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TOP SECRET
Lungo tutta la storia dell’ uomo i segreti di re, capi di stato e generali hanno
avuto un potentissimo alleato: la matematica. Algoritmi matematici, cioè
sequenze di operazioni che consentono di trasformare un testo “in chiaro”
(cioè quello che possono leggere tutti) nel corrispondente testo cifrato e
viceversa, sono infatti alla base di tutte le tecniche crittografiche che rendono
un messaggio incomprensibile a chiunque, tranne a chi possiede la chiave
necessaria per decifrarlo.
La crittografia, parola che deriva dal greco “kryptòs”, che significa “nascosto”
e “gràphein” che significa “scrivere”, si utilizzava già nell’antichità.
Un esempio che risale al VII secolo a. C. si trova nella Bibbia: si tratta del
codice Atbash, un codice monoalfabetico dove la prima lettera dell’alfabeto
ebraico (Aleph) viene cifrata con l’ultima (Taw), la seconda (Beth) con la
penultima (Shin) e così via.
Nel V secolo a. C. si utilizzava la scitale spartana, primo esempio di
crittografia per trasposizione, in cui le lettere del testo cifrato sono le stesse
del testo in chiaro ma si trovano in una diversa posizione; questo risultato si
otteneva avvolgendo una striscia di cuoio su un bastone e scrivendovi il
messaggio: una volta srotolata la striscia, per decifrare il testo occorreva
riavvolgere la striscia su un bastone identico al primo.
Nel I secolo a. C. Giulio Cesare inventò uno dei primi sistemi crittografici
monoalfabetici: esso consisteva nello spostare ogni lettera dell’alfabeto di un
numero prestabilito di posizioni (questo numero costituisce la chiave) e nel
sostituire poi le lettere del testo da trasmettere con quelle corrispondenti nello
spostamento.
I cifrari sopra descritti sono stati storicamente utilizzati quasi esclusivamente
in ambito militare e diplomatico e avevano tutti una caratteristica comune:
mittente e destinatario dovevano incontrarsi per comunicarsi il metodo di
codifica e la chiave.
Questo problema è stato superato negli anni settanta con l’invenzione di un
algoritmo a chiave pubblica chiamato RSA (dalle iniziali del cognome dei tre
scienziati che lo idearono) che ha avuto grande notorietà e successo e che è
1
ancora oggi utilizzato nella maggior parte delle comunicazioni digitali
crittografate, ad esempio per nascondere i numeri delle carte di credito, o
nelle comunicazioni via web.
La crittografia a chiave pubblica si basa sul principio che esistono operazioni
matematiche le cui corrispondenti inverse sono molto difficili da calcolare, in
alcuni casi vengono considerate praticamente impossibili. Ne è un esempio la
scomposizione di un numero in fattori primi: non esiste un metodo per stabilire
immediatamente se un numero è primo, o per scomporlo rapidamente in
fattori primi. Occorre procedere per tentativi, provando a dividerlo per tutti i
numeri primi minori o uguali della sua radice quadrata. È evidente che questo
procedimento richiede del tempo, e diventa più difficoltoso da applicare a
mano a mano che cresce il numero delle cifre che compongono il numero da
scomporre. Se il numero da scomporre è ottenuto moltiplicando tra loro due
numeri primi molto grandi, la scomposizione richiede tempi estremamente
lunghi anche per un potente calcolatore: il più grande numero semiprimo (cioè
un numero che è il prodotto di due numeri primi) scomposto grazie ad un
potente calcolatore è di 193 cifre ed ha richiesto cinque mesi di lavoro.
Il sistema a chiave pubblica è caratterizzato dall’impiego di due chiavi
differenti: la chiave pubblica, che utilizza un numero semiprimo di centinaia di
cifre per la codifica del messaggio e la chiave privata, per la quale è
necessario conoscere i due fattori primi della chiave pubblica per decodificare
il messaggio. La forza degli algoritmi a chiave pubblica si basa quindi
sull’incapacità dei calcolatori di decifrarli in un tempo ragionevole. Infatti per
attaccare una chiave RSA sarebbero necessari calcolatori miliardi di volte
superiori a quelli in uso oggi.
Una crepa in questo sistema di sicurezza si produrrebbe se venisse
dimostrata la cosiddetta “ipotesi di Riemann”: si tratta di una congettura che,
se dimostrata, fornirebbe una formula che permette di individuare in modo
rapido numeri primi di centinaia e di migliaia di cifre, riducendo così
notevolmente i tempi necessari per scomporre numeri anche molto grandi.
Riuscire ad “ingabbiare” i numeri primi non è perciò solo affascinante dal
punto di vista matematico, molte energie vengono investite in questa ricerca
anche da parte di importanti società, proprio perchè questi risultati
potrebbero minare i sistemi di sicurezza nelle comunicazioni. 2
Un altro tipo di ricerca, sempre finalizzata alla scomposizione in fattori primi, è
quella sulla quale i crittoanalisti negli ultimi anni hanno focalizzato la propria
attenzione, cioè lo sviluppo di computer quantistici, che si basano su una
nuova tecnologia che permetterà di rivoluzionare il mondo dei calcolatori.
Anche la ricerca di nuovi sistemi di sicurezza, ancora più difficili da violare
rispetto al sistema RSA, procede nella direzione della fisica quantistica: i
crittografi stanno infatti lavorando ad una nuova forma di comunicazione,
chiamata “crittografia quantistica”.
Per concludere vorrei presentare un semplice esempio che mostra come i
numeri primi possono permettere di nascondere in modo efficace anche dei
nomi di città.
L’esempio è tratto da uno dei giochi che sono stati proposti nel laboratorio “Il
viaggio segreto” del Centro Matematita. 3