Mika
di Mika
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Versione originale in latino


Hoc explorato loco Curio castra Vari conspicit muro oppidoque coniuncta ad portam, quae appellatur Belica, admodum munita natura loci, una ex parte ipso oppido Utica, altero a theatro, quod est ante oppidum, substructionibus eius operis maximis, aditu ad castra difficili et angusto. Simul animadvertit multa undique portari atque agi plenissimis viis, quae repentini tumultus timore ex agris in urbem conferantur. Huc equitatum mittit, ut diriperet atque haberet loco praedae; eodemque tempore his rebus subsidio DC Numidae ex oppido peditesque CCCC mittuntur a Varo, quos auxilii causa rex Iuba paucis diebus ante Uticam miserat.
Huic et paternum hospitium cum Pompeio et simultas cum Curione intercedebat, quod tribunus plebis legem promulgaverat, qua lege regnum Iubae publicaverat. Concurrunt equites inter se; neque vero primum impetum nostrorum Numidae ferre potuerunt, sed interfectis circiter CXX reliqui se in castra ad oppidum receperunt. Interim adventu longarum navium Curio pronuntiare onerariis navibus iubet, quae stabant ad Uticam numero circiter CC, se in hostium habiturum loco, qui non e vestigio ad castra Cornelia naves traduxisset. Qua pronuntiatione facta temporis puncto sublatis ancoris omnes Uticam relinquunt et quo imperatum est transeunt. Quae res omnium rerum copia complevit exercitum.

Traduzione all'italiano


Esplorata questa località, Curione vede il campo di Varo addossato al muro della città presso la porta che è detta Belica, assai protetto dalla natura del luogo, da una parte dalla stessa città di Utica, dall'altra dal teatro che si trova davanti alla città, essendo l'accesso all'accampamento difficile e stretto poiché le fondamenta del teatro sono immense. Contemporaneamente s'accorge che molte merci, che per timore di un repentino tumulto sono condotte dalla campagna nella città, vengono portate da ogni parte e che le vie sono stipate. Manda qui la cavalleria per fare preda e saccheggio; contemporaneamente per proteggere quel convoglio Varo manda dalla città seicento cavalieri numidi e quattromila fanti che il re Giuba pochi giorni prima aveva inviato in aiuto a Utica. Costui aveva con Pompeo rapporti di amicizia per l'ospitalità a lui data dal padre e un sentimento di rancore verso Curione, poiché quando questi era tribuno della plebe aveva promulgato una legge con la quale aveva proposto di confiscare il regno di Giuba. I cavalieri si scontrano e invero i Numidi non poterono reggere il primo assalto dei nostri, ma, dopo che ne rimasero uccisi circa centoventi, gli altri si rifugiarono nel campo presso la città. Frattanto all'arrivo delle navi da guerra Curione ordina che sia comunicato alle navi da carico, che stavano davanti a Utica in numero di circa duecento, che egli avrebbe considerato nemici coloro i quali non avessero immediatamente indirizzato le navi verso il campo Cornelio. Fatta questa intimazione, levate in un istante le ancore, tutte le navi lasciano Utica e si recano dove è stato comandato. Tale azione procurò all'esercito abbondanza di ogni cosa.

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