
Tra questi servizi, come fa sapere ‘Orizzontescuola’, c’era un’assicurazione per gli studenti, l’acquisto di attrezzature sportive, il pagamento di licenze per alcuni software, la manutenzione, l’abbonamento al server e alla rete wi-fi. Ma, soprattutto, una voce della lista includeva il canone di abbonamento al registro elettronico.
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Niente contributo scolastico, niente registro elettronico
Nella circolare sotto la lente di ingrandimento, veniva infatti specificato che chi non provvedeva al pagamento del contributo non avrebbe più potuto continuare a utilizzare il registro elettronico. Una situazione, questa, semplicemente "inaccettabile" per Elisabetta Piccolotti, membro dell’Alleanza Verdi e Sinistra, che si è appunto occupata di denunciare il caso. Queste le sue parole, riportate da ‘Orizzontescuola’: “Alle scuole del nostro Paese è consentito richiedere contributi alle famiglie per finanziare l’attività didattica, ma questo contributo non può essere obbligatorio, come chiaramente stabilito dal Ministero