Concetti Chiave
- Dante affronta la complessa questione del rapporto tra l'autorità del Papa e quella dell'Imperatore, mettendo in discussione l'idea che l'autorità del Monarca derivi dal vicario di Cristo.
- Viene criticata l'interpretazione errata delle Scritture che afferma una connessione tra potere spirituale e temporale, sostenendo che questi siano rimedi al peccato e non creazioni divine iniziali.
- Dante confuta argomenti comuni che sostengono la superiorità del potere papale sui poteri temporali, come la donazione di Costantino e la metafora delle due spade di Pietro.
- Sostiene che l'autorità imperiale è indipendente dalla Chiesa e direttamente derivata da Dio, dimostrando che l'Impero precede la Chiesa e non è soggetto alla sua influenza.
- Dante conclude che mentre l'Impero e la Chiesa hanno fini distinti, esiste un'armonia tra i due, con l'Imperatore che deve mostrare rispetto verso il Papa, in quanto la felicità terrena è subordinata a quella eterna.
Libro II
1.
Indice
Il rapporto tra Pontefice e Monarca
Non resta che affrontare la terza ed ultima questione, il rapporto tra Pontefice e Monarca, la cui soluzione sarà forse motivo di scandalo, ma, poiché bisogna amare la verità al di sopra di tutto, Dante non si sofferma davanti a nessun ostacolo sociale. Il problema è dunque il seguente: l’autorità del sommo Monarca dipende da Dio o dal suo vicario in terra, il Papa?
2.
Fondamenti logici e conflitti ideologici
Bisogna assumere, come già fatto negli altri libri, un fondamento logico sul quale fondare i propri argomenti e trovare la soluzione al problema. Ora il fondamento è questo: Dio non approva ciò che ostacola l’intenzione della natura, la cui dimostrazione può essere fatta in diversi modi.
3. Dante ricorda che la prima questione è stato risolta per combattere l’ignoranza, più che risolvere un conflitto ideologico, la seconda per eliminare l’ignoranza e il conflitto. Invece la soluzione della terza implica un grande conflitto che diventa motivo d’ignoranza. Agli uomini spesso accade d’essere travolti dalle passioni, di abbandonare la via della ragione, sì che si fa strada non soltanto la falsità, ma anche l’uscire fuori dalla competenza. Alla soluzione di questo problema si oppongono tre persone: il Papa e i suoi seguaci, quelli ottenebrati dalla cupidigia, cristiani solo di nome, e i “decretalisti”, falsi teologi, seguaci dei Decretali, la cui autorità deve essere posposta a quella di Cristo. Dante si rivolge ai veri cristiani che semplicemente ignorano la verità.
4.
Errori nell'interpretazione delle Scritture
Questo capitolo e i seguenti sono rivolti a coloro che, erroneamente, argomentano che il potere temporale derivi da quello spirituale. Dalla Bibbia prendono lo spunto dall’immagine dei due astri (sole e luna = potere spirituale, temporale), ma essi sono in errore. Si può errare in due modi: assumendo un qualcosa di falso, oppure ragionando in modo falso. Riguardo al significato delle Scritture si erra in due modi: cercandolo dove esso non c’è, oppure interpretandolo in modo errato. Si può dunque dimostrare in due modi l’allegoria degli astri. In primo luogo perché, essendo i poteri “accidenti” dell’uomo, Dio avrebbe rovesciato l’ordine creando prima questi (nel quarto giorno) che l’uomo (nel sesto giorno): ciò è assurdo. In secondo luogo, essendo i poteri guide verso fini, se l’uomo fosse rimasto innocente come Dio l’aveva creato, non avrebbe avuto bisogno delle guide: i poteri sono dunque rimedi al peccato. E poiché nel quarto giorno l’uomo non era ancora peccatore, sarebbero stati rimedi inutili.
5. Un altro falso argomento ricavato dalle Scritture è quello dei figli di Giacobbe, Levi e Giuda, allegorie dei poteri. Questo argomento è facilmente confutabile, pur ammettendo la premessa dei significati allegorici, considerando bene la natura del sillogismo.
