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di Cristina Montini
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Quesito 1
Linee fondamentali del metodo montessoriano funzione del maestro nella pedagogia montessoriana pedagogia scientifica

Svolgimento
Il lavoro educativo di Maria Montessori (1870-1952), che ha avuto una formazione medico-scientifica, si ispira al cosiddetto positivismo scientifico, con una concezione deterministica del reale e una visione quasi dogmatica della scienza, che si impegna a ridefinire la pedagogia in relazione alla scienza moderna, e si colloca nell'ambito dell'attivismo pedagogico, i cui temi fondamentali possono riassumersi come segue:
1. la concezione puerocentrica che vede nel bambino “il padre dell'uomo”, quindi il riconoscimento del ruolo essenziale ed attivo del fanciullo in ogni processo educativo;
2. la valorizzazione del “fare” nell'ambito dell'apprendimento infantile, che pone al centro del lavoro scolastico le attività manuali, il gioco e il lavoro;
3. la “motivazione”, secondo la quale ogni apprendimento reale e organico deve essere collegato ad un interesse da parte del fanciullo e quindi mosso da una sollecitazione dei suoi bisogni emotivi, pratici e cognitivi;
4. la convinzione che il fanciullo riceve stimoli all'apprendimento dalla realtà che lo circonda;
5. la soddisfazione del primario bisogno dell'allievo di socializzazione;
6. il rinnovamento profondo della tradizione educativa e scolastica, che muoveva sempre dalla supremazia dell'adulto, della sua volontà e dei suoi fini sul fanciullo;
7. la svalutazione di programmi formativi esclusivamente culturali e oggettivamente determinati, che conduce alla valorizzazione di una organizzazione più libera delle conoscenze da parte del discente.
Alla base del metodo montessoriano c'è uno studio sperimentale della natura del bambino che evidenzia soprattutto le attività senso-motorie, le quali devono essere sviluppate sia attraverso gli “esercizi di vita pratica”, quali lavarsi, vestirsi, mangiare, ecc., sia attraverso un materiale didattico scientificamente organizzato, tra cui incastri solidi, blocchi geometrici, materiali per l'esercizio del tatto, del senso cromatico, dell'udito ecc.
Tra i principi educativi da cui prende le mosse il pensiero e il metodo della Montessori troviamo in prima battuta quello della “liberazione del fanciullo”.

Il bambino deve svolgere liberamente le proprie attività per portare al pieno sviluppo tutte le sue potenzialità e raggiungere anche un comportamento responsabile. La “liberazione”, come la intende Maria Montessori, è la crescita ricca e armonica, lo sviluppo della persona, e quindi deve avvenire sotto la guida attenta, anche se non coercitiva né invadente, dell'adulto, il quale deve conoscere scientificamente i bisogni dei bambini e gli ostacoli che si frappongono alla loro liberazione.
Altro principio che forma il metodo montessoriano riguarda il ruolo formativo dell'ambiente. Esso deve essere reso adatto al bambino, riorganizzato secondo le sue esigenze fisiche e psichiche. Il fanciullo deve esser messo in condizione di fare da sé e ricevere stimoli e sollecitazioni soprattutto dall'ambiente piuttosto che dall'adulto.
Infine consideriamo la concezione montessoriana della mente infantile come “mente assorbente”. Questa è dotata di uno straordinario potere di assimilazione, spesso inconscio, e anche di partecipazione-comunicazione, che si manifesta nell'immaginazione creativa, nel piacere dei racconti, nell'attaccamento alle persone, nel gioco.
Per la corretta attuazione di questo metodo il maestro montessoriano deve essere liberato dalla convinzione della necessità dell'onnipotenza dell'insegnante e della debolezza fisica, morale, mentale dell'infanzia, ritenuta incapace di procedere con slancio autonomo e bisognosa di essere minutamente diretta dall'esterno. Occorre invece che il maestro sappia intervenire direttamente solo quando necessario, animato da una sorta di fede nel bambino, bisogna inoltre che divenga umile, paziente e discreto, e che “invece della parola, impari il silenzio; invece d'insegnare, osservi”.

