Mika
di Mika
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Versione originale in latino


Illud in his rebus vereor, ne forte rearis
impia te rationis inire elementa viamque
indugredi sceleris. quod contra saepius illa
religio peperit scelerosa atque impia facta.
Aulide quo pacto Triviai virginis aram
Iphianassai turparunt sanguine foede
ductores Danaum delecti, prima virorum.
cui simul infula virgineos circum data comptus
ex utraque pari malarum parte profusast,
et maestum simul ante aras adstare parentem
sensit et hunc propter ferrum celare ministros
aspectuque suo lacrimas effundere civis,
muta metu terram genibus summissa petebat.
nec miserae prodesse in tali tempore quibat,
quod patrio princeps donarat nomine regem;
nam sublata virum manibus tremibundaque ad aras
deductast, non ut sollemni more sacrorum
perfecto posset claro comitari Hymenaeo,
sed casta inceste nubendi tempore in ipso
hostia concideret mactatu maesta parentis,
exitus ut classi felix faustusque daretur.
tantum religio potuit suadere malorum.
Tutemet a nobis iam quovis tempore vatum
terriloquis victus dictis desciscere quaeres.
quippe etenim quam multa tibi iam fingere possunt
somnia, quae vitae rationes vertere possint
fortunasque tuas omnis turbare timore!
et merito; nam si certam finem esse viderent
aerumnarum homines, aliqua ratione valerent
religionibus atque minis obsistere vatum.
nunc ratio nulla est restandi, nulla facultas,
aeternas quoniam poenas in morte timendum.
ignoratur enim quae sit natura animai,
nata sit an contra nascentibus insinuetur
et simul intereat nobiscum morte dirempta
an tenebras Orci visat vastasque lacunas
an pecudes alias divinitus insinuet se,
Ennius ut noster cecinit, qui primus amoeno
detulit ex Helicone perenni fronde coronam,
per gentis Italas hominum quae clara clueret;
etsi praeterea tamen esse Acherusia templa
Ennius aeternis exponit versibus edens,
quo neque permaneant animae neque corpora nostra,
sed quaedam simulacra modis pallentia miris;
unde sibi exortam semper florentis Homeri
commemorat speciem lacrimas effundere salsas
coepisse et rerum naturam expandere dictis.
qua propter bene cum superis de rebus habenda
nobis est ratio, solis lunaeque meatus
qua fiant ratione, et qua vi quaeque gerantur
in terris, tunc cum primis ratione sagaci
unde anima atque animi constet natura videndum,
et quae res nobis vigilantibus obvia mentes
terrificet morbo adfectis somnoque sepultis,
cernere uti videamur eos audireque coram,
morte obita quorum tellus amplectitur ossa.
Quod super est, vacuas auris animumque sagacem
semotum a curis adhibe veram ad rationem,
ne mea dona tibi studio disposta fideli,
intellecta prius quam sint, contempta relinquas.
nam tibi de summa caeli ratione deumque
disserere incipiam et rerum primordia pandam,
unde omnis natura creet res, auctet alatque,
quove eadem rursum natura perempta resolvat,
quae nos materiem et genitalia corpora rebus
reddunda in ratione vocare et semina rerum
appellare suemus et haec eadem usurpare
corpora prima, quod ex illis sunt omnia primis.
Nec me animi fallit Graiorum obscura reperta
difficile inlustrare Latinis versibus esse,
multa novis verbis praesertim cum sit agendum
propter egestatem linguae et rerum novitatem;
sed tua me virtus tamen et sperata voluptas
suavis amicitiae quemvis efferre laborem
suadet et inducit noctes vigilare serenas
quaerentem dictis quibus et quo carmine demum
clara tuae possim praepandere lumina menti,
res quibus occultas penitus convisere possis.
hunc igitur terrorem animi tenebrasque necessest
non radii solis neque lucida tela diei
discutiant, sed naturae species ratioque.

