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SL)
5- Il requisito della sottoscrizione di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva,
che costituisce la condizione necessaria e sufficiente per nominare Rsa ai sensi dell'art. 19 SL a
seguito della parziale abrogazione disposta dal DPR 28/7/95 n. 312 in esito alla consultazione
referendaria dell'11/6/95, è integrato solo nell'ipotesi in cui tale sottoscrizione costituisca il
momento terminale di una partecipazione effettiva alle trattative sindacali (nella fattispecie è
stato escluso che il requisito in questione ricorresse nei confronti del sindacato che si era
limitato a proporre di aderire a un contratto sottoscritto da altre organizzazioni) (Pret. Milano
29/1/96, est. Negri della Torre, in D&L 1996, 377)
6- Per configurare l'ipotesi di contratti collettivi, alla stipulazione dei quali l'art. 19 SL
subordina la facoltà di costituire Rsa, è necessario e al contempo sufficiente che l'accordo si
riferisca alla generalità dei lavoratori appartenenti all'unità produttiva, persegua l'obiettivo di
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regolamentare le relazioni di lavoro all'interno dell'azienda e non attenga ad aspetti del tutto
marginali del rapporto di lavoro o della vita aziendale, potendo in questo senso rilevare anche
un accordo esclusivamente obbligatorio (Pret. Monza 5/1/96, est. Dani, in D&L 1996, 368)
Lavoro del familiare
Nell’ambito dei lavori familiari vige la presunzione semplice di gratuità.
Lavoro ripartito
Il decreto 275 del 2003 mutua dall’ordinamento statunitense il lavoro ripartito, che prima di
tale decreto in Italia aveva ricevuto considerazione solo dalla circolare del Ministero del lavoro
n. 43 del 1998, che ne ammetteva la legittimità e ne indicava le peculiarità: il lavoratore ha la
possibilità di gestire il proprio tempo più liberamente , il datore di lavoro è coperto dal rischio
di assenza del prestatore attraverso la sostituzione dell’altro.
Il contratto di lavoro ripartito era definito dalla circolare come un contratto atipico mediante il
quale più lavoratori assumessero in solido l’adempimento di un’unica obbligazione lavorativa.
Se ne richiedeva la forma scritta. La retribuzione andava corrisposta a ciascun lavoratore in
proporzione alla quantità di lavoro effettivamente prestato. Non andava confuso col lavoro part
time perché ogni lavoratore rispondeva in solido per l’intero adempimento della prestazione
dedotta in contratto.
Il decreto del 2003 definisce il lavoro ripartito come uno speciale contratto di lavoro mediante
il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica e identica obbligazione
lavorativa e sono tenuti personalmente e direttamente, tranne che intervenga tra le parti una
diversa intesa, all’esecuzione dell’intera prestazione. Tuttavia i lavoratori possono concordare
discrezionalmente sostituzioni tra di loro; ma non da terzi.
È richiesta la forma scritta ai fini della prova.
Le dimissioni e il licenziamento di uno dei lavoratori determinano l’estinzione dell’intero
rapporto, ma il decreto dispone che il contratto di lavoro ripartito si converta in normale
contratto di lavoro subordinato quando l’altro lavoratore manifesti, a richiesta del datore di
lavoro, la disponibilità ad adempiere l’obbligazione lavorativa integralmente o parzialmente.
Ai fini delle prestazioni previdenziali i lavoratori contitolari del contratto di lavoro vengono
assimilati ai lavoratori a tempo parziale.
Rapporto di scambio nel lavoro subordinato
Il lavoro subordinato consiste nell’attività compiuta sulla base di un’obbligazione
contrattualmente assunta, in vista di ricavare una retribuzione, da un soggetto, il lavoratore,
nell’interesse e sotto l’autorità di un altro soggetto, il datore di lavoro, dal quale il primo
dipende non soltanto economicamente ma anche giuridicamente, per il potere che il datore
esercita, dettando le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. La formazione
professionale si combina con lo scambio tra lavoro e retribuzione nel contratto di apprendistato
e nel contratto di formazione e lavoro.
il lavoro socialmente utile.
Si colloca fuori dallo schema causale del lavoro subordinato in quanto manca lo scambio tra
lavoro e retribuzione e rileva piuttosto una funzione assistenziale, che riconduce tali attività,
anziché all’art. 36, all’art. 38 Cost.
Prescrizione obbligatoria crediti retributivi del lavoratore
Il termine di prescrizione dei crediti retributivi relativi ad un rapporto di lavoro con la P.A., per
tutte le pretese riconosciute ai pubblici dipendenti che hanno natura retributiva, è
quinquennale e decorre in costanza del rapporto stesso, anche se questo abbia carattere
provvisorio o temporaneo, in quanto non è sostenibile, per la natura del rapporto, che il
dipendente pubblico possa essere esposto a "possibili ritorsioni e rappresaglie" quando egli
tuteli in via giudiziale i propri diritti ed interessi. Così ha stabilito il Consiglio di Stato, sezione
V, in numerose sentenze depositate il 3 aprile 2007(nn. 1486, 1487, 1488, 1489, 1490, 1491,
1492, 1493, 1494, 1495, 1496, 1497, 1498, 1499, 1500, 1501, 1502, 1503, 1504) tra cui
quella in esame, la n. 1486, che hanno visto coinvolte delle insegnanti supplenti di una scuola
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materna comunale, le quali hanno impugnato la decisione del giudice di primo grado, che
aveva riconosciuto i crediti maturati a titolo di indennità sostitutiva per ferie maturate e non
fruite, indennità di tempo potenziato, tredicesima mensilità, trattamento di fine rapporto,
astensione obbligatoria e/o facoltativa dal lavoro, ma ne aveva fatto decorrere la prescrizione
in costanza di rapporto di lavoro, dichiarandone la sussistenza della prescrizione quinquennale
dei crediti maturati per l’indennità sostitutiva per ferie maturate e non fruite e indennità di
tempo potenziato. Il Collegio, richiamando un costante indirizzo giurisprudenziale(C.d.S. sez.
