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MONTESQUIEU
LO SPIRITO DELLE LEGGI
LIBRO PRIMO
SULLE LEGGI IN GENERALE
CAPITOLO III
Sulle leggi positive
La legge, in generale, è la ragione umana in quanto governa tutti i popoli della terra; e le leggi politiche e
civili di ogni nazione non devono essere altro che i casi particolari in cui questa ragione umana si applica.
Esse devono essere talmente adatte al popolo per il quale sono fatte che è un caso assai raro che quelle di una
nazione possano convenire a un’altra.
Occorre che esse si rapportino con la natura e con il principio del governo istituito o che si vuole istituire, sia
che lo formino, come fanno le leggi politiche, sia che lo conservino, come fanno le leggi civili.
Queste leggi devono essere in relazione con le caratteristiche fisiche del paese; col suo clima gelido, ardente
o temperato; con la qualità del terreno, con la sua posizione, con la sua estensione; col genere di vita dei
popoli, siano essi coltivatori, cacciatori o pastori; devono rapportarsi al grado di libertà che la costituzione
può consentire; alla religione degli abitanti, alle loro inclinazioni, alla loro ricchezza, al loro numero, ai loro
commerci, ai loro costumi, alle loro maniere. Infine, esse hanno rapporti fra loro; ne hanno con la loro
origine, col fine del legislatore, con l’ordine delle cose sulle quali esse sono stabilite. È dunque necessario
che vengano considerate sotto tutti questi punti di vista.
È appunto ciò che mi accingo a fare in quest’opera. Esaminerò tutti questi rapporti: essi, nel loro insieme,
formano ciò che viene chiamato lo spirito delle leggi.
LIBRO UNDICESIMO
SULLE LEGGI CHE FORMANO LA LIBERTÀ POLITICA NEL SUO
RAPPORTO CON LA COSTITUZIONE !
CAPITOLO IV
Continuazione dello stesso argomento
La democrazia e l’aristocrazia non sono Stati liberi per loro natura. La libertà politica non si trova che nei
governi moderati. Tuttavia non sempre è negli Stati moderati: vi è soltanto quando non si abusa del potere;
un’esperienza eterna che ogni uomo, avendo in mano il potere, sia portato
ma è
ad abusarne; va avanti fino a quando non trova limiti. Chi lo direbbe! La virtù stessa ha bisogno di limiti.
Perché non si possa abusare del potere, bisogna che, per la disposizione delle cose, il potere arresti il potere.
Una costituzione può esser tale che nessuno sia costretto a fare le cose alle quali la legge non lo obbliga, e a
non fare quelle che la legge gli permette.
CAPITOLO V
Sul fine dei diversi Stati
Vi è anche una nazione al mondo che ha per scopo diretto della propria costituzione la libertà politica.
Esamineremo i princìpi sui quali essa la fonda. Se sono buoni, la libertà vi apparirà come in uno specchio.
Per scoprire la libertà politica nella costituzione, non occorre un grande sforzo. Se si può vederla dove essa è,
se la si è trovata, perché cercarla?
CAPITOLO VI
Sulla costituzione dell’Inghilterra 55
Esistono in ogni Stato tre tipi di poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo delle cose che dipendono dal
diritto delle genti, e il potere esecutivo di quelle che dipendono dal diritto civile.
In base al primo di questi poteri, il principe, o il magistrato, fa leggi per sempre o per qualche tempo, e
corregge o abroga quelle esistenti.
In base al secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le
invasioni.
In base al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati. Quest’ultimo potere sarà chiamato il potere
giudiziario, e l’altro semplicemente potere esecutivo dello Stato. spirito che proviene dall’opinione che
La libertà politica, in un cittadino, consiste in quella tranquillità di
ciascuno ha della propria sicurezza; e, perché questa libertà esista, bisogna che il governo sia tale che un
cittadino non possa temere un cittadino.
Quando nella stessa persona, o nello stesso corpo di magistratura, il potere legislativo è unito al potere
esecutivo, non vi è libertà, perché si può temere che lo stesso monarca, o lo stesso senato, facciano leggi
tiranniche per eseguirle tirannicamente. Non vi è nemmeno libertà se il potere giudiziario non è separato dal
potere legislativo e dall’esecutivo.
Nella maggior parte dei regni dell’Europa il governo è moderato, perché il principe, che detiene i due primi
poteri, lascia ai suoi sudditi l’esercizio del terzo. Presso i Turchi, dove questi tre poteri sono riuniti nella
persona del sultano, regna uno spaventoso dispotismo. Nelle repubbliche italiane, dove questi tre poteri sono
riuniti, la libertà si trova in misura minore che nelle nostre monarchie.
non dev’essere attribuito a un senato permanente, ma dev’essere esercitato da persone
Il potere giudiziario determinati periodi dell’anno, secondo
tratte dal seno del popolo, in la maniera prescritta dalla legge, per
formare un tribunale che resti in carica solo per il periodo che la necessità richiede.
In questo modo il potere giudiziario, così terribile tra gli uomini, non essendo legato né a una determinata
condizione, né a una determinata professione, diventa, per così dire, invisibile e nullo. Non si hanno
continuamente dei giudici davanti agli occhi; e si teme la magistratura, non già i magistrati.
