Concetti Chiave
- I due poeti incontrano il Minotauro, simbolo della violenza, che si infuria alla loro vista, permettendo loro di passare al cerchio successivo.
- Virgilio spiega a Dante che la ruina nel cerchio è causata dal terremoto avvenuto alla morte di Cristo, che scosse l'Inferno e creò frane.
- Il Flegetonte è un fiume di sangue bollente dove i violenti contro il prossimo sono immersi, custodito dai centauri armati di saette.
- Chirone, il saggio centauro, nota che Dante è vivo e incarica Nesso di guidare i poeti attraverso il Flegetonte, portando Dante sulla groppa.
- Durante il viaggio lungo il Flegetonte, Nesso indica vari tiranni immersi nel fiume, come Alessandro, Dionisio, Ezzelino e Obizzo d'Este.
Canto XII dell'Inferno I due poeti giungono a quella ruina che porta al cerchio successivo, dal poeta paragonata a uno scoscendimento presso Trento, e vedono disteso sulle rocce il Minotauro che, all'apparire dei due viaggiatori, s'infuria, mordendosi. Le parole sarcastiche di Virgilio lo fanno ancor più imbestialire, e mentre quello saltella goffamente i due poeti passano il varco e scendono al cerchio sottostante.
Il Minotauro simboleggia quella "matta bestialitade" che si è detto identificarsi con la violenza. Custode quindi di tutto il cerchio, come poi Gerione, simbolo della frode, sarà il custode di tutto l'VIII cerchio dei fraudolenti, indipendentemente dal fatto che dei tre gironi del VII, come parte delle 10 bolge dell'VIII, abbaino poi singolarmente i loro custodi.
Dante riprende il cammino pensieroso e Virgilio, che legge nel suo pensiero, spiega la ragione di quella ruina. Egli afferma che essa non esisteva quando era disceso nel basso Inferno la prima volta, scongiurato da Eritone. Alla morte di Cristo tutto l'Inferno tremò così fortemente da sembrar vera la dottrina empedoclea del ritorno degli elementi al caos primigenio. Per quel terremoto qui ed in altre parti dell'Inferno si ebbero frane e scoscendimenti.
Dante allude alla dottrina di Empedocle, che esso stesso conosceva attraverso il ricordo fattone da Aristotele nella Metafisica, che riteneva l'ordine dell'Universo determinato dalla discordia degli elementi, generata dall'odio: venendo a mancare la quale per opera dell'amore, gli elementi si mescolerebbero tra loro generando il caos.
Il Flegetonte e i centauri
Virgilio invita Dante a guardare avanti dove scorre il Flegetonte, fiume di sangue bollente in cui sono immersi i violenti contro il prossimo. Dante guarda e vede sulla riva del fiume correre i centauri armati di saette. Questi si fermano nello scorgere i due poeti scendere dalla ripa scoscesa e incoccano le frecce mentre uno di loro li interpella ordinando di fermarsi. Virgilio lo placa dichiarandosi pronto a dare spiegazioni a Chirone; poi rivolgendosi a Dante gli indica Nesso, il centauro che ha parlato, Chirone e Folo.I centauri sono esseri mezzo uomini e mezzo cavalli che la mitologia antica rappresentava come violenti e rapaci, ben adatti quindi a simboleggiare la cieca cupidigia e l'ira folle. I connotati del Minotauro e dei centauri sono diversi: il primo, prevalentemente bestia, è vera espressione della matta bestialitade, e quindi custode-simbolo di tutto il VII cerchio dei violenti, mentre la natura umana e bestiale dei secondi meglio si adatta al simbolo della violenza contro il prossimo e soprattutto dei tiranni e degli assassini in cui la violenza si unisce nell'intelligenza.
Chirone: figlio di Crono e della ninfa Filira, maestro di Achille, è rappresentato dalla tradizione classica e in particolare nei Fasti ovidiani e nell'Achilleide di Stazio, come un saggio educatore, medico, astronomo e musico, diverso per umanità dagli altri centauri. Anche se Dante non dà a Chirone tutti quei attributi, non fa però, specie sulla scorte di Stazio, una figura meditativa e saggia, dagli atti composti ma decisi, dall'aspetto monumentale e statuario che lo distingue profondamente dai compagni.
Nesso: secondo il mito il centauro Nesso, mentre trasportava sulla groppa Deianira, moglie di Ercole, per farle attraversare il fiume Eveno, si innamorò improvvisamente di lei e tentò di rapirla. Ma Ercole lo ferì mortalmente con la freccia avvelenata del sangue dell'Idra di Lerna. In punto di morte il centauro diede a Deianira la tunica inzuppata del sangue avvelenato, facendole credere che essa aveva il dono di fare innamorare chi la rivestisse. Quando Deianira si accorse che Ercole, innamoratosi di Iole, la trascurava, seguendo il consiglio del centauro, fece indossare al marito la tunica, credendo di riacquistare l'amore; invece Ercole, appena indossatola, divenne pazzo e morì. In tal modo Nesso si vendicò della morte datagli da Ercole.
Virgilio, mentre rinfaccia al centauro la voglia tosta, dà a Dante in segreto la notizia della vendetta del centauro che, in un certo senso, lo nobilita.
Folo: uno dei centauri più violenti, che alle nozze di Ippodamia e di Piritoo, insieme con i compagni, ubriaco, tentò di rapire la sposa e le altre donne dei Lapiti.
