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Crisi del ‘29
Il 24 ottobre 1929 alla borsa di New York in Wall Street gli investitori vendettero le quote delle aziende che detenevano; questa grande vendita fece bruscamente scendere il prezzo dei titoli stessi, provocando una reazione a catena di una vendita frenetica priva di acquirenti.
Nel decennio del 1919 – 1929 l’economia mondiale era cresciuta a ritmi molto elevati trainata dall’economia statunitense che si era guadagnata il primato internazionale.
A Wall Street si era diffuso un sistema speculativo, dove gli investitori chiedevano in prestito alle banche i soldi per comprare i titoli delle aziende quotate in borsa, vendendole poi si potevano ripagare gli interessi delle banche e infine chiedere nuovi prestiti per acquistare nuove azioni.
Il meccanismo si basava sull’assunto che il valore delle azioni potesse crescere indefinitamente a ogni emissione e che le banche potessero sempre prestare denaro. La produzione industriale, però, era limitata. Per esempio il comparto automobilistico su cui si basava l’economia statunitense erano rivolti a una ristretta elite.
Il mercato interno, quindi, si saturò e quello europeo, che era alla prese con la difficile ricostruzione post bellica, era ancora economicamente debole. Così la produzione industriale cominciò a rallentare e con essa anche l’acquisto dei beni sul mercato, mentre le attività finanziarie continuavano a speculare a pieno regime.
Tutto il processo iniziale creò il crack della borsa, così le grandi banche, non potendo riscuotere i crediti degli investitori e prese d’assalto dai risparmiatori, fallirono.
La percentuale di disoccupati crebbe dal 5% del 1929 al 38% del 1933 e a causa dei rapporti tra Europa e Stati Uniti a seguito della guerra, la crisi coinvolse presti anche la prima.
Inghilterra
Oltre a disoccupazione e fallimenti, si verificò un crollo delle esportazioni e ciò costrinse i governi britannici ad abbandonare il legame della sterlina con l’oro.
Germania
La crisi economica ebbe ripercussioni politiche e il malcontento generale, l’alta disoccupazione e la crescente povertà causata dalla grande depressione furono alla base dell’affermazione del potere totalitario nazista.
Italia
L’economia era già stata rallentata dalle politiche di Mussolini in relazione all’operazione “quota 90”, che aveva l’obbiettivo di fissare il cambio con la sterlina a 90 lire.
La grande depressione causò una crisi della produzione industriale che in alcuni settori scese del 30% e paralizzò le esportazioni, già indebolite da “quota 90”.
Per affrontare la crisi il regime attuò politiche protezionistiche, tese a limitare la dipendenza italiana dalle importazioni e nazionalizzò banche e gruppi aziendali (IRI).
Stati Uniti
La grande depressione fu efficacemente arginata dal New Deal di Roosevelt dal 1933, che proponeva che gli aiuti statali, ovvero quelli economici che lo Stato dalla alla società, non dovessero andare ai singoli cittadini, ma impiegati in sussidi per invalidi, per i più poveri e in progetti pubblici mirati (costruzione di autostrade, ponti, ristrutturazioni) per riassorbire la disoccupazione.
Ma continuò a lungo in Inghilterra, in Italia e, soprattutto, in Germania, aggravata dalle difficili situazioni dopo la prima guerra mondiale.
CRISI DEL ‘29
Il 24 ottobre 1929 alla borsa di New York in Wall Street gli investitori
vendettero le quote delle aziende che detenevano; questa grande
vendita fece bruscamente scendere il prezzo dei titoli stessi, provocando
una reazione a catena di una vendita frenetica priva di acquirenti.
Nel decennio del 1919 – 1929 l’economia mondiale era cresciuta a ritmi
molto elevati trainata dall’economia statunitense che si era guadagnata
il primato internazionale.
A Wall Street si era diffuso un sistema speculativo, dove gli investitori
chiedevano in prestito alle banche i soldi per comprare i titoli delle
aziende quotate in borsa, vendendole poi si potevano ripagare gli
interessi delle banche e infine chiedere nuovi prestiti per acquistare
nuove azioni.
Il meccanismo si basava sull’assunto che il valore delle azioni potesse
crescere indefinitamente a ogni emissione e che le banche potessero
sempre prestare denaro. La produzione industriale, però, era limitata. Per
esempio il comparto automobilistico su cui si basava l’economia
statunitense erano rivolti a una ristretta elite.
Il mercato interno, quindi, si saturò e quello europeo, che era alla prese
con la difficile ricostruzione post bellica, era ancora economicamente
debole. Così la produzione industriale cominciò a rallentare e con essa
anche l’acquisto dei beni sul mercato, mentre le attività finanziarie
continuavano a speculare a pieno regime.
Tutto il processo iniziale creò il crack della borsa, così le grandi banche,
non potendo riscuotere i crediti degli investitori e prese d’assalto dai
risparmiatori, fallirono.
La percentuale di disoccupati crebbe dal 5% del 1929 al 38% del 1933 e
a causa dei rapporti tra Europa e Stati Uniti a seguito della guerra, la crisi
coinvolse presti anche la prima.
INGHILTERRA:
Oltre a disoccupazione e fallimenti, si verificò un crollo delle esportazioni
e ciò costrinse i governi britannici ad abbandonare il legame della
sterlina con l’oro.
GERMANIA:
La crisi economica ebbe ripercussioni politiche e il malcontento generale,
l’alta disoccupazione e la crescente povertà causata dalla grande
depressione furono alla base dell’affermazione del potere totalitario
nazista.