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La ricerca didattica è incentrata su diverse tematiche come: gli
orientamenti e gli obiettivi, nazionali e internazionali, riguardati le
normative scolastiche; le strategia didattiche rinvenibili nei piani di
insegnamento e nelle diverse metodologie utilizzate; le problematiche
legate ai ruoli rivestiti dalle diverse figura impegnate nel processo
educativo(alunni,docenti,genitori); gli aspetti attinenti il controllo dei
processi di apprendimento e di insegnamento come le azioni di
monitoraggio e di valutazione.
La ricerca didattica può riferirsi ad un contesto ridotto come può essere
una classe e in questo caso si parla di micro didattica. Quando un
fenomeno viene studiato e osservato sulle qualità e quantità globali si parla
di macro didattica. In questo caso la ricerca si concentra sugli elementi
primari del sistema istruzione.
Il campo di indagine di tale ricerche sono finalizzate a verificare: come le
variazioni nelle modalità didattiche di verifica e di valutazione possono
incidere sui risultati di singoli o di gruppi; come variazioni nelle
organizzazione delle scuole delle classi e delle organizzazioni locali
possano incidere sull’apprendimento;come variazioni strutturali(cioè di
modifica dei curricoli, delle modalità di esame, del sistema dei crediti)
possono incidere sul singolo o sul gruppo di discenti.
Una delle difficoltà più frequenti incontrate nella ricerca didattica è dovuta
alla incapacità di far venir fuori la situazione problematica dal marasma
della complessità delle situazioni educative. Una volta individuato lo
spazio del problema bisogna definire le ipotesi e l’itinerario da percorrere,
considerando le tappe intermedie e finali per raggiungere le soluzioni e i
metodi da adottare, nonché i criteri di verifica delle soluzioni.
Un altro tema della ricerca è quello di fornire al personale docente,
conoscenze e competenze relativamente alla ricerca didattica e non solo
alla pratica educativa in senso stretto. Si impone la necessità di fare scuola
come ricerca perché la complessità della società, nazionale e
internazionale, impone la necessità di assumere continuamente decisioni,
di compiere valutazioni preventive in itinere e finali dei progetti formativi,
di sottoporle a continuo monitoraggio che richiede competenze che vanno
oltre la semplice conoscenza disciplinare.
1.2) Le “infanzie” nel dibattito internazionale Per tutto il Novecento le
scienze pedagogiche e le scienze dell’educazione si sono interessate
dell’infanzia, con l’elaborazione di numerose teorie pedagogiche e
numerosi interventi didattici. La cornice teorica di riferimento è
l’attivismo di tipo naturalistico. Il movimento delle scuole nuove e
l’educazione attiva vengono considerati i due principali fenomeni da
cui ha origine la pedagogia contemporanea. I caratteri principali
dell’attivismo (cui si ispira la progettazione educativa
contemporanea) sono: -il puerocentrismo, ovvero privilegiare le
esigenze del bambino nel processo educativo; -partecipazione attiva
del bambino all’esperienza educativa; -ruolo fondamentale degli
interessi del bambino; -centralità dei processi di socializzazione;
-valore e impegno sociale della scuola.
Infatti uno dei principali impegni dell’attivismo di Dewey è quello di
costruire comunità scolastiche finalizzate a realizzare esperienze
significative di natura democratica.
Il XIX secolo è stato caratterizzato da una sorta di tendenza all’adultismo,
che ha condotto a trascurare la necessità di prendere spunto dal mondo del
bambino. Anche la riflessione e la progettazione dei meso e macrosistemi
(rappresentati dalla famiglia e dalla scuola) ha posto in ombra il bambino
enfatizzando il diritto degli adulti.
La storia dell’infanzia è riconducibile ad adulti che raccontano l’infanzia
ed è così molto più difficile ritrovare tracce documentali di storia dei
bambini e delle bambine. Nell’Ottocento si rinviene una doppia
discriminazione: di classe e di genere. Infatti le bambine venivano educate
all’obbedienza e alla sottomissione ma non venivano istruite.
Negli anni novanta si sviluppa il costruttivismo per il quale deve essere
l’allievo a costruire e padroneggiare i propri apprendimenti. Gli scenari
educativi stimolano la curiosità, lo spirito di ricerca, il confronto e
l’autonomia di pensiero.
Infine c’è una condivisione generale(nella letteratura degli ultimi decenni):
le modalità attraverso le quali le rappresentazioni mentali vengono
trasmesse sono regolate dall’ambiente culturale e dalle azioni educative.
Così in questa direzione assume importanza particolare la funzione della
parola. Nel tempo ha preso sempre più spazio la prospettiva universalista
che indica alcune categorie della realtà di carattere universale,
successivamente estesa da Gardner a tutti gli ambiti di sviluppo e di
crescita dell’individuo(ambito emotivo, morale, estetico).
Inoltre secondo Gardner nel passato ruoli e valori hanno avuto una
evoluzione molto lenta, oggi si trasformano da una generazione all’altra
creando molti problemi alle istituzioni educative. Perciò per l’autore
bisogna radicare l’educazione in due prospettive: l’atemporalità cioè non
tenendo conto del tempo, in quanto la società è complessa e in continua
evoluzione e considerare le esigenze e le sfide del mondo attuale.
