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Fig. 3: Amplificatore di carica.
In altre parole la carica netta presente in un dato istante ai capi del quarzo é la differenza
Q
tra quella di origine dipolare e quella proveniente dal condensatore di reazione che
kP Q C
0 0
in tal modo si è caricato alla tensione . Poiché, come già detto, i morsetti di
V =Q /C
out 0 0
ingresso dell’operazionale costituiscono un corto circuito virtuale, la tensione e quindi
anche la carica complessiva sul quarzo deve essere nulla da cui segue:
kP C V
= 0 out
Misurando quindi e conoscendo e si risale all’entità della pressione applicata.
V k C P
out 0
Occorre notare che l'amplificatore di carica ora descritto, benché semplice in linea di
principio, é molto delicato e costoso. Basti notare che per avere dei buoni risultati nella
misura, l'impedenza di ingresso dell'amplificatore operazionale (realizzato con transistori
14
MOS) deve essere dell'ordine di almeno 10 ohm. La carica di dipolo indotta dalla
deformazione sul quarzo è infatti generalmente piccola (poche decine di pF) per cui una
perdita di carica anche minima attraverso i morsetti dell’amplificatore falserebbe in modo
intollerabile la misura.
Trasduttori di pressione a membrana di silicio.
Vengono utilizzati per la misura di pressioni di entità moderata e generalmente inferiori a
50 bar. In pratica si sfrutta la variazione dimensionale (lunghezza o sezione) di resistori
diffusi in prossimità dei bordi di una membrana sottile, come mostrato in Fig. 4. La
membrana si ottiene incidendo un blocchetto di Silicio a mezzo di un agente demolitore
opportuno che scava una fossa con pareti inclinate.
Fig. 4: Struttura di un trasduttore di pressione a membrana di Silicio.
2
La disposizione dei corpi resistivi sui bordi della membrana è inoltre tale da dare luogo ad
un aumento di resistenza in due di essi e ad una diminuzione negli altri due. Le quattro
resistenze vengono quindi inserite in un ponte di misura, mostrato in Fig 5.
Fig. 5: Circuito di misura.
L'alimentazione del ponte a corrente costante ha lo scopo di minimizzare l'effetto della
temperatura sulla funzione di trasferimento del circuito di misura. Si ha infatti (vedi Fig. 5):
E
V R
= ∆
out 2 R
in cui il valore della resistenza realizzata nel semiconduttore, è fortemente dipendente
R,
dalla temperatura. Il guadagno del ponte di misura si può però rendere insensibile
E/(2R)
alle variazioni di temperatura stabilizzando il valore della corrente di alimentazione, che
coincide appunto con E/R.
Trasduttori piroelettrici.
L’effetto piroelettrico pur non avendo quelle caratteristiche di linearità che ne permettono
l’impiego nella misura della temperatura, possiede tuttavia il vantaggio di fornire valori di
tensione molto più elevati degli altri trasduttori (termocoppie, termodiodi, ecc.) e di essere
largamente insensibile al tipo di radiazione che provoca l’aumento di temperatura.
I trasduttori piroelettrici possono pertanto essere utilizzati come di una vasta
rivelatori
gamma di sorgenti di radiazione che vanno dal lontano infrarosso, ai raggi X e gamma. Il
materiale più usato è il cristallo di Tantalato di Litio, che ha un punto di Curie a 610 °C in
corrispondenza del quale l’effetto piroelettrico va perduto. La radiazione incidente, di
qualsiasi frequenza essa sia,viene convertita in calore. Il trasduttore piroelettrico è perciò
non selettivo per natura e se tale qualità gli permette di essere utilizzato in un vasto campo
di applicazioni è però necessario utilizzare dei filtri appositi onde restringere il campo di
lunghezze d’onda rivelate.
Il circuito equivalente elettrico del trasduttore piroelettrico è quello mostrato in Fig. 6. Il
generatore di corrente che appare in Fig. 6 è proporzionale alla della
kdT/dt variazione
temperatura (o meglio alla sua derivata). 3
Fig. 6: circuito equivalente di un trasduttore piroelettrico.
Il livello del segnale è molto elevato per cui è possibile collegare direttamente il trasduttore
a un carico, oppure utilizzare un amplificatore operazionale, come indicato in Fig. 5.
Fig. 7: Connessioni del trasduttore piroelettrico.
