni, abbiamo trovato che su oltre 40 cuccioli nati

da varie femmine di un gruppo, solo uno ha raggiunto l'età della riproduzione e gli altri sono tutti

morti entro i primi mesi di vita.

Ma se i cuccioli muoiono, come fanno i rinselvatichiti a mantenere le loro popolazioni libere? Con un

procedimento di continua cooptazione di nuovi individui dalle popolazioni di cani randagi e vaganti

che vivono nei paesi limitrofi, soprattutto durante il periodo riproduttivo. In un branco di lupi in

genere solo una femmina si riproduce. Ma nei cani non esiste questo meccanismo e si verificano così

molte occasioni di formazione di nuove coppie. In mancanza di partner maschili nel branco, si coopta

qualche altro cane dal paese più vicino.

I risultati della nostra ricerca in Abruzzo hanno indicato in maniera inequivocabile la via da seguire

per ridurre le popolazioni di questi cani. Infatti, sarebbe sufficiente controllare a fondo il fenomeno dei

cani vaganti di paese, sia quelli con padrone e liberi sia quelli randagi, per vedere lentamente

affievolirsi il numero dei rinselvatichiti fino alla loro scomparsa.

Ma perché bisogna controllare il fenomeno dei cani vaganti siano essi randagi o rinselvatichiti?

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Per molte buone ragioni, da quelle sanitarie a quelle ecologiche. Non ultime ci sono ragioni

economiche, poiché i cani sono la causa di tanti danni al bestiame domestico, danni che poi vengono

imputati al lupo.

Su questo aspetto, che era uno dei nostri obiettivi nella ricerca condotta in Abruzzo, posso confermare

che in quattro anni non abbiamo trovato un solo caso di predazione dei rinselvatichiti su animali

domestici. Ma nello stesso periodo, abbiamo raccolto invece molta documentazione su cani randagi e

padronali che hanno causato danni ingenti al bestiame.

Il problema è quindi complesso. Qualcuno vuole lo sterminio dei rinselvatichiti perché causano danni

e competono con il lupo per spazio, cibo e incroci che producono scomodi ibridi. Altri invece se ne

fanno paladini ritenendo questi cani gli ultimi veri predatori d'Italia oppure sostenendo che ormai tutti

i lupi sono degli ibridi e quindi non possono essere protetti in purezza genetica. Un intervento

cautelativo sarebbe quello di limitare comunque il numero di cani vaganti, prodotto artificiale fatto

dall'uomo a suo uso e consumo e non adatto alla vita selvatica.

Controllare randagi e rinselvatichiti, d'altronde, non è affatto facile: gli accalappiacani sono ormai

quasi scomparsi e altrettanto rari sono i canili e i ricoveri.

Finché eravamo in guerra con la rabbia urbana (i più anziani ricorderanno sui muri di scuola i

manifesti sulla idrofobia!), il sistema di accalappiacani, di multe ai trasgressori, di catture e

abbattimenti funzionava bene.

Oggi i cani senza padrone non vengono più considerati un problema da risolvere e il sistema di

controllo è caduto largamente in disuso. Così randagi e rinselvatichiti continuano indisturbati a

moltiplicarsi, tanto è vero che in molte aree del Centro-Nord le loro popolazioni rappresentano già

un'emergenza seria.

B1. Gli zoologi del passato descrivevano alcune sottospecie di cani con i nomi

delle città perché

A. erano cani randagi che stavano in città.

B. avevano caratteristiche ben definite.

C. erano stati scoperti proprio in quelle città.

D. presentavano alcuni aspetti simili fra loro.

B2. Nei paesi freddi i cani randagi sono praticamente inesistenti perché

A. mancano sottospecie di questi cani.

B. i centri specializzati di raccolta sono molti.

C. il clima delle città e delle campagne è temperato.

D. la maggior parte della vita si svolge al chiuso.

B3. I cani rinselvatichiti sono diversi dai randagi perché

A. vivono solo in alcune zone del Centro Italia.

B. hanno più raramente contatti con l'uomo.

C. sono molto più aggressivi e feroci.

D. si riproducono esclusivamente fra di loro.

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B4. Una ricerca ha dimostrato che a uccidere gli animali domestici sono soprattutto

