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Lezione del 28.2.2013 - prima ora - PALMERIO
La Globalizzazione è un fenomeno recente. Studieremo gli strumenti di economica internazionale.
Ricardo: teoria analitica, ossia a base analitica dei costi comparati. Il libero scambio di merci e servizi tra paesi porta al benessere per tutti. Quando gli interventi dello Stato all’importazione e all’esportazione distorcono il mercato.
Il protezionismo è stato un fenomeno che ha caratterizzato vari periodi. Consiste nella protezione del sistema produttivo nazionale attraverso dazi, sussidi all’esportazione, contingenti. Il dazio è un tributo che colpisce una merce straniera al momento dell’ingresso nel territorio nazionale. Il dazio può avere 2 scopi, ed essere di tipo fiscale o protettivo.
Il dazio fiscale ha come obiettivo quello di assicurare entrate all’erario. Quindi, pe. governo italiano metto sull’ananas un dazio, in questo caso il dazio può essere specifico , quando è commisurato alla quantità della merce importata, ad valorem quando è commisurato al valore della merce importata. (esempio: metto su un kg di ananas un dazio di 20cent., oppure metto un dazio di 20 cent. Su 2 Euro; se l’obiettivo è quello di acquisire un gettito per l’erario allora metterò un dazio basso: QUESTO E’ IL CASO FISCALE. Se fosse applicato un dazio alto nessuno mangerebbe più l’ananas.
Il dazio fiscale ha quindi lo scopo di assicurare le entrate all’erario. Il dazio protettivo ha lo scopo di escludere il resto della merce straniera nel paese. Noi ci occuperemo essenzialmente del dazio protettivo che ha un fine di escludere l’importazione di una determinata merce. Questo può essere per diversi motivi: per ragioni di politica generale oppure per proteggere le produzioni nazionali. Nel caso dell’ananas abbiamo detto che l’applicazione di un dazio alto stimola il consumo dei prodotti nazionali.
Un altro strumento del protezionismo, ancora più forte del dazio: i contingenti o contingentamenti. Per l’Italia è la Commissione UE che stabilisce i contingentamenti. Per esempio, potrebbe stabilire per il 2013 possono essere importate all’interno 1000 auto giapponesi; si stabilisce un sistema di licenze di importazione, si danno le licenze agli importatori con un qualche meccanismo di appalto, e raggiunto il limite di auto importate non se ne può importare nessuna. Questo è il contingentamento di merci, cioè una fissazione di un quantitativo massimo al bene che può essere importato in un paese. Rispetto ad altri lo ha.
effetto ancora più drastico. La Comunità Europea aveva una politica di libero scambio nel suo interno e barriere doganali forti verso l’esterno.
Prima di andare avanti voglio dire che sto esponendo la TASSONOMIA, ovvero la classificazione è più facile dell’analisi, di una funzione matematica per interpretare alcuni fenomeni economici.
I sussidi all’esportazione consistono in sgravi tributari alle imprese, soprattutto a quelle che esportano, oppure sussidi intesi come riduzione degli oneri sociali che riducono le imposte a carico delle imprese che ne traggono vantaggi.
Questi sono gli strumenti classici che venivano sempre usati. C’erano e ci sono degli strumenti diversi da quelli classici, che sono chiamati le BARRIERE NON TARIFFARIE. Il dazio si può chiamare anche tariffa; il termine inglese per dazio è duty, che vuol dire tante cose: dazio, dovere. Per i paesi protestanti il dazio è un dovere, un’imposta.
Le barriere non tariffarie sono cresciute nel tempo, soprattutto se guardiamo al periodo successivo alla II Guerra Mondiale.Es. quando le auto giapponesi avevano invaso il mercato negli anni ’70, gli americani non avevano voglia di mettere dazi diretti sulle auto giapponesi. Gli americani convocarono l’ambasciatore giapponese negli USA e sostennero che spendendo tanto per gli armamenti e per la difesa nucleare data al Giappone chiesero ai giapponesi di ridurre l’esportazione di auto negli USA in modo da evitare ritorsioni e provvedimenti sulle auto e merci giapponesi.Il governo giapponese restrinse le sue esportazioni verso gli USA. Il fenomeno viene chiamato “VER - Voluntary Export Restriction”.
Un altro esempio di barriere non tariffarie sono i regolamenti sanitari. I marchi finiscono per diventare forme protezionistiche in senso lato. Sono strumenti che provocano le guerre commerciali.
Fatta questa carrellata sugli strumenti del protezionismo, va detto che il protezionismo è stato usato nel tempo nonostante che la teoria dei costi comparati di Ricardo ci dice che il libero scambio è quella situazione che dà il massimo benessere al mondo intero. Questo perché se ci allontaniamo dal libero scambio, secondo Ricardo e il suo padre scientifico Adam Smith, si verifica che lo Stato A mette i dazi su alcune merci dello Stato B, e lo Stato B metterà altrettanto dei dazi fino ad una politica di guerra commerciale, che finirà per impoverire tutti i paesi.Queste politiche, che venivano chiamate già alla fine del '700 in Inghilterra “Beggar my neighbour” (impoverisci il tuo vicino), non portarono il mondo verso una situazione di benessere e le situazioni, in fondo, di massimo benessere determinata dal libero scambio era in ...che il libero mercato realizzasse
che uguali aumenti dell’impiego del lavoro corrispondano sempre uguali aumenti della quantità prodotta. Quindi è una funzione di produzione a coefficienti fissi.
Infine, l’altra ipotesi è che la ragione di scambio internazionale è data.
Che cosa è la ragione di scambio internazionale? E’ il prezzo che si viene a formare per i beni a livello internazionale e quindi il rapporto al quale si scambiano i 2 beni. Questo prezzo a livello internazionale è un dato del problema perché abbiamo a che fare con l’ipotesi della concorrenza perfetta, questi paesi sono piccoli paesi, che non riescono ad influenzare i prezzi e in questo caso i prezzi internazionali. Ecco queste sono le ipotesi e sulla base di queste ipotesi si sviluppa il modello ricardiano, la volta scorsa lo abbiamo visto, e che arriva a queste conclusioni: affinché vi sia vantaggio ad accedere al commercio internazionale è necessario che vi sia un divario tra i costi comparati di produzione dei paesi.
Quindi qual è la condizione per accedere allo scambio internazionale? Smith avrebbe risposto che deve esistere un divario nei costi assoluti:
Per Ricardo la condizione per accedere allo scambio è che ci sia un divario tra i costi comparati. E’ una condizione necessaria ma non sufficiente perché affinché lo scambio si realizzi effettivamente è necessario che la ragione di scambio del prezzo internazionale che si formi sia compreso tra le R di scambio autarchiche ossia tra i costi comparati. Solo in questo maniera c’è un vantaggio effettivo che deriva dallo scambio per i 2 paesi.
Abbiamo dimostrato la ragione per cui c’è un vantaggio se esiste un divario tra i costi comparati. Questo vantaggio consiste nel fatto che ciascun paese si può specializzare in quella produzione che sa fare meglio, in quella produzione per la quale il suo unico fattore della produzione che è il lavoro è più capace (es. se il RU sa produrre meglio tessuti allora il RU produca tessuti, i suoi lavoratori sono più produttivi e potranno dare una quantità di tessuti maggiore; al contrario se il Portogallo ha dei lavoratori che sono più abili nel produrre vino è bene che producano vino).
In questa maniera c’è un’ottima utilizzazione del fattore della produzione, facciamo produrre a tutti quello che sanno fare meglio. Il risultato finale sarà che il reddito mondiale aumenta e ciascun paese potrà beneficiarne.
Quindi sotto questo profilo il commercio internazionale può essere vantaggioso, perché ci consente di ridurre i costi di produzione, di ridurre i prezzi e ci consente di esportare di più. Queste non sono tesi peregrine perché su modelli di questo tipo, che hanno visto il vantaggio nel commercio internazionale nella riduzione dei prezzi nazionali rispetto a quelli esteri, sono stati costruiti dei modelli di sviluppo, di crescita economica che sono detti export... frenati dalle esportazioni.
Questo è particolarmente vero perché gran parte del mondo sottosviluppato oggi sta crescendo come la Cina, e prima le Tigri Asiatiche (Singapore, Taiwan) che hanno visto crescere rapidamente il loro tasso di sviluppo proprio puntando su politiche di crescita che hanno stimolato le esportazioni.
La Cina oggi è molto competitiva sta realizzando una politica delle esportazioni che ha avuto un forte afflusso di valuta estera, soprattutto di $. Oggi la Cina è la più grande detentrice del debito pubblico USA.
Vedete è paradossale, oggi la Cina sta consentendo agli USA di finanziare il suo debito pubblico. Gli USA hanno un disavanzo enorme nella bilancia dei pagamenti e questo disavanzo viene in qualche modo finanziato dai cinesi perché a fronte del grande disavanzo della bilancia dei pagamenti USA c’è un grande avanzo della bilancia dei pagamenti cinese. Questo avanzo si è formato perché sono riuscito a stimolare le loro esportazioni. Questi avanzi li accumulano nelle riserve valutarie, queste riserve valutarie non sono imprese produttive e queste riserve valutarie sono utilizzate per acquistare titoli del debito pubblico USA. Stanno acquistando anche titoli del debito pubblico Italiano. Finiscono per finanziare i disavanzi USA a cui consentono di operare in deficit. Quello che stanno facendo oggi i cinesi lo stanno facendo tanti PVS non ancora affermati nei mercati internazionali (paesi del Golfo, Qatar).
Questi modelli export...hanno interessato anche l’economia italiana. Ma pensiamo all’Italia negli anni ’60. Il miracolo economico italiano inizia alla fine degli anni 40 fino alla fine degli anni 50.
Il miracolo economico italiano è stato determinato proprio la scelta di aprire al commercio internazionale. Tre sono stati i fattori: scelte di politica economica che hanno puntato sulla stabilità, 2 aiuti di Marshall e sono stati ben utilizzati e l’esistenza di tanta manodopera e il sindacato debole e quindi i salari bassi.
Gli aiuti americani dicevano che i fondi dovevano essere spesi diversamente e fu molto criticato dagli americani l’impiego di questi fondi dai Centri di osservazione USA. In Europa penetravano le idee kenesiane e questi fondi dovevano essere utilizzati per delle opere di investimento senza considerare l’efficienza produttivistica della spesa.