Traduzione all'italiano


Riguardo a ciò temo questo, che per caso toccherebbe di iniziarti agli elementi di un'empia dottrina e di avviarti per una strada di scelleratezze. Anzi assai spesso proprio la superstizione ha prodotto scellerati ed empi delitti. Come in Aulide l'altare della vergine Trivia turpemente violarono con il sangue di lIfianassa gli scelti comandanti dei Danai, fior fiore degli eroi. Quando a lei la benda avvolta attorno alla virginea acconciatura fu fatta ricadere in liste uguali lungo le guance, e quando scorse in piedi davanti all'altare il padre Agamennone prostrato per il dolore e accanto a lui i sacerdoti nascondere la spada e il popolo sciogliersi in lacrime alla sua vista, multa di terrore, piegata sulle ginocchia, si lasciò cadere a terra. Né all'infelice fanciulla poteva in tale momento giovare il fatto che lei per prima aveva dato al re il nome di padre. Infatti sorretta dalle mani dei condottieri tremante fu condotta all'altare non perché adempiuto il solenne uso delle cerimonie sacre potesse essere seguita dal luminoso corteo nuziale, ma perché incastamente casta, proprio nel tempo delle nozze, cadesse vittima triste e uccisa dal padre per dare fausto e felice ritorno alla flotta. A tali crimini ha potuto persuadere la religio. Anche tu, forse un giorno, vinto dalle terribili parole dei vati, cercherai di allontanarti da noi. E in realtà quante favole ti sanno architettare per sconvolgere la condotta della tua vita e per turbare col terrore ogni tua gioia! Ed è naturale; infatti se gli uomini vedessero che c'è un termine fisso alle loro miserie, potrebbero in qualche modo tener testa alle superstizioni e alle minacce dei vati. Ora non c'è nessun mezzo, nessuna possibilità di opporsi se nella morte si devono temere pene eterne. Giacché si ignora quale sia la natura dell'anima, se sia nata con il corpo o s'insinui in chi nasce e finisca insieme con noi dissolta con la morte o veda le tenebre e le vaste caverne dell'Orco o per volontà divina penetri in altri animali, come ha cantato il nostro Ennio, che per primo riportò dal piacevole Elicona una corona di fronde perenni, che avesse splendida fama presso le genti italiche. Anche se tuttavia Ennio narra, proclamandolo in versi eterni, che esistono le regioni dell'Acheronte, dove non rimangono però le nostre anime né i nostri corpi, ma solo una sorta di fantasmi di incredibile pallore; donde commemora che gli sia apparsa l'ombra di Omero sempre immortale e abbia iniziato a piangere lacrime di gioia e illustrare la natura delle cose con le sue parole. Proprio per questo non solo dobbiamo avere un'esatta spiegazione dei fenomeni celesti, in base a quale norma si producano le rotazioni del sole e della luna, e in base a quale forza avvengano tutti i fenomeni sulla terra, ma soprattutto bisogna vedere con indagine penetrante di che cosa sia formata la natura dell'intelletto e della forza vitale; e quale oggetto presentandosi a noi che vigiliamo affetti da un male o sepolti dal sonno atterrisca le menti, così che ci sembra di vedere di vedere e di udire di fronte quelli di cui dopo la morte la terra ricopre le ossa. Né sfugge al mio animo che è difficile illustrare in versi latini le ardue scoperte dei Greci, tanto più che si devono trattare molti argomenti con parole nuove a causa della povertà della lingua e della novità della materia; ma i tuoi meriti, e lo sperato piacere della (tua) dolce amicizia, mi persuadono a sopportare qualsiasi fatica e mi inducono a vegliare nelle notti serene, mentre cerco con quali parole e con quali versi io possa finalmente spargere luci alla tua mente, grazie alle quali tu riesca a vedere sino in fondo le cose nascoste. Dunque questo terrore dell'animo e queste tenebre devono dissiparli non i raggi del sole o i luminosi dardi del giorno, ma l'osservazione razionale della natura.

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