Nel caso in cui si usi un semplice resistore (fig. 7-a), la tensione in uscita non rispecchia
esattamente la corrente kdT/dt generata dal trasduttore, dato che il condensatore presente
ne assorbe una porzione sottraendola al resistore R. Invece nel caso di fig. 7-b la tensione in
uscita è esattamente proporzionale a quella generata dal trasduttore. Va notato infine che se
al posto di R in fig. 7-b si usa un condensatore, la tensione in uscita è proporzionale al
valore della temperatura stessa. In pratica però quest’ultimo circuito non si usa in quanto è
troppo esposto agli errori dovuti alle correnti non nulle che fluiscono nei morsetti di
ingresso dell’amplificatore operazionale.
Misure di temperatura
I trasduttori di temperatura più comunemente usati sono le resistenze di platino, le
termocoppie e i termistori. Tuttavia sia le termocoppie che presentano livelli di tensione
piuttosto bassi e necessitano di procedimenti di compensazione dispendiosi, sia i termistori
che sono non lineari, presentano difficoltà nelle applicazioni pratiche. Si sono perciò
affermate tecniche di misura di temperatura basate sul termodiodo e precisamente sulla
giunzione base-emettitore di una coppia di transistori bipolari. Si considerino allora due
e Q supposti alla medesima temperatura e con l’emettitore posto in comune.
transistori Q 1 2 e le rispettive correnti di collettore e facendo l’ipotesi che valga la
Indicando con I
I
E1 E2
relazione approssimata: 4
qV B
kT
I I e
≈
E SAT
valida per elevate correnti, si ha:
I I
kT E 1 SAT 2
V V ln( )
− ≈
B 1 B 2 q I I
E 2 SAT 1
Se allora si riesce, mediante un artificio qualsiasi, a mantenere costante il termine entro
logaritmo, la differenza di tensione misurata tra le due basi si può utilizzare direttamente
per la misura della temperatura assoluta dell’ambiente in cui è posta la coppia di
transistori. Il circuito utilizzato a tale scopo è riportato in Fig. 8.
Fig. 8: Circuito per la misura della temperatura assoluta.
L’amplificatore operazionale crea un corto circuito virtuale sui morsetti di ingresso
imponendo così l’eguaglianza delle tensioni ai capi delle due resistenze R ed R da cui
1 2
segue la relazione:
α α
R I R I
=
1 1 E 1 2 2 E 2
Assumendo e segue:
= I = I
α α
1 2 SAT1 SAT2
R
kT 2
V V ln( )
− ≈
B
1 B 2 q R
1
La tensione di uscita è misurata ai capi della serie di resistenze e e risulta quindi
26R, R 23R
essere volte la differenza di potenziale V – V tra le basi. Se si usa un rapporto
50 R /R =
B1 B2 2 1
si ottiene una sensibilità di circa per grado Kelvin. Ovviamente è possibile
10 0.2mV
introdurre delle modifiche circuitali in modo che la tensione in uscita sia proporzionale alla
scala Celsius o alla scala Fahrenheit.
(0°C=273°K)
Misure di deformazione
In taluni manufatti é importante effettuare una misura delle deformazioni subite in certi
punti durante le prove di collaudo o anche durante il normale funzionamento. Esempi
tipici sono le travature di ponti metallici, i serbatoi in pressione, le pale delle turbine
5
idrauliche, le bielle dei motori a scoppio, le ali degli aerei e in generale tutti quei dispositivi
meccanici che a lungo andare possono incorrere in una rottura causata dalla eccessiva
dilatazione o compressione subite.
La misura di tali variazioni si fa in genere a mezzo di trasduttori estensimetrici (strain
gauge) costituiti da una resistenza metallica depositata su di un supporto elastico di resina
epossidica. Due esempi di forme utilizzate sono riportate in Fig. 9 e hanno lo scopo di
misurare l'entità di allungamenti, compressioni e torsioni.
Fig 9: Esempi di estensimetri.
Il trasduttore viene incollato sul punto da controllare ed inserito in un ponte di misura
alimentato con corrente alternata di frequenza opportuna come mostrato in fig. 10.
