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test prof gianni aversano paura abbandonoGianni Aversano, professore di Storia e Filosofia in un liceo di Caserta, fa un test “esistenziale” in forma anonima ai suoi alunni. La risposta più comune alla domanda finale lo ha sorpreso.

Il test del prof, per la sua natura “esistenziale”, prevedeva domande di ogni genere, spaziando dai film, alla musica, dai libri agli hobby, e così via.

Ma è stata la risposta alla domanda finale ad attirare in maniera particolare l’attenzione del docente. Cosa ti fa paura? L’abbandono.

La paura più grande? L’abbandono

Dopo il suo post su Facebook in cui raccontava l’accaduto, il professore è stato intercettato dalla testata Senzafiltro e ha rilasciato alcune dichiarazioni molto interessanti, spiegando il suo punto di vista sulla vicenda.

Tutto sarebbe cominciato dal suo desiderio di conoscere più a fondo i suoi studenti. Il prof, un paio di mesi fa, è entrato in aula e ha consegnato agli alunni un test "esistenziale" da lui stesso preparato: venti domande a cui rispondere anonimamente in una quindicina di minuti, senza dare troppo peso al concetto di giusto e sbagliato.

L’obiettivo? Tirare fuori il lato più istintivo e irrazionale dei ragazzi, proprio quello che li contraddistingue e li rende unici. In questo modo il professore li avrebbe conosciuti meglio e avrebbe preparato delle lezioni più mirate a seconda dei dati ottenuti. Ma non si aspettava certo un risultato del genere. Quella domanda finale ha attirato moltissime risposte simili e inaspettate. Sul foglio c'era scritto: "Qual è la tua paura?".

“La risposta finale di tanti è stata per me sorprendente e un colpo al cuore”, spiega Gianni Aversano al Senzafiltro. “Più di 40 di loro hanno risposto che la paura è l’abbandono o la solitudine. Altri, come mi aspettavo, hanno detto ‘la morte’, ‘il fallire’, ‘deludere’, che comunque dicono di cose serie. Loro che non sono così ricchi di vocaboli appropriati usano la parola abbandono, che non mi ha mai sfiorato se non pensando ai cani sull’autostrada”.

Gianni Aversano: “La crisi dei giovani di oggi è il riflesso della crisi degli adulti”

Gianni Aversano è un professore di Filosofia e Storia. Dopo 15 anni passati all’infanzia, è tornato alla cattedra di un liceo di Caserta. Il suo metodo senza voti, intriso di musica e poesia, è atipico e innovativo, e ben si sposa con il suo essere un artista fuori dall’aula.

“I primi giorni i ragazzi del liceo erano perplessi a iniziare col mio metodo che li costringe a fare musica e poesia, ma che soprattutto li costringe a essere guardati e a guardarsi negli occhi perché nessuno li guarda più. Dico volutamente di costringerli e lo dico come gesto positivo. Da settembre conoscono già L’Infinito, Il canto di Ulisse, Guantanamera, Montale. Il mio è un invito alla coralità, all’abituarsi a fare insieme le cose”.

Continua Aversano: “La mattina, quando entro in classe, non dico subito buongiorno. Entro, li guardo, faccio in modo che possiamo trovarci tutti negli occhi: finché non mollano la loro distrazione non li mollo nemmeno io, li tengo d’occhio con la massima cura possibile. Entrano in classe svogliati e coi cellulari in mano, ma anche se si sentono forzati si sentono anche finalmente considerati.

Il test “esistenziale” in forma anonima era proprio ragionato seguendo questa linea di pensiero: conoscere meglio gli studenti, “guardarli negli occhi” e “considerarli”. Dopo averlo consegnato, gli studenti ne hanno cominciato a discuterne in maniera spontanea.

“Sono loro che hanno voluto leggessi le risposte in ogni classe”, dice il prof. È venuto fuori un mondo sommerso. Ho persino scoperto che una ragazza di sedici anni ha in Philip Roth il suo autore preferito, Philip Roth a sedici anni vuol dire che dietro questi ragazzi c’è un’irrequietezza e una complessità che grida di essere ascoltata. Che facciamo spesso noi, in consiglio di classe, quando discutiamo dei ragazzi con voti bassi? Diciamo che sono intelligenti ma non studiano. Le solite etichette che ci hanno ridotto a quello che siamo.

Il docente di Storia e Filosofia individua il problema soprattutto nel rapporto con gli adulti e nella mancanza di entusiasmo sempre più diffusa. La crisi dei giovani di oggi è il riflesso della crisi degli adulti. I ragazzi non vedono intorno a loro gente adulta contenta, appassionata, con una speranza che costruisce. Vedono un disfacimento, è questo che li diseduca. E intanto gli adulti pontificano dicendo di fare o non fare questo o lamentando che i figli non hanno alcun ideale. E loro che ideale rimandano? Adulti che hanno rinunciato a fare gli adulti e che spesso si atteggiano a fare i ragazzini”.

E tutto questo si riverbera anche nella scuola, nei rapporti con gli insegnanti e nella mancanza di stimoli per quanto riguarda la scoperta di sé stessi come individui. “La scuola è diventata un giudizio continuo sui ragazzi, sta lì solo a dare voti, e non le interessa tirare fuori di cosa sono fatti, il dolore o uno slancio felice. I giovani non vengono accompagnati alla scoperta di sé stessi, sanno benissimo cosa è bene e cosa è male ma non riescono a aderire a quei valori perché tutta la società intorno non aderisce e non è coerente con ciò che dice. Allora non vedono il senso di doverlo fare per primi”.

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