Versione originale in latino
Nec fonte labra prolui caballino
nec in bicipiti somniasse Parnaso
memini, ut repente sic poeta prodirem.
Heliconidasque pallidamque Pirenen
illis remitto quorum imagines lambunt
hederae sequaces; ipse semipaganus
ad sacra vatum carmen adfero nostrum.
Quis expedivit psittaco suum "chaere"
picamque docuit nostra verba conari?
Magister artis ingenique largitor
venter, negatas artifex sequi voces.
Quod si dolosi spes refulserit nummi,
corvos poetas et poetridas picas
cantare credas Pegaseium nectar.
Traduzione all'italiano
Non ho mai bagnato le mie labbra alla fonte del cavallo,
né ricordo di aver mai sognato sul Parnaso dalle due cime,
per presentarmi così improvvisamente poeta.
E le fanciulle dell'Elicona e Pirene pallida
le lascio a coloro le cui immagini toccano
le edere rampicanti; io semirustico
porto la mia poesia alle feste dei vati.
Chi ha fatto dire al pappagallo il suo ‘salve!’
e chi ha insegnato alla gazza a tentare le nostre parole?
Il maestro dell’arte e donatore generoso dell’ingegno,
il ventre, esperto nell’imitare le voci non concesse (dalla natura).
Ma se splenderà la speranza del denaro fraudolento,
crederai che i corvi poeti e le gazze poetesse
cantino (un canto dolce) come il nettare di Pegaso.