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LONDRA - "La felicità è un cucciolo caldo" , dice Linus abbracciando Snoopy, nei "Peanuts", gli indimenticabili fumetti di Charles M.

Schultz. Ma cosa sia esattamente, la sensazione di essere felici, e come la si ottenga, è una questione su cui l'umanità si interroga dai tempi

dell'antica Grecia, senza avere trovato ancora una risposta che metta d'accordo tutti.

Le risposte al quesito "cosa vi rende felici?"sono state date da un gruppo di Vip, intellettuali e artisti britannici.

Lo scrittore Alexander McCall Smith, ha risposto: "Il modo più sicuro di essere felici è causare felicità al prossimo, e poi goderne i frutti".

L'imprenditore Charles Dunstone, re dei telefonini, ha risposto: "Il mio consiglio per sentirsi felici è credere che tutti possano dare il meglio.

Se vivi con questa mentalità, raramente sarai deluso e vedrai il mondo attraverso occhi assai più felici”.

David Cameron, leader del partito conservatore (e secondo i sondaggi prossimo primo ministro), ha detto: "Per me la felicità è qualcosa di

molto distante dal mondo della politica. Nuotare all'alba davanti a una deserta spiaggia della Cornovaglia, per esempio”. Per quanto, con le

temperature dell'acqua da quelle parti, specie all'alba, non molti sarebbero pronti a condividere con lui una felicità del genere.

Il problema di cosa ci rende felici è dibattuto da sempre da filosofi e scienziati. Qualche mese fa la San Francisco State University ha voluto

"i soldi non danno la felicità”.

mettere alla prova scientificamente il famoso detto secondo cui Be', è risultato che la danno, a patto che vengano

spesi per semplici piaceri, come andare a teatro e a mangiare fuori, mentre coloro che ammassano una fortuna e vogliono accumulare sempre più

beni materiali non sono necessariamente più felici, afferma lo studio. ENRICO FRANCESCHINI

(24 giugno 2009)

La Repubblica.it

(La felicità deriva dalla saggezza quotidiana di chi sa aderire alla vita)

Ho sceso, dandoti il braccio,almeno un milione di scale

Ho sceso, dandoti il braccio,almeno un milione di scale

e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue. Eugenio Montale

(La natura ci ha concesso solo il desiderio della felicità)

L’ infinito

Giacomo Leopardi

(La vita è un tortuoso viaggio da affrontare tenendo unita la “social catena”)

“ Così fatti pensieri

Quando fien, come fur, palesi al volgo,

E quell'orror che primo

Contra l'empia natura

Strinse i mortali in social catena,

Fia ricondotto in parte

Da verace saper, l'onesto e il retto

Conversar cittadino,

E giustizia e pietade, altra radice

Avranno allor che non superbe fole,

Ove fondata probità del volgo

Così star suole in piede

Quale star può quel ch'ha in error la sede”

Da “La Ginestra”

(La vita è un tortuoso viaggio da affrontare tenendo unita la “social catena”)

“Viviamo, Porfirio mio, e confortiamoci insieme: non ricusiamo di portare

quella parte che il destino ci ha stabilita, dei mali della nostra specie. Si

bene attendiamo a tenerci compagnia l’un l’altro … per compiere nel miglior

modo questa fatica della vita. … E quando la morte verrà, allora non ci

dorremo … gli amici e i compagni ci conforteranno: e ci rallegrerà il pensiero

che, poi che saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci ameranno

ancora.” Da “Dialogo di Plotino e di Porfirio”

Come Leopardi anche Schopenhauer deplora il

suicidio perché non è dettato da un annullamento

della volontà bensì dall’insoddisfazione

dell’individuo di una situazione particolare che sta

vivendo; Il suicidio è inutile poiché non elimina la

volontà di vivere, la via che per eccellenza porta

all'annullamento della volontà è l'ascesi: Per

Schopenhauer annullare la volontà significa

entrare in uno stato di distacco ascetico che

permette l'annullamento del desiderio di gioia e

di vita.

