Versione originale in latino
Pompeius autem Magnus, Pharsalica acie victus a Caesare, cum postero die larisam intraret et oppidiillius universus populus abviam ei processisset: "te"- inquit - "cives, et istud officium praestat Caesari victori". His verbis pompeius se praebuit non dignum qui vinceretur, nisi a Caesare esset superatus.Ceret modestus in calamitate fuit: nam quia dignitate sua uti iam non poterat,usus est verecundia. Quam praecipuam in C. quoque Caesare fuisse et saepe numero apparuit et ultimus eius dies significavit: conpluribus enim parricidarum violatus mucronibus inter ipsum illud tempus, quo divinus spiritus mortali discernebatur a corpore, ne tribus quidem et xx vulneribus quin verecundiae obsequeretur absterreri potuit, si quidem utraque togam manu demisit, ut inferior pars corporis tecta conlaberetur. in hunc modum non homines expirant, sed di immortales sedes suas repetunt.
Traduzione all'italiano
Pompeo Magno, sconfitto da Cesare nello scontro di Farsalo, accedendo il giorno seguente a Larissa in mezzo al popolo che gli si era venuto tutto quanto incontro, « Andate », esclamò, « e donate questi elogi al vincitore», ostentando allora, oserei affermare, immeritevole di essere sconfitto, se il vincitore non fosse stato Cesare, e come minimo umile nella sfortuna: così, non potendo ormai utilizzare la sua reputazione, utilizzò il pudore. Riguardo a Cesare, che lui sia stato straordinariamente pudico fu spesso limpido, e ben provò nell'ultimo giorno della sua vita. Difatti, spietatamente trafitto dai pugnali di molti parricidi, giusto nel momento nel quale il suo sacro spirito lasciava il corpo, non riusci a trattenersi, nonostante le ventitré ferite, dal far tributo al pudore, se è vero che abbassò la toga con entrambe le mani per cadere al suolo con la parte inferiore del corpo velato. In questo modo non muoiono gli uomini, però ricomparire alle sedi gli dei immortali.