6. Inoltre, prendendo spunto dal libro dei Re, per quanto attiene all’investitura di re Saul, essi affermano che, come il vicario di Dio, cioè Samuele, ha avuto l’autorità di dare e togliere il potere temporale, così il Papa, vicario di Cristo, può fare lo stesso. La confutazione parte dal presupposto che Samuele non è stato un vicario di Cristo, ma un semplice delegato. Sbagliato è quindi il sillogismo a cui si affidano.
7.
Confutazione degli argomenti errati
Ancora: affermano che i doni regalati dai Magi a Cristo simboleggiano i due poteri e quindi il vicario di Cristo ha potere sulle cose spirituali e temporali allo stesso tempo. Anche in questo caso è errato il sillogismo: il vicario non equivale a Dio, ma è soltanto un’espressione ridotta della potenza divina.
8. Ancora: dal Vangelo argomentano dalle parole di Cristo a Pietro: “Qualunque cosa legherai sulla terra, sarà legata nei cieli”. Da ciò argomentano che il successore di Pietro può sciogliere e legare ogni cosa per concessione di Dio. Attenti a quell’ “ogni cosa” ! Se ciò fosse preso alla lettera, il Papa potrebbe sciogliere un matrimonio, sciogliere i peccati anche senza pentimento etc. Perciò l’espressione non va interpretata in senso assoluto, ma rispetto a qualcosa. Che cosa? Dice Cristo a Pietro: “Ti darò le chiavi del Regno dei Cieli”. Perciò quell’ “ogni cosa” significherà “qualunque cosa riguarderà il tuo ufficio”. Le leggi dell’Impero riguardano l’ufficio papale? No, come sarà dimostrato in seguito.
9. Ancora dal Vangelo; Pietro, in occasione della Pasqua, disse a Cristo: “Ecco due spade”; essi sostengono che queste due spade rappresentano i due poteri, entrambi nelle mani di lui. Ciò è falso, sia perché la risposta non sarebbe adeguata all’intenzione di Cristo, sia perché Pietro era solito rispondere in maniera immediata e irriflessiva (si rilegga il brano dal Vangelo di Luca).
10.
La donazione di Costantino e la giurisdizione
Un altro argomento preso a vessillo della loro teoria è la donazione di Costantino a Papa Silvestro del territorio della Chiesa. Ma Costantino non poteva di diritto fare questo, cioè privarsi di una parte del territorio e donarla ad altri, perché contro le leggi. Inoltre sia la Chiesa che l’Impero hanno i loro fondamenti distinti, né è lecito pretendere l’uno dall’altro. Il fondamento della Chiesa è Cristo, quello dell’Impero è il diritto umano. Inoltre ogni giurisdizione esiste prima del suo giudice: l’Impero è una giurisdizione, dunque è anteriore al suo giudice, l’Imperatore. Perciò egli non può trasferire la sua giurisdizione ad altri, ricevendo da essa la sua stessa esistenza. Inoltre la Chiesa, nata povera, non aveva il diritto di accettare un dono così significativo.
11. Ancora, da Aristotele: tutto quello che appartiene ad una stessa categoria deve essere riferito ad una sola unità: gli uomini, unica categoria, devono essere riferiti ad una sola unità. Anche il Papa e l’Imperatore, essendo uomini, devono sottostare a questa verità. Ma il Papa non può essere riferito ad altri, l’Imperatore deve essere riferito a lui. Ancora una volta è errato il sillogismo: una cosa è essere uomo, un’altra Papa o Imperatore. Quindi, essendo uomini, devono entrambi essere riferiti ad un unico ente, Dio.
12.
L'autorità imperiale e la Chiesa
Dimostrati falsi gli errori, bisogna dimostrare la vera soluzione del problema. Sarà sufficiente dimostrare che l’autorità imperiale dipende semplicemente da Dio. La dimostrazione è che l’autorità della Chiesa è separata da quella dell’Impero, perché l’Impero è precedente ad essa, e non soggetto ad alcuna dipendenza di virtù. Inoltre, se Costantino non avesse avuto autorità, non avrebbe potuto assegnare alla Chiesa quei beni che le ha assegnato, e la Chiesa usufruirebbe ingiustamente di quella donazione.
