Concetti Chiave
- L'arte nel canto IX non si limita alla simbologia del rito, ma include descrizioni mitologiche e cura stilistica, simili a quelle di Inferno IX e Purgatorio VIII.
- Dante, svegliandosi, si trova vicino a una fessura nel Purgatorio, davanti alla quale si accede tramite tre gradini con un angelo portinaio che gli permette di passare.
- Dante si getta ai piedi dell'angelo e chiede di aprire la porta, che viene sbloccata con chiavi d'oro e d'argento, simboli di significato religioso, accompagnati dal canto del Te deum.
- L'angelo non è presente solo per Dante, ma per tutte le anime, con il mandato di esercitare il suo ufficio con indulgenza piuttosto che severità.
- L'esortazione dell'angelo a non voltarsi indietro simboleggia il rischio di vanificare il perdono divino, ma si applica solo agli uomini vivi, non alle anime o a Dante.
Officiatura sacra
L'arte che in questo canto egli vuol consapevolmente mettere in atto non si riferisce solo, si badi, alla simbologia del rito che sarà da lui descritto, ma anche alle descrizioni mitologiche, alla speciale cura lessicale e stilistica, proprie in verità di tutto il canto e non solo della sua seconda metà, più propriamente rituale. Importante è poi osservare che l'appello di questo canto IX precede uno spettacolo ugualmente, anche se diversamente, liturgico, come quelli di Inferno IX e di Purgatorio VIII.Le fasi di esso posso essere schematizzate nel modo seguente: Dante, svegliandosi, si trova a breve distanza dal balzo che chiude ditorno il Purgatorio, con una fessura nella quale poi, apprendendosi, scorgerà una porta, a cui si accede per tre gradini di diversa materia e colore. Sulla soglia di diamante, i piedi poggiati sul gradino più alto, siede un angelo portinaio, che domanda ai due pellegrini, da lontano, chi siano, e da chi siano stati guidati sin lì; Virgilio risponde, e l'angelo permette a lui e al suo discepolo di avanzare.
Saliti i tre gradini, Dante si getta ai piedi dell'angelo, recita il mea culpa battendosi ritualmente tre volte il petto, e chiede umilmente che gli apra la porta; il celeste portinaio, dopo aver descritti sulla fronte di lui sette P, accontenta l'orante adoperando una chiave d'oro e poi una d'argento; spinge quindi indietro il battente della porta; Dante si volge al rumore come di ruggito che essa fa, al quale si unisce subito il canto del Te deum. Qui ogni parola gronda simboli: i colori, l'aspetto, la natura minerale dei gradini e della soglia, la positura solenne dell'angelo, la sua spada sguainata e abbagliante, la sua veste cinerea il fatto che egli tenga nascoste sotto di essa le due splendide chiavi, la successione in cui le adopera: tutto ha un significato religioso, per lo più non difficile a penetrare, che sarà chiarito nelle note ai vari luoghi. Tuttavia non si tratta di allegoria: come ha suggerito qualche lettore più attento, tutto, cose gesti parole, è reale e insieme simbolico; com'è carattere, aggiungiamo, d'ogni liturgia.
Altri aspetti importanti
Anzitutto, è da notare che, nonostante qualche anche autorevole opinione in contrario, l'angelo non è lì solo per Dante, ma per tutte le anime. Il fatto è però che tutti coloro che giungono al cospetto di lui sono stati già perdonati quando erano vivi, dal sacerdote o direttamente da Dio: la potestà dell'angelo, che pure afferma essergli stato ordinato da S. Pietro di esercitare il suo ufficio con indulgenza piuttosto che con severità, anche a costo di sbagliare (127-129), non si vede come potrebbe aver modo di attuarsi, dal momento che il perdono divino, una volta dato, è ovviamente definito, a meno naturalmente d'una recidiva nel peccato; possibile, questa, solo ai vivi.Analogo discorso va fatto a proposito dell'esortazione dell'angelo a non voltarsi indietro, dopo varcata la soglia, sotto pena di tornare indietro: "di fuor torna chi 'n dietro si guata" (132); e si noti la formulazione generale, non limitata a Dante, di questo avvertimento. Ovvio il significato di questo - chi ricade nel peccato rende vano il pentimento e il perdono precedenti -; ma anch'esso, ha senso solo per gli uomini prima della morte. Comunque, se le anime che si voltano tornassero indietro, quale sarebbe mai la loro sorte definitiva? L'esortazione non può aver valore neppure per il solo Dante nella specifica situazione in cui ritrova in questo momento del suo viaggio, nella quale è assurdo pensare che Dio possa permettere che egli commetta una colpa che lo faccia tornare indietro. Ancora: quando l'angelo intima a Dante e a Virgilio di fermarsi e di dichiarare stando ancora lontani dalla porta le loro intenzioni, egli si regola come si era regolato Catone o addirittura come Nesso e come altri guardiani infernali: sennonché questi ultimi, e anche Catone, potevano ignorare che il viaggio di Dante era voluto da Dio; non così l'angelo, che in Dio legge.