Versione originale in latino
Caesar paene omni acie perterrita, quod praeter opinionem consuetudinemque acciderat, cohortatus suos legionem nonam subsidio ducit; hostem insolenter atque acriter nostros insequentem supprimit rursusque terga vertere seque ad oppidum Ilerdam recipere et sub muro consistere cogit. Sed nonae legionis milites elati studio, dum sarcire acceptum detrimentum volunt, temere insecuti longius fugientes in locum iniquum progrediuntur et sub montem, in quo erat oppidum positum Ilerda, succedunt. Hinc se recipere cum vellent, rursus illi ex loco superiore nostros premebant. Praeruptus locus erat utraque ex parte derectus ac tantum in latitudinem patebat, ut tres instructae cohortes eum locum explerent, ut neque subsidia ab lateribus submitti neque equites laborantibus usui esse possent. Ab oppido autem declivis locus tenui fastigio vergebat in longitudinem passuum circiter CCCC. Hac nostris erat receptus, quod eo incitati studio inconsultius processerant; hoc pugnabatur loco, et propter angustias iniquo et quod sub ipsis radicibus montis constiterant, ut nullum frustra telum in eos mitteretur. Tamen virtute et patientia nitebantur atque omnia vulnera sustinebant. Augebatur illis copia, atque ex castris cohortes per oppidum crebro submittebantur, ut integri defessis succederent. Hoc idem Caesar facere cogebatur, ut submissis in eundem locum cohortibus defessos reciperet.
Traduzione all'italiano
Cesare, poiché inaspettatamente e insolitamente quasi tutto l'esercito era in preda allo scompiglio, rincuora i suoi e fa venire loro in aiuto la nona legione; sbaraglia i nemici che inseguivano i nostri con accanimento e baldanza e li costringe di nuovo a volgere le spalle e a ritirarsi verso la città di Ilerda e a fermarsi sotto le mura. Ma i soldati della nona legione, trasportati dal desiderio di riparare il danno ricevuto, inseguiti sconsideratamente troppo a lungo i fuggitivi, avanzano in un luogo sfavorevole e salgono su per il monte dove vi era la città di Ilerda. Quando poi vogliono ritirarsi da lì, di nuovo i soldati di Afranio da una posizione più alta li incalzano. Il luogo era scosceso, ripido da entrambi i lati, e si stendeva tanto in larghezza da essere riempito da tre coorti schierate, né potevano essere inviati aiuti dai lati né i cavalieri potevano venire in soccorso a chi si trovava in difficoltà. Dalla parte della città vi era poi un luogo leggermente declive che si protraeva in lunghezza per circa quattrocento passi. Da questa parte si svolgeva la ritirata dei nostri, perché fin là si erano spinti sconsideratamente mossi dal loro ardore. Si combatteva in questo luogo sfavorevole sia per la sua angustia sia perché i nostri si erano fermati proprio alle pendici del monte così che nessun dardo veniva lanciato invano contro di loro. Tuttavia con il valore e la costanza si facevano forza e sopportavano colpo su colpo. Le forze nemiche aumentavano e dall'accampamento, attraverso la città, di continuo venivano inviate coorti per sostituire soldati stanchi con quelli riposati. Cesare tentava di operare lo stesso avvicendamento; inviando in zona di battaglia coorti fresche, faceva ritirare i soldati stanchi.