Inoltre si pone il problema della de-contestualizzazione
dell’apprendimento, in quanto spesso l’istruzione viene trasmessa a scuola
in modo formale e quindi lontana dal contesto in cui gli apprendimenti
dovranno essere utilizzati. Si configura oggi l’esigenza di un’educazione
continua, permanente, che abbia lo scopo di formare individui capaci di
comprendere, affrontare e migliorare il mondo in cui vivono. Tutto ciò
attraverso l’interessa verso le principali tendenze sociali, culturali e
personali dell’era moderna: i mezzi di comunicazione di massa, che sono
l’agenzia educativa dominante; l’ecologia, l’intercultura e le pari
opportunità, che rappresentano le esigenze educative moderne.
Tutto ciò deve essere contornato dalle fondamenta della progettazione
curricolare: - valorizzazione del rapporto tra educandi e educatori;
-atteggiamento di fiducia nelle capacità dei ragazzi da parte degli adulti;
-costante disponibilità da parte degli adulti nel comprendere i giovani.
I punti di forza della ricerca europea sono: -riconoscimento di auto
appartenenza del bambino(i bambini si appartengono e non appartengono
all’adulto); -lotta al precocismo(spesso si vuole che il bambino cresca in
fretta); -rispetto per le infanzie; -rispetto per la pluralità di espressione
delle forme di esistenza; -l’educazione alla libertà; -promozione delle
politiche delle pari opportunità.
Per questo è necessario parlare di infazie, in quanto non esiste l’infanzia,
nel senso che non esiste il bambino ma esistono i bambini.
2) La pratica educativa a scuola
2.1)Spunti di riflessione per la ricerca mesodidattica A Lisbona 2000
l’unione europea ha lanciato un monito agli stati membri, sulla necessità di
investire sull’educazione-istruzione, in quanto incombe il rischio di
aumentare la discrepanza tra umanità colta(ricca) e umanità
incolta(povera). Bisogna difendere il soggetto dell’educazione(il
bambino), attraverso due principali quadri di riferimento teorico: quello
cognitivista e quello socioculturale che hanno soppiantato quello
comportamentista(non sempre allo stimolo corrisponde la risposta,
intervengono altre varianti, i processi mentali non sono tutti meccanici).
È stato inoltre riconcetualizzato il rapporto tra sviluppo e apprendimento,
questo ultimo l’elemento di spinta dello sviluppo cognitivo e affettivo del
bambino. Attraverso l’acquisizione di conoscenze e abilità si formeranno
funzioni cognitive sempre più complesse. Così la didattica,
l’insegnamento, il modo in cui l’apprendimento viene sollecitato,
assumono un’importante funzione di responsabilità sociale.
Per questo le attività scolastiche devono fondarsi: sulla centralità
dell’azione sociale; sul coinvolgimento di ragazzi in attività formative;
sull’uso di strumenti che potenzino le diverse abilità; sulla
sollecitazione,nei singoli e nel gruppo, dell’immagine di persone
attivamente impegnate in processi formativi. Ciò implica un continuo
ripensamento del programma, della programmazione e del curricolo.
Il programma è inteso come un documento di carattere normativo
riguardante i contenuti e i metodi di insegnamento riferito a un
determinato sistema scolastico(anteriore alla progettazione locale). La
programmazione invece contestualizza le indicazioni in base alle esigenze
delle diverse comunità.
È possibile però notare come nella maggior parte degli studi internazionali,
tesi a verificare le competenze acquisite dagli studenti, venga in genere
trascurata la componente emotivo-affettiva dell’educazione. Le
componenti relazionali e affettive impegnate nell’azione didattica devono
essere tematizzate esplicitamente e essere oggetto di continua formazione.
Applicazioni di tale modello didattico vengono realizzate da diversi anni in
alcuni paesi come l’Inghilterra, sono quelle della cosiddetta pastoral care,
cioè l’esercizio di una funzione guida per l’educazione personale e sociale
mirata all’educazione affettiva dello studente. Successivamente questo
modello viene rimandato al modello di tutorship, che mira non solo allo
sviluppo cognitivo ma soprattutto a quello della personalità. In Francia
sono molto diffuse le esperienze di peer tutoring nelle quali gli studenti
degli ultimi anni favoriscono l’inserimento dei neoiscritti, facilitando la
conoscenza dell’ambiente e la capacità di organizzare lo studio. Però
calare tali ipotesi nel contesto classe è molto difficile(micro didattica) in
quanto il terreno d’azione è la relazione insegnanti/discenti. In questo caso
lo strumento di intervento non può che essere il contatto
relazionale/didattico tra i due interlocutori.
Questo significa che le strategie di risoluzione di alcune problematiche
dell’istruzione (se pur proposte a livello europeo) non possono essere
facilmente tradotte in pratiche operative in quanto si sviluppano sul terreno
della soggettività interpretative di chi deve applicarle.
2.2)Azioni e programmi operativi per la scuola La necessità di
raggiungere in It