Per Kant la morale si basa su tre postulati:

 libertà

 vivere come se dopo la vita ci fosse possibilità di

miglioramento

 vivere come se Virtù e Felicità fossero sintetizzabili in

sommo bene

Coloro che perseguono un comportamento morale basato sui tre postulati

fanno parte di una comunità di élite:“il regno dei fini” e in loro, l’umanità

deve ricercare lo spunto per migliorare.

Seneca: Epistulae ad Lucilium 95, 4-6

[4] 'beata' inquiunt 'vita constat ex actionibus rectis; ad actiones rectas praecepta perducunt; ergo ad beatam vitam

praecepta sufficiunt'. Non semper ad actiones rectas praecepta perducunt, sed cum obsequens ingenium est; aliquando

frustra admoventur, si animum opiniones obsident pravae. [5] Deinde etiam si recte faciunt, nesciunt facere se recte. Non

potest enim quisquam nisi ab initio formatus et tota ratione compositus omnis exsequi numeros ut sciat quando oporteat et

in quantum et cum quo et quemadmodum et quare. Non potest toto animo ad honesta conari, ne constanter quidem aut

libenter, sed respiciet, sed haesitabit.

[6] 'Si honesta' inquit 'actio ex praeceptis venit, ad beatam vitam praecepta abunde sunt: atqui est illud, ergo et hoc.' His

respondebimus actiones honestas et praeceptis fieri, non tantum praeceptis.

4 Ma lasciamo da parte ogni preambolo ed entriamo in argomento. "La felicità," sostengono, "si basa sull'agire onestamente; alle azioni oneste ci portano i precetti; quindi i precetti

bastano per arrivare alla felicità." Non sempre i precetti ci portano ad agire onestamente, ma solo se trovano un carattere docile; a volte è inutile impartirli, se l'animo è ingombro di idee

distorte.

5 Inoltre, certi individui, anche se agiscono rettamente, non ne sono consapevoli. Nessuno, a meno che non sia educato dall'inizio e regolato dalla ragione perfetta, può adempiere a tutte

le regole per sapere quando è opportuno agire, in che limiti, con chi, come e perché. Non può tendere all'onestà con tutte le sue forze e neppure con costanza o volentieri, ma si volterà

indietro e avrà delle esitazioni.

6 "Se le azioni oneste sono frutto dei precetti," dicono, "questi sono più che sufficienti per arrivare alla felicità: la prima proposizione è vera, quindi, è vera anche la seconda." A costoro

risponderemo che le azioni oneste sono frutto dei precetti, ma non solo di essi.

Epistulae ad Lucilium 95, 51-53

[51] Ecce altera quaestio, quomodo hominibus sit utendum. Quid agimus? quae damus praecepta? Ut parcamus sanguini

humano? quantulum est ei non nocere cui debeas prodesse! Magna scilicet laus est si homo mansuetus homini est.

Praecipiemus ut naufrago manum porrigat, erranti viam monstret, cum esuriente panem suum dividat? Quare omnia quae

praestanda ac vitanda sunt dicam? cum possim breviter hanc illi formulam humani offici tradere: [52] omne hoc quod vides,

quo divina atque humana conclusa sunt, unum est; membra sumus corporis magni. Natura nos cognatos edidit, cum ex

isdem et in eadem gigneret; haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit. Illa aequum iustumque composuit; ex

illius constitutione miserius est nocere quam laedi; ex illius imperio paratae sint iuvandis manus. [53] Ille versus et in pectore

et in ore sit:

homo sum, humani nihil a me alienum puto.

Habeamus in commune: <in commune> nati sumus. Societas nostra lapidum fornicationi simillima est, quae, casura nisi in

vicem obstarent, hoc ipso sustinetur.

51 Ecco un altro problema: come ci si deve comportare con gli uomini? Che facciamo? Che insegnamenti diamo? Di non versare sangue umano? È

davvero poco non fare del male al prossimo cui si dovrebbe fare del bene! È proprio un grande merito per un uomo essere mite con un altro uomo!

