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Concetti Chiave

  • I discorsi di Sapia nel Purgatorio non riflettono necessariamente un bisogno di caratterizzazione, ma piuttosto un tono discorsivo generale del canto, creando una figura non del tutto centrata.
  • Sapia, pur pentita, mostra residui della sua animosità verso i Senesi, con canzonature che riflettono la storica rivalità tra Firenze e Siena, incarnata anche dall'autore Dante.
  • Dante riesce a mantenere una certa oggettività nei confronti dei Senesi, mostrando simpatia per altri personaggi senesi come Pia, Provenzano e Pier Pettinaio.
  • Il contesto storico delle lotte tra Firenze e Siena è ripreso da Dante, con riferimento alla battaglia di Montaperti e alla successiva rivincita dei Fiorentini a Colle di Val d'Elsa.
  • Le motivazioni dell'animosità di Sapia verso i suoi concittadini restano speculative e non aggiungono nulla di concreto alla sua caratterizzazione come personaggio invidioso nel Purgatorio.

Indice

  1. Senese Sapia - I suoi discorsi
  2. La rimanenza delle caratteristiche che si avevano nella vita terrena
  3. Le lotte storiche

Senese Sapia - I suoi discorsi

I lunghi discorsi (106-132. 145-154) di Sapia non sono effetto, come si è preteso, d'un'esigenza di caratterizzazione, giacché la loquacità, se riferita specificamente al personaggio, non ha relazione, anzi si oppone, alle altre notazioni psicologiche di questo (gravità, severità, dolore): se riferita genericamente al fatto d'esser donna, significherebbe attribuire a Dante una partecipazione a un goffo luogo comune: senza dire che troppe altre donne nell'opera di Dante, incisive e soavi negli atti e nei discorsi, sarebbero li a smentire quella partecipazione.

La lunghezza dei due discorsi, la non essenzialità di parecchie battute vanno ascritte invece al generale tono discorsivo del canto. Ma tutto l'episodio non è incisivo: quella di Sapia è una figura che appare non centrata.
Il fatto che qualcuno abbia potuto definirla «vecchia, livida e maligna», simile a una «serpe», e a qualche altro sia sembrato che ella racchiuda in sé «tanta femminilità e tanta umana fragilità», non dipende da mancata penetrazione da parte di quei lettori, ma dal fatto che la figura di lei consta di elementi eterogenei.

La discrezione sommessa con cui ella chiede a Dante d'essere 'rinfamata' (148-150), che ha il timbro di quella di altre anime del Purgatorio diversissime da Sapia (cfr. per es. Pg V 70-71), e soprattutto la gravità severa con cui dice che nell'oltremondo non ci sono più distinzioni di patrie, confermata dal rimorso per aver partecipato appassionatamente, sia pure per ragioni non politiche, alle lotte cittadine, non preparano certo le ultime battute di lei, che canzonano i Senesi.

Improvvisamente, lo spirito che era alto sulle miserie umane assume i toni di Griffolino e di Capocchio e di Dante stesso nell'alterco di lf XXIX 109-139.

La rimanenza delle caratteristiche che si avevano nella vita terrena

Si dice di solito che Sapia, pur pentita e salva, conserva ancora qualcosa dell'antica animosità contro i suoi concittadini. Alcuni personaggi del Purgatorio recano qualche traccia dei loro peccati terreni; certo, il poeta tende anche nel Purgatorio a caratterizzare i suoi personaggi secondo quel che essi erano stati in terra; ma non sino al punto da far loro commettere, sulle stesse cornici del monte della penitenza, ancora i peccati che stanno espiando.

Anche se la canzonatura dei Senesi è sulle labbra di Sapia amara, essa è intesa a correggere, e in fondo non è diversa dalla canzonatura piena di rimorso che la donna fa di sé stessa paragonandosi al merlo del racconto popolare (123); resta tuttavia in essa tanto di acredine, da persuaderci che qui il fiorentino Dante sopraffà il suo personaggio, obbedendo per proprio conto al malanimo perenne di Firenze verso Siena, che quando non esplodeva in guerre si esercitava in motti (cfr. ) XII 120-121, ecc.).

Tuttavia, per quel che concerne la Commedia, bisogna ridimensionare l'animosità antisenese di Dante, tenendo conto anche dei personaggi senesi cui va in pieno la simpatia di lui: ricordiamo tutti la Pia (Pg V), nel canto XI Provenzano, in questo stesso canto la carità di Pier Pettinaio, «uom pieno di Dio», come lo chiamò Ubertino da Casale; la cui francescana carità è in chiara antitesi con la 'follia' blasfema della superba-invidiosa Sapia.

Le lotte storiche

In questo episodio Dante riprende in certo modo il discorso della fine del canto XI, sulle lotte nell'ultimo Duecento tra Firenze e Siena. Nel canto XI era stata rievocata la vittoria dei Senesi a Montaperti, il fulgore della fama conseguita per essa dal capo dei Senesi, Provenzano Salvani; qui si rievoca la rivincita dei Fiorentini nove anni dopo, presso a Colle di Val d'Elsa, e, di scorcio, la misera fine di Provenzano, in questa battaglia fatto prigioniero e ucciso: il capo di lui portato dai vincitori su una lancia per tutto il campo; pochi anni dopo, la stessa fama di lui, aveva detto il poeta nel canto XI, si era quasi dileguata.

Meglio si comprende l'abnormità della «letizia» che la senese Sapia prese della sconfitta dei suoi concittadini, quando si pensi alla sua gravità: con spirito fiorentinesco, ma con l'appoggio delle cifre delle perdite, Giovanni Villani afferma che, in proporzione della popolazione delle due città, la sconfitta di Colle era stata per Siena più grave di quella di Montaperti per Firenze.

Ma tutto ciò riguarda Dante, non il personaggio Sapia. Si son cercate le ragioni dell'animosità di questa verso i suoi concittadini: si è detto che ella era una guelfa e perciò era stata contenta della sconfitta dei ghibellini; ipotesi contraddetta dai dati storici, in quanto Sapia era probabilmente anche lei ghibellina. Si è anche rintracciato in documenti (assai problematici) qualche possibile motivo di risentimento personale di Sapia contro il nipote Provenzano. Son tutte ricerche volenterose ma assolutamente inutili, perché (se ne accorse bene il Porena) se Sapia avesse avuto concreti motivi per odiare una parte politica o una persona, il suo peccato non sarebbe stato più d'invidia.

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