13. Se la Chiesa avesse la facoltà d’autorità sull’Imperatore, l’avrebbe o da Dio, o da se stessa, o da un Imperatore, o dal consenso di tutti gli uomini. Essa, in verità, non l’ha ricevuta da alcuna di queste vie: non la possiede. Non da Dio, perché non si trova passo nell’Antico Testamento che lo affermi, anzi vi sono luoghi dove si afferma il contrario, né dalla natura, a completo servizio di Dio, né da se stessa perché nulla può dare ciò che non ha. È ovvio e anche fastidioso dimostrare che né l’Imperatore né il popolo abbiano avuto il potere di fare una cosa del genere.
14. Inoltre l’esercizio dell’autorità temporale è contro la natura della Chiesa, quindi non rientra nelle sue facoltà. Infatti la natura della Chiesa è la sua stessa forma, cioè Cristo ed i Suoi insegnamenti. Cristo disse: “Il mio regno non è di questo mondo”. Non osservare questo comandamento è non seguire la forma della Chiesa.
15.
L'autorità dell'Impero e il suo fine
Ancora resta da dimostrare come l’autorità dell’Impero discenda direttamente da Dio. Bisogna considerare che l’uomo è termine medio tra le cose corruttibili e le cose incorruttibili, racchiudendo in se stesso entrambe le nature (corpo e anima), quindi è necessario che partecipi ad entrambe. E poiché ogni natura è ordinata ad un fine, ne consegue che esiste un duplice fine, uno corruttibile e uno incorruttibile, la felicità in questa vita e la felicità nella vita eterna. Alla prima si giunge per mezzo della filosofia, alla seconda per mezzo della teologia. Perciò l’uomo ha anche bisogno di due guide, il Papa per la vita eterna, e l’Imperatore per realizzare la vita terrena. Ma Dio è il solo che ha predisposto questo ordinamento, provvedendo egli stesso a collocare ogni cosa secondo i suoi piani. La soluzione della presente questione non va però fraintesa: l’Imperatore deve essere un po’ subordinato al Papa, così come la felicità terrena è subordinata a quella ultraterrena. Cesare dunque si rivolga a Pietro con quel rispetto che un figlio primogenito deve al padre, affinché, irradiato dalla luce del padre, possa illuminare egli stesso con più efficacia il mondo.
Domande da interrogazione
- Qual è la questione principale affrontata nel rapporto tra Pontefice e Monarca?
- Quali sono i fondamenti logici utilizzati da Dante per risolvere i conflitti ideologici?
- Come Dante confuta gli errori nell'interpretazione delle Scritture riguardo al potere temporale e spirituale?
- Qual è la posizione di Dante sulla donazione di Costantino e la giurisdizione?
- In che modo Dante giustifica l'autorità imperiale come discendente direttamente da Dio?
La questione principale è se l'autorità del sommo Monarca dipenda da Dio o dal suo vicario in terra, il Papa.
Dante utilizza il principio che Dio non approva ciò che ostacola l’intenzione della natura, e che i poteri sono rimedi al peccato, non necessari se l’uomo fosse rimasto innocente.
Dante confuta gli errori dimostrando che i poteri non derivano l'uno dall'altro e che le interpretazioni allegoriche delle Scritture, come quelle dei due astri o delle due spade, sono errate.
Dante sostiene che Costantino non aveva il diritto di donare il territorio alla Chiesa, poiché l'Impero e la Chiesa hanno fondamenti distinti e la Chiesa non aveva il diritto di accettare tale dono.
Dante giustifica l'autorità imperiale come discendente direttamente da Dio, affermando che l'Impero è precedente alla Chiesa e che l'autorità temporale è necessaria per la felicità terrena, mentre quella spirituale è per la felicità eterna.