Incontro con Chirone
Mentre Virgilio e Dante continuano a scendere, Chirone nota che sotto ai piedi del secondo i sassi si muovono, ciò che non avviene sotto il passo dei morti, e lo fa notare agli altri due centauri. Giunti i due poeti presso Chirone, Virgilio spiega che Dante è vivo ed egli, per volere celeste, lo deve guidare attraverso l'Inferno. Chiede poi a Chirone un centauro che li guidi fino al guado e porti Dante sulla groppa per attraversare il fiume. Chirone incarica Nesso del compito.
Guidati da nesso i due poeti proseguono il viaggio lungo la riva del Flegetonte. Il centauro indica prima i tiranni che sono immersi nel fiume fino al ciglio e nomina Alessandro, Dioniso, Ezzelino e Obizzo d'Este; successivamente altri spiriti che sono immersi fino alla gola; tra questi Nesso addita Guido di Monfort. Poi, a mano a mano che si avanza, diminuisce la profondità del fiume e i dannati sono immersi solo fino al petto, altri solo con i piedi: quivi è il guado e Nesso spiega che dall'altra parte la profondità del fiume cresce via via fino a raggiungere il punto più alto dove sono i tiranni tra i quali ricorda Attila, Pirro e Sesto e i due ladroni Rinieri da Corneto e Rinieri de' Pazzi.
Passato il fiume, Nesso si rivolge e torna indietro.
Alessandro: può essere Alessandro Magno, il Macedone, o Alessandro di Fere in Tessaglia, vissuto nel IV sec. a.C., di cui Dante poteva conoscere l'efferata crudeltà in Valerio Massimo, in Cicerone e nel Tresor di Brunetto Latini, luoghi dove sono citati insieme Alessandro di Fere e Dionisio, come qui.
Dionisio: Dionisio il vecchio, tiranno di Siracusa vissuto nel IV sec. a.C. e considerato dagli antichi come esempio di efferata crudeltà.
Ezzelino: Ezzelino III da Romano, tiranno della Marca Trevigiana dal 1223 al 1259, che la propaganda guelfa dipingeva come crudele e spietato tiranno.
Obizzo d'Este: Obizzo II d'Este, signore di Ferrara e della Marca Anconetana, morto nel 1293 per mano del figlio Azzo VIII, come correva voce. Dante qui vuole evidentemente svelare un particolare segreto della cronaca contemporanea. Questo atto coraggioso di Dante rivela però anche l'avversione nutrita dal poeta per costui, sempre ricordato e designato con parole di biasimo.
Guido di Monfort: figlio di Simone, duca di Leicester. Vicario per la Toscana di Carlo d'Angiò, fu noto per la sua crudeltà. Ma il delitto di cui si fa menzione in questi versi avvenne a Viterbo nel 1272. Per vendicare la morte del padre, ucciso mentre combatteva contro il re d'Inghilterra e il cui cadavere fu trascinato nel fango, uccise in una chiesa di Viterbo durante la messa, Enrico, cugino del re, alla presenza di Filippo III re di Francia e di Carlo d'Angiò. Il delitto rimase impunito ma destò un grande scandalo, di cui l'isolamento di Guido è certamente un'eco. Scomunicato, si rifugiò in Maremma presso il conte Ildebrandino degli Aldobrandeschi, di cui aveva sposato la figlia. Assolto più tardi dalla scomunica, tornò in servizio degli Angiò e, fatto prigioniero nella guerra del Vespro, morì a Messina nel 1291.
Attila: il re degli Unni detto per sua ferocia "flagellum dei".
Achille: feroce uccisore di Priamo e di molti troiani, di cui Dante leggeva le imprese nell'Eneide.
Sesto: figlio di Pompeo, la cui fama di feroce corsaro Dante conosceva da Lucano e da Orosio; per altri, ma meno bene, è Sesto Tarquinio, il Superbo.
Rinieri da Corneto: famoso ladrone e predone di strada della Maremma, contemporaneo del poeta.
Rinieri de' Pazzi: della famiglia dei Pazzi di Valdarno, fu anche lui un famoso ladrone. Nel 1268 fu scomunicato da Clemente IV per aver assalito una comitiva di ecclesiastici, che si recava a Roma, tra cui il vescovo Silvense che fu assassinato e depredato. Nel 1271 gli fu riconfermata la scomunica da Gregorio X e poco dopo venne dichiarato ribelle dal Comune fiorentino; fu escluso anche dalla pace del Cardinal Latino nel 1280.
Domande da interrogazione
- Qual è il significato simbolico del Minotauro nel Canto XII dell'Inferno?
- Come viene descritto il Flegetonte e chi sono i suoi custodi?
- Qual è il ruolo di Chirone nel Canto XII?
- Chi sono alcuni dei tiranni menzionati da Nesso durante il viaggio lungo il Flegetonte?
- Qual è la storia di Nesso e come si vendica di Ercole?
Il Minotauro simboleggia la "matta bestialitade" e la violenza, essendo il custode del VII cerchio dei violenti.
Il Flegetonte è un fiume di sangue bollente in cui sono immersi i violenti contro il prossimo, custodito dai centauri armati di saette.
Chirone, il saggio centauro, nota che Dante è vivo e incarica Nesso di guidare i poeti attraverso il Flegetonte.
Nesso menziona tiranni come Alessandro, Dionisio, Ezzelino, Obizzo d'Este, Attila, Pirro, e Sesto.
Nesso, innamorato di Deianira, tenta di rapirla ma viene ferito da Ercole. In punto di morte, inganna Deianira con una tunica avvelenata che causa la morte di Ercole, vendicandosi così.