L’impiego dell’alimentazione in alternata permette di eliminare gli effetti di eventuali
componenti continue parassite dovute a contatti difettosi ecc. Va notato che per
minimizzare l'effetto di variazione dovuto alla temperatura gli estensimetri vanno sempre
montati in coppia (estensimetro di misura + estensimetro di bilanciamento) in modo che
essi si trovino l'uno in prossimità dell'altro e quindi alla stessa temperatura. Naturalmente
l'estensimetro di bilanciamento deve essere montato in un punto non sottoposto a
sollecitazione meccanica. Fig. 10: Ponte di misura per estensimetri.
Accelerometri
Un tipico esempio di impiego delle tecniche di realizzazione di microstrutture su Silicio è
l'accelerometro assiale miniaturizzato mostrato in Fig. 11. Come si vede una massa centrale
è sospesa a quattro barrette sottili laterali in cui vengono diffusi delle piezogiunzioni. Lo
6
spessore tipico delle barre di sospensione è 10 micron mentre il lato della massa sospesa è
dell'ordine di 2000 micron e il suo peso di 4 milligrammi.
Fig. 11: Vista tridimensionale della struttura meccanica di un accelerometro
interamenterealizzato su Silicio.
Il supporto esterno viene collegato rigidamente all’oggetto di cui si vuole misurare
l’accelerazione istantanea mentre la massa centrale è libera di oscillare.
quella della massa sospesa,
Detta allora y la posizione verticale del supporto e y m
quest’ultima è soggetta ad una forza di richiamo pari a k(y – y), dove k è un coefficiente
m
dipendente dalla rigidità della barrette di sospensione, che equilibra la sua inerzia e cioè:
( )
k y y m
y
− = ɺ
ɺ
m m
Supponendo allora che k sia molto grande (barrette di sospensione molto rigide) si deve
supporre che sia (y – y) 0 ossia y y. Ammettendo che tale relazione approssimata
≅ ≅
m m
valga anche per le derivate prima e seconda si ha:
k ( )
y y
y y
≅ = −
ɺ
ɺ ɺ
ɺ
m m
m
In altre parole per misurare la accelerazione istantanea basta misurare l’entità dello
spostamento (y – y) ovvero la deformazione delle barrette di sostegno. A tale scopo si
m
diffondono dei resistori nelle barrette di sostegno e gli si inserisce poi in un ponte di misura
opportuno. Anche qui, come nel caso della misura della pressione i corpi resistivi debbono
essere posti in due posizioni diverse (vedi ad esempio fig. 5) allo lo scopo di favorire i
segnali derivanti da un moto della massa sospesa in direzione assiale, eliminando invece gli
effetti dovuti ad altri possibili movimenti.
Trasduttori di posizione
Quando si vuol spostare un dispositivo qualsiasi, per esempio il braccio mobile di un robot
o la piattaforma mobile di una macchina utensile si deve porre un trasduttore rotativo o
lineare, direttamente su di esso. Esiste quindi una grande varietà di dispositivi che
codificano lo spostamento sotto forma di una grandezza elettrica. Qui se ne descrivono solo
alcuni tra i più diffusi. 7
Il trasduttore lineare a trasformatore differenziale (LDVT)
Uno dei dispositivi più diffusi, anche in virtù della sua semplicità ed economicità, è il
cosidetto trasduttore lineare a trasformatore differenziale (LDVT) la cui struttura
realizzativa e lo schema equivalente sono riportati in Fig. 12.
Fig. 12: Struttura di un LDVT.
Come si vede, esso è costituito da un nucleo mobile che accoppia magneticamente due
secondari eguali ad un unico primario. Quando il nucleo si trova in posizione centrale le
tensioni indotte sono eguali e quindi la loro differenza è zero. Quando invece il nucleo si
sposta verso uno dei due secondari ne innalza la tensione a scapito dell’altro secondario per
cui la somma algebrica delle tensioni cresce con lo spostamento.
Fig.13: Tensioni raddrizzate proporzionali allo spostamento.
Normalmente si alimenta il primario a frequenza dell’ordine del e si raddrizza la
kHz
tensione differenza, ottenendo così le tensioni in uscita mostrate in Fig. 13. Come si vede il
dispositivo in questione ha un campo di utilizzo abbastanza limitato dato che per forti
spostamenti la sua caratteristica si incurva allontanandosi dalla linearità.
Trasduttori di posizione incrementali.
Si tratta di una classe particolare di dispositivi che codificano lo spostamento (angolare o