Ma, se i tribunali non devono essere fissi, i giudizi devono esserlo a tal punto da non essere altro che un testo
un’opinione particolare del giudice, si vivrebbe nella società senza sapere
preciso della legge. Se fossero
esattamente gli impegni che vi si contraggono. Bisogna altresì che i giudici siano della stessa condizione
dell’accusato, o suoi pari, affinché questi non possa mettersi in testa di essere caduto nelle mani di persone
inclini a fargli violenza.
Poiché in uno Stato libero ogni uomo, che si suppone abbia uno spirito libero, deve governarsi da sé,
bisognerebbe che il corpo del popolo avesse il potere legislativo; ma, siccome ciò è impossibile nei grandi
Stati, ed è soggetto a molti inconvenienti nei piccoli, bisogna che il popolo faccia per mezzo dei suoi
rappresentanti tutto ciò che non può fare da sé. Si conoscono molto meglio i bisogni della propria città che
quelli delle altre città, e si giudica meglio la capacità dei propri vicini che quella degli altri compatrioti. Non
bisogna dunque che i membri del corpo legislativo siano tratti in generale dal corpo della nazione, ma
conviene che, in ciascun luogo importante, gli abitanti si scelgano un rappresentante. Il grande vantaggio di
avere dei rappresentanti è che essi sono capaci di discutere gli affari. Il popolo non ne è affatto in grado, e
questo costituisce uno dei grandi inconvenienti della democrazia.
Tutti i cittadini, nei diversi distretti, devono avere il diritto di dare il loro voto per scegliere il rappresentante,
eccetto quelli che si trovano in una così bassa condizione da essere reputati privi di volontà propria.
Esistono sempre, in uno Stato, persone illustri per nascita, ricchezza od onori; ma se venissero confuse tra il
popolo, e non avessero che una voce come quella degli altri, la libertà comune sarebbe la loro schiavitù, e
non avrebbero alcun interesse a difenderla, perché la maggior parte delle
risoluzioni sarebbe contro di loro. La parte che essi hanno nella legislazione deve dunque essere
proporzionata agli altri vantaggi di cui essi godono nello Stato: ciò accadrà se formeranno un corpo che avrà
il diritto di arrestare le iniziative del popolo, come il popolo ha il diritto di arrestare le loro. Perciò il potere
che sarà scelto per rappresentare il popolo; sia l’uno
legislativo verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo
sia l’altro avranno le proprie riunioni e le proprie deliberazioni separatamente, e punti di vista e
interessi indipendenti. 56
Dei tre poteri di cui abbiamo parlato, quello giudiziario è in certo senso nullo. Non ne restano che due, e,
siccome hanno bisogno di un potere regolatore che li moderi, la parte del corpo legislativo composta di
nobili è adattissima a produrre questo effetto.
Il potere esecutivo deve essere nelle mani di un monarca, perché questa parte del governo, che ha quasi
sempre bisogno di un’azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi; mentre ciò che
dipende dal potere legislativo è spesso ordinato meglio da parecchi che da uno solo.
Potrebbe accadere che la legge, la quale è allo stesso tempo chiaroveggente e cieca, fosse, in certi casi,
troppo severa. Ma i giudici della nazione sono soltanto, come abbiamo detto, la bocca che pronuncia
le parole della legge, esseri inanimati che non ne possono moderare né la forza né il rigore.
Voltaire
François-Marie Arouet, figlio di giuristi, è indirizzato fin da subito allo studio del
diritto, ma ne è nauseato. Viaggia in Inghilterra e scrive le Lettere inglesi. La sua
opera maggiore è il Dizionario Filosofico (1764). Successivamente cerca di tornare in
Francia, ma non è ben voluto, quindi va in Prussia. Inizialmente ha un buon rapporto
con Giuseppe II, ma successivamente peggiora e Voltaire sarà costretto ad andare in
Svizzera, dove litigherà con i ginevrini. Infine si trasferisce a Losanna, e acquista due
castelli.
È un grande scrittore ironico e satirico. Si rivolge al pubblico. Si schiera fortemente a
favore della libertà, lotta in particolare per la libertà religiosa. Sono celebri tre suoi
interventi in casi giudiziari degli anni ’60: Calas, Sirvenne e De la Barre.
1. Caso Calas. 1761-62. Jean Calas è un commerciante ugonotto di Tolosa, suo
figlio viene trovato morto impiccato in casa. Tutti sapevano che il figlio voleva
diventare cattolico e quindi si pensa sia stato il padre ad ucciderlo per motivi
religiosi. La Corte cittadina condanna a morte tutta la famiglia Calas.
In appello al parlamento di Tolosa, la sentenza è di condanna a morte per
Jean Calas con il supplizio della ruota. Voltaire scrive per Jean Calas il Trattato
sulla tolleranza. L’uomo morirà dopo la tortura della ruota, ma Voltaire
ottiene la revisione del processo e la riabilitazione del nome.
2. Caso Sirvenne. Si tratta di un notaio calvinista, che ha una figlia, E. Un giorno
E. viene trovata morta in un pozzo. Era stata in precedenza affidata ad un
convento delle donne nere (cattoliche), dove veniva maltrattata. Il padre
rivoleva indietro la figlia, ma le suore si opposero accusandolo a loro volta di
maltrattamenti. Il tribunale ordinò di lasciar libera E., che tornò nel convento.
Viene quindi trovata morta. Il tribunale condanna a morte Sirvenne, che
fugge e tro