A. i lupi.

B. i cani rinselvatichiti.

C. i cani randagi.

D. i cani idrofobi.

B5. Nell'Italia Centro-meridionale la maggior parte dei cani

A. è tenuta sotto controllo dai padroni.

B. è senza nessun padrone.

C. ha un padrone ma può andare ovunque.

D. fa parte delle sottospecie dei randagi.

B6. Per i cani randagi l'uomo è

A. una specie di capobranco.

B. il nemico principale.

C. un compagno di giochi.

D. un essere da cui fuggire.

B7. Nel brano si parla di “procedimento di continua cooptazione di nuovi individui”

quando i cani rinselvatichiti

A. riescono a partorire più cuccioli del solito.

B. si riuniscono in branchi sempre più grandi.

C. trovano altre persone che possono sfamarli.

D. cercano cani randagi per riprodursi.

B8. Il miglior sistema per ridurre il numero dei cani rinselvatichiti sarebbe quello di

A. aumentare il numero degli accalappiacani.

B. abbattere la maggior parte dei randagi.

C. tenere sotto controllo i cani vaganti.

D. limitare la loro capacità di riprodursi.

B9. In Inghilterra ci sono

A. molti più cani che in Italia.

B. soprattutto cani randagi.

C. meno cani che in Italia.

D. troppi cani senza controllo.

B10. Lo scopo principale di questo brano è

A. convincere sulla necessità di prendere provvedimenti sui cani rinselvatichiti.

B. informare sulla situazione in Europa dei cani senza controllo.

C. raccontare alcune storie vere ed esemplari di cani randagi.

D. spiegare le differenze fra le diverse razze di cani vaganti presenti in Italia.

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La cucina solare

Lo sapevi che si può cucinare anche con il sole? Ecco le istruzioni per costruire una vera cucina

solare. Leggile con attenzione, guardando anche il disegno che illustra i diversi pezzi che la

compongono.

La cucina solare viene costruita con due scatole a forma di prisma triangolare per limitare

l'inerzia termica, con un volume da riscaldare minimo. Le dimensioni indicate sono in

funzione di un recipiente per cibi di forma rettangolare, con una capacità di circa 2 litri.

Le dimensioni possono essere modificate in funzione del recipiente per cibi da cuocere. È

formata da una cassetta interna di legno truciolare di 1 cm di spessore. Il coperchio interno di

vetro (vi) viene incernierato in basso (c) ed è manovrato mediante una ventosa, in alto. Le

pareti interne verranno rivestite con fogli di alluminio per alimenti, graffettati, con la parte

lucida verso l'esterno (particolare A).

Una cassetta esterna di legno truciolare di 1 cm di spessore, rivestita con materiale isolante

dello spessore di 5 cm, conterrà di misura la scatola interna. Il coperchio esterno di vetro (ve)

viene incernierato in alto (c) ed è manovrato mediante una maniglia (m), in basso (particolare

B). Lo spessore dei vetri dovrà essere di 2 mm ciascuno, con distanza di 2,5 cm.

Il coperchio della cucina so-

lare è formato da una cassetta

rettangolare, rivestito inter-

namente con materiale iso-

lante spesso 5 cm, incernie-

rato nella cassetta esterna in

alto. All'interno del coperchio

viene fissato uno specchio

(s). Per mantenere aperto il

coperchio della cucina solare

si fisserà una corda nel bordo

inferiore da legare dietro, ti-

rata secondo l'inclinazione da

dare allo specchio perché

possa riflettere dentro le ra-

diazioni solari (particolare C).

Per completare la cottura dei

cibi, quando il sole è tra-

montato si chiuderà il coper-

chio, per poter avere i cibi

(ancora caldi) alla sera. Per

ottenere un miglior isola-

mento dal terreno, la cucina

solare verrà appoggiata sopra

quattro piedi alti 3 cm cia-

scuno (p). Ogni 20 minuti

circa si orienteranno la cucina

solare e l'inclinazione dello specchio in posizione perpendicolare alle radiazioni solari.

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