Insegneremo a porgere la mano al naufrago, a mostrare la strada a chi l'ha perduta, a dividere il pane con chi ha fame? Perché elencare tutte le

azioni da compiere e da evitare quando posso insegnare questa breve formula che comprende tutti i doveri dell'uomo: 52 tutto ciò che vedi e che

racchiude l'umano e il divino, è un tutt'unico; noi siamo le membra di un grande corpo. La natura ci ha generato fratelli, poiché ci ha creato dalla

stessa materia e indirizzati alla stessa meta; ci ha infuso un amore reciproco e ci ha fatti socievoli. Ha stabilito l'equità e la giustizia; in base alle sue

norme, chi fa del male è più sventurato di chi il male lo riceve; per suo comando le mani siano sempre pronte ad aiutare. 53 Medita e ripeti spesso

questo verso:

Sono un uomo, e niente di ciò che è umano lo giudico a me estraneo.

Mettiamo tutto in comune: siamo nati per una vita in comune. La nostra società è molto simile a una vòlta di pietre: cadrebbe se esse non si

sostenessero a vicenda, ed è proprio questo che la sorregge.

“Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma

pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità

imperfetta.

I momenti che si oppongono alla realizzazione di entrambi i due stati-limite sono della stessa

natura: conseguono dalla nostra condizione umana, che è nemica di ogni infinito.”

-

Primo Levi Se questo è un uomo

Il canto di Ulisse da “Se questo è un uomo”

All’episodio prendono parte Levi e Jean, il pikolo della baracca, mentre si stanno

dirigendo velocemente per mettersi in fila per avere la loro razione di zuppa. Egli

esprime il desiderio di imparare l’italiano e a Levi viene in mente il canto di Ulisse

della Divina Commedia. Quasi senza pensarci si trova a recitarlo, mentre Jean

attentissimo cerca di ripetere. Levi si aggrappa a quei ricordi, è quasi come se non

avesse inteso il vero senso del canto fino a quel momento.

Il passo può quasi essere definito un elogio alla letteratura consolatoria e, inoltre, se

viene fatto il confronto tra il canto e la situazione in cui viene recitato, si trovano delle

analogie e delle contrapposizioni estremamente significative: dall’elogio della virtù

dell’uomo, in contrasto con la situazione, alla fine tragica della nave di Ulisse che

sembra coinvolgere la barca di ogni uomo. Se questo è un uomo

Considerate la vostra semenza:

Fatte non foste a viver come bruti,

Ma per seguir virtute e conoscenza.

Come se anch’io lo sentissi per la prima volta: come uno squillo di

tromba, come la voce di Dio. Per un momento, ho dimenticato chi sono

e dove sono. ……………………………

… Quando mi apparve una montagna, bruna

Per la distanza, e parvemi alta tanto

Che mai veduta non ne avevo alcuna.

Sì, sì , “alta tanto”, non “molto alta”, proposizione consecutiva. E le

montagne, quando si vedono di lontano … le montagne … oh Pikolo,

Pikolo, di’ qualcosa, parla, non lasciarmi pensare alle mie montagne,

che comparivano nel bruno della sera quando tornavo in treno da Milano a Torino!

Basta, bisogna proseguire, queste sono cose che si pensano ma non si dicono.

Pikolo attende e mi guarda.

Darei la zuppa di oggi per sapere saldare “non ne avevo alcuna” col finale. Mi

sforzo di ricostruire per mezzo delle rime, chiudo gli occhi, mi mordo le dita: ma

non serve, il resto è silenzio. Mi danno per il capo altri versi: “… la terra lagrimosa

diede vento …” Se questo è un uomo

Tre volte il fe’ girar con tutte l’acque,

alla quarta levar la poppa in suso

E la prora ire in giù, come altrui piacque…

Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda questo “come altrui piacque”,

prima che sia troppo tardi, domani lui o io possiamo essere morti, o non vederci mai più, devo dirgli, spiegargli del

Medioevo, del così umano e necessario e pure inaspettato anacronismo, e altro ancora, qualcosa di gigantesco

che io stesso ho visto ora soltanto, nell’intuizione di un attimo, forse il perché del nostro destino, del nostro

essere oggi qui …

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