V, 17 febbraio 2004 n. 601; C.d.S. sez. V, 10 novembre 1992 n. 1243; C.d.S. sez. VI, 31 luglio
2003 4417; C.d.S. sez. VI, 16 novembre 2000 n. 6140), ha affermato che “la prescrizione dei
crediti retributivi relativi ad un rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione decorre in
costanza del rapporto stesso "sebbene questo abbia carattere provvisorio o temporaneo", in
quanto non è sostenibile, per la natura del rapporto, che il dipendente pubblico possa essere
esposto a "possibili ritorsioni e rappresaglie" quando egli tuteli in via giudiziale i propri diritti ed
interessi”. Inoltre, secondo un altro indirizzo (C.d.S. sez. VI, n. 8 del 2001), "il datore di lavoro
pubblico, in quanto istituzionalmente vincolato alle regole sulla discrezionalità amministrativa
ed ai principi costituzionali di buon andamento e imparzialità, è in condizione di operare una
pressione ridotta rispetto ai propri dipendenti, anche su quelli a tempo". I giudici di Palazzo
Spada ricordano a sostegno della loro tesi che anche la Corte Costituzionale dichiarando, con
sentenza 10 giugno 1966, n. 63, l’incostituzionalità del comma primo, punto 4, dell’art. 2948
c.c. nella parte in cui consente che la prescrizione decorra in costanza di rapporto di lavoro, ha
poi specificato, con sentenza 21 maggio 1975, n. 115, che l’illegittimità riguarda i soli rapporti
di lavoro privato non stabili e non anche quelli di pubblico impiego. Nello specifico, il Consiglio
di stato ha stabilito altresì che il regime prescrizionale quinquennale, di cui all’ art. 2948 c.c., è
riferibile, anche all’indennità per ferie non godute e l’indennità di tempo potenziato. La prima,
in quanto trovando ragione nella violazione dell’art. 36 Cost., per il quale il lavoratore ha
"diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro", il relativo
compenso ha natura retributiva perché nel rapporto sinallagmatico è il corrispettivo di una
prestazione lavorativa aggiuntiva (rispetto a quella ordinariamente dovuta). La seconda,
indennità c.d. di tempo potenziato, riconosciuta ai docenti delle scuole materne comunali
dall’art. 45, sesto comma, del D.P.R. 3 agosto 1990, n. 333, a compensazione della
prestazione lavorativa aggiuntiva di cinque ore settimanali dell'orario di lavoro introdotta dall'
art. 41, primo comma, del medesimo decreto, in quanto nel rapporto sinallagmatico “è il
corrispettivo, di natura retributiva, della richiesta contrattuale di una maggiore prestazione
lavorativa oraria”.
Obblighi prodromici allo svolgimento dello sciopero nei pubblici Servizi essenziali
La legge considera essenziali i servizi volti a consentire all’utente il godimento dei diritti della
persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà e alla sicurezza, alla
libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di
comunicazione.
Scopo dichiarato della legge è quello di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il
godimento dei diritti della persona. Per raggiungere tale scopo il legislatore ha previsto una
serie di adempimenti obbligatori prodromici (procedure di raffreddamento e conciliazione tra le
parti sociali; preavviso di almeno dieci giorni; comunicazione scritta circa la durata, le
motivazioni e le modalità di attuazione) e l’obbligo di garantire all’utenze l’erogazione delle
prestazioni ritenute indispensabili per assicurare l’effettività dei diritti della persona (le
prestazioni minime da garantire devono essere contenute in misura non eccedente il 50% delle
prestazioni normalmente erogate e riguardante quote strettamente necessarie di personale
non superiore ad un terzo del personale).
la libertà sindacale
Il periodo corporativo dell'evoluzione del diritto sindacale coincide col ventennio fascista. La
libertà sindacale, cioè la libertà dei lavoratori di organizzarsi in forma collettiva nel modo
ritenuto più opportuno fu negata ed i lavoratori furono rappresentati per legge dai sindacati
istituiti dal regime. L'assetto corporativo viene cancellato formalmente nel 1944, un anno dopo
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la fine del fascismo, e definitivamente rinnegato con l'entrata in vigore della Costituzione della
Repubblica italiana nel 1949. Gli articoli che disciplinano la materia sono gli art.39 e 40. Mentre
il secondo riconosce il diritto di sciopero, il primo getta le basi essenziali e fondamentali
dell'attuale diritto sindacale e quindi di tutto il diritto del lavoro, perché introduce il principio
fondamentale di libertà sindacale: "l'organizzazione sindacale è libera", recita il primo comma