Quesito 2
Il candidato, seguendo il ragionamento dell'autore del testo sopra riportato sviluppi il concetto di classe scolastica come struttura sociale rilevando le possibili dinamiche comunicative e formative che si aprono tra gli alunni.
Questa è un'unica domanda con il testo di Giovanni Bollea che inizia così:"Io avevo definito la classe non come un luogo dove il ragazzo viene per apprendere dati conosciuti, ma come una struttura [...]

Svolgimento
Il dizionario della lingua italiana definisce la classe scolastica come “l'insieme degli alunni che frequentano il medesimo corso di studi e stanno in una medesima aula”, eppure nessuno penserebbe mai che in realtà la classe non sia qualcosa di più e non abbia finalità più alte.
La scuola è una realtà complessa che si articola su diversi livelli: innanzitutto essa è un sistema di estensione nazionale e regionale, è poi un'istituzione amministrativo-didattica particolare, è fatta di gruppi-classe ed è un luogo in cui si formano delle persone singole, cioè gli allievi.
Generalmente l'attenzione dei più verso la scuola si focalizza su un punto di vista individuale, si limita ai rapporti fra insegnante e alunno, fra insegnante e genitore. Il lavoro della scuola è spesso misurato in base al progresso dell'allievo che ciascuno conosce, il proprio figlio, amico o parente...
Questa prospettiva è senza dubbio valida, ma occorre allargare il nostro orizzonte. La scuola deve essere considerata parte e aspetto dell'intera evoluzione sociale, essa ha una stretta correlazione con la vita, citando una frase di John Dewey “è una forma schietta di attiva vita in comune, anziché un luogo appartato dove si apprendono lezioni”.
Nell'arco della vita di un individuo, le ore trascorse in classe in veste di studente, rappresentano un segmento molto importante e consistente, ecco perché è fondamentale lo studio delle relazioni che costituiscono la classe scolastica, e cioè lo studio della comunicazione tra insegnante e studenti e tra studenti e studenti. Questo studio assume anche un rilievo nel campo della sociologia, in quanto permette di verificare in piccolo l'evoluzione di grandi variabili sociali.
In questa prospettiva, la formazione degli alunni avviene grazie all'interazione nella classe: essi non sono esecutori passivi di compiti e comandi, ma contribuiscono alla costruzione delle relazioni reciproche che, a loro volta, costruiscono il sapere. Compito dell'insegnante è quello di mantenere motivati i suoi alunni.
Siamo nell'ottica dell'educazione non direttiva ma emancipatrice del bambino, è il pensiero della Montessori che credeva fortemente nelle grandi potenzialità dell'infanzia, in un epoca in cui il bambino non aveva dignità di essere umano compiuto.
Per ribadire il concetto, vogliamo sostenere che la trasmissione del sapere in classe è basata su meccanismi di interazione: quello che realmente conta come conoscenza scolastica è il frutto delle relazioni tra alunni e con l'insegnante nel corso di attività ordinarie. La classe dunque può anche essere definita come uno spazio di relazioni sociali con proprie modalità di interazione e di comunicazione che possiede un insieme stabile di
abitudini, artefatti, valori ed interessi che gli alunni producono e comunicano. Insegnanti e studenti sono portatori di un bagaglio sociale – culturale – comportamentale diverso, ciascuno con i propri modi di pensare e comportarsi, ed è proprio dallo scambio di questo patrimonio che avviene la formazione dell'individuo.
Se il veicolo di questa formazione è la condivisione e comunicazione del proprio background, una scuola di successo dovrebbe essere strettamente connessa alla vita e rendere gli alunni capaci di utilizzare le esperienze che recano con sé dall'esterno e che si sono procurati in forma piena e libera. Ci aiuta ancora John Dewey a chiarire meglio questo concetto: “...ci dovrebbe essere un nesso naturale della vita quotidiana del fanciullo con quel che accade nel mondo circostante...” ed è compito della scuola rendere chiaro questo nesso, portarlo alla coscienza attraverso la salvaguardia dei loro rapporti ordinari.
Si potrebbe allora concludere che la buona riuscita di un sistema scolastico dipende in parte dalla corretta trasmissione di nozioni specifiche che deve avvenire in un ambiente fertile e ricco di stimoli all'apprendimento, in una classe dove c'è interazione, ed in parte dalla socializzazione, vista come un bisogno primario degli alunni che deve essere soddisfatto ed incrementato nel processo educativo.