Concetti Chiave
- Virgilio rimprovera Dante per l'indugio davanti allo spettacolo della bolgia, esortandolo a proseguire il cammino per vedere le altre meraviglie dell'Inferno.
- Dante giustifica la sua sosta perché spera di trovare un parente, Geri del Bello, il cui spirito appare sdegnato per la mancata vendetta della sua morte.
- Nella decima bolgia, i falsatori di metallo sono puniti con malattie che li costringono a grattarsi furiosamente, creando una scena di dolore e miseria.
- Griffolino d'Arezzo è punito per non aver rispettato un accordo con Alberto di Siena, mentre Capocchio è noto per la sua abilità nell'alchimia e nell'inganno.
- Dante esprime ironia verso la vanità senese, un sentimento condiviso e amplificato da Capocchio, che offre esempi di tali futilità.
Rimprovero di Virgilio
Dante si sofferma a guardare l'orribile spettacolo della bolgia e ne è commosso. Virgilio con dolce rimprovero lo invita a non indugiare soverchiamente, cosa che non ha mai fatto nelle bolge precedenti, e lo esorta a riprendere il cammino perché la via è ancora lunga e molte son le cose ancora da vedere.Ripreso il cammino Dante cerca di giustificare il suo indugio asserendo che nella bolgia dovrebbe trovarsi uno della sua famiglia. Virgilio gli dice che infatti, mentre Dante era tuto intento a parlare con Bertram dal Bornio, aveva visto una danno minacciare col dito il poeta, ma accortosi di non essere guarito si era allontanato; dai compagni di pena lo aveva sentito nominare Geri del Bello. Dante dichiara allora che Geri aveva ben ragione di essere sdegnato, perché la su morte violenta non era stata ancora vendicata da nessuno della sua consorteria. Così parlando i due poeti giungono al ponte che sovrasta l'ultima bolgia.
Geri del Bello, figlio di Bello di Alighiero I, cugino primo del padre di Dante, è ricordato in due documenti del 1266 e del 1276; fu processato in contumacia a Prato nel 1280 perché accusato di rissa e percosse. In quanto alla sua uccisione e alla conseguente vendetta di cui è parola ai vv. 31-33, ben poco sappiamo. I commentatori danno notizie vaghe e contraddittorie. Le più sicure testimonianze possono essere quelle dei figli di Dante: Jacopo, che indica la causa della sua morte nell'aver seminato discordie, e Piero, che indica nella persona di Brodaio dei Sacchetti l'uccisione di Geri. Quest'ultima notizia è confermata,ata dalla pace stipulata molto più tardi tra gli Alighieri e i Sacchetti per volontà del Duca di Atene. Stando a Benvenuto, la vendetta dell'uccisione di Geri sarebbe avvenuta introno al 1310; nel giro d'anni in cui cade press'a poco la composizione dell'Inferno.
Visione della decima bolgia: pena dei falsatori di metallo
Date sente salire dalla bolgia così strazianti lamenti che è costretto a chiudersi le orecchie con le mani. E per dare al lettore un'idea della bolgia, ricorre di nuovo a un'ipotetica similitudine: se si fossero puniti unire insieme tutti i malati degli ospedali della Valdichiana e quelli della Maremma e della Sardegna, nel periodo di maggior infuriare delle malattie, tale sarebbe state la vista della bolgia e la puzza che ne usciva. Discesi i due poeti sull'ultimo argine, vedono alcuni dannati, gli alchimisti, ricoperti di croste, grattarsi furiosamente, mentre altri giacciono o strisciano per terra, colpiti da varie malattie.Dante scorge due dannati che, poggiati dorso a dorso, si grattano furiosamente le croste della scabbia. Virgilio li interpella chiedendo se ci sia qualche italiano nella bolgia, ed uno di essi dichiara che entrami lo sono, ma vuol sapere a sua volta chi sia l'interrogante. Virgilio accenna al suo compito di guidare un vivo per mostrargli tutto l'Inferno e i due, tremanti e stupiti, si volgono a guardare. Poi uno di essi, alla domanda di Dante, dichiara di essere di Arezzo e di esser stato arso vico da Alberto di Siena no perché fosse un alchimista - colpa per la quale si trova in questa bolgia - ma perché non era riuscito a farlo volate, come gli aveva promesso. (Griffolino d'Arezzo)
Di fronte alla sciocca fatuità di Albero, Dante, rivolgendosi a Virgilio, commenta ironicamente la vanità dei Senesi; alle sue parole fa eco immediatamente l'atro dannato che, in tono ironico, accenna ad alcuni esempi di tale vana fatuità, e infine si rivela per Capocchio, alchimista, che in vita aveva conosciuto il poeta.
Capocchio, la maggior parte degli antichi commentari lo dice fiorentino, ma il Buti, il Landino e qualche altro lo fanno nativo di Siena. Quasi tutti si accordano nel riconoscergli prontezza d'ingegno, sottigliezza ed estrosità; Benvenuto racconta che Dante lo sorprese un giorno a dipingere con estrema perizia sulla unghie la passione di Cristo, ma che, vistosi scoperto, cancellò con un colpo di lingua il lungo e paziente lavoro. L'Anonimo fiorentino gli attribuisce una gran capacità di contraffare le persone, sì che "diese nell'ultimo a contrafare i metalli, come egli facea gli uomini". Fu arso a Siena come alchimista il 15 agosto 1293.
Domande da interrogazione
- Qual è il motivo del rimprovero di Virgilio a Dante?
- Chi è Geri del Bello e quale è la sua connessione con Dante?
- Qual è la pena inflitta ai falsatori di metallo nella decima bolgia?
- Chi sono i due dannati che Dante e Virgilio incontrano nella decima bolgia?
- Come reagisce Dante alla vanità dei Senesi?
Virgilio rimprovera dolcemente Dante per essersi soffermato troppo a lungo a guardare lo spettacolo della bolgia, esortandolo a riprendere il cammino poiché ci sono ancora molte cose da vedere.
Geri del Bello era un cugino del padre di Dante, menzionato nella bolgia per la sua morte violenta non ancora vendicata, che provoca il suo sdegno.
I falsatori di metallo sono puniti con malattie che li costringono a grattarsi furiosamente le croste della scabbia, mentre giacciono o strisciano per terra.
I due dannati sono Griffolino d'Arezzo, arso vivo per non aver mantenuto una promessa, e Capocchio, un alchimista noto per la sua prontezza d'ingegno e abilità nel contraffare.
Dante commenta ironicamente la vanità dei Senesi, e il dannato Capocchio risponde con esempi di tale futilità, rivelando la sua identità e il suo passato.