
L'anno accademico 2025/26 segna una svolta storica per chi aspira a diventare medico: addio al test d'ingresso tradizionale, quello che per oltre 25 anni ha sbarrato le porte a migliaia di sognatori. Negli ultimi due mesi però, le università italiane si sono trovate di fronte a un problema: come gestire l'afflusso record di studenti ai corsi di Medicina?
La scomparsa del test d'ingresso permette oggi a tutti gli iscritti di seguire le lezioni del primo semestre. Questo significa che le aule, così come le conosciamo, non bastano più.
Molti atenei, dopo un'analisi approfondita, hanno capito che l'unica via percorribile è la Didattica a Distanza (DAD), lo stesso strumento che ci ha accompagnato durante i difficili anni della pandemia.
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La Richiesta del MUR
Il Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) intanto, con una nota ministeriale, che riprende una sollecitazione della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), ha chiesto alle università statali che offrono il corso di laurea in Medicina e Chirurgia (LM-41) di aumentare i posti disponibili per le immatricolazioni all'anno accademico 2025/26.
L'aumento dovrebbe essere fino a "un massimo del 10% rispetto agli iscritti ai corsi di laurea nell’anno precedente, compatibilmente con la disponibilità di spazi e docenti di riferimento".
Il MUR ha specificato che questa richiesta è opportuno farla per la stessa ragione che ha spinto il Parlamento e il Governo, con la legge 26/2025 e con il Dlgs 71/2025, a cambiare le regole di accesso a Medicina: "Contribuire al superamento delle criticità del servizio sanitario nazionale, legate in particolare alla carenza di personale medico".
Cosa Fare: la Procedura per le Università
In concreto le università devono accedere a un indirizzo specifico e integrare il potenziale formativo relativo al corso di laurea in Medicina. Hanno tempo per farlo fino alle ore 17 del 14 luglio.
Questo significa che non devono aspettare di sapere quanti studenti si iscriveranno, dato che il termine per le immatricolazioni tramite Universitaly.it per il primo semestre aperto scade il 25 luglio.
Se il decreto rettorale è già stato emanato, dovranno allegarlo, anche se non è ancora stato ratificato dagli organi competenti dell'ateneo. In questo caso, l'impegno è quello di fornire eventuali aggiornamenti entro la prima decade di settembre.
Come si sono organizzati gli atenei
Nel frattempo, però, le università italiane si stanno interrogando su come prepararsi al meglio per affrontare un numero di presenze nettamente superiore al passato, adottando soluzioni diverse per la didattica, spesso orientate verso la modalità a distanza o mista. Qualcuna ha già definito la strategia.
L'Università di Bologna, ad esempio, dopo aver scartato l'idea di affittare un cinema per le lezioni, ha optato per la didattica completamente online, anche per venire incontro agli studenti fuori sede e alle difficoltà nel trovare alloggi. Anche l'Università di Padova si sta muovendo nella stessa direzione.
Alla Sapienza di Roma e a Tor Vergata, dove si prevedono migliaia di iscritti, si punterà sulla modalità mista: i professori saranno in aula e gli studenti potranno scegliere se seguire in presenza o da remoto. Similmente, le Università di Pisa e Firenze offriranno grande flessibilità, con lezioni fruibili sia in presenza che online, e l'organizzazione di turni per l'accesso alle aule.
Un sistema più complesso è in fase di studio a Genova, dove si valuta un mese iniziale di lezioni in presenza, con doppi turni nelle aule più grandi, seguito da una modalità mista a rotazione.
La scelta predominante di adottare la DAD o una didattica mista potrebbe essere dettata anche dalla scarsa convenienza di investire in spazi molto più ampi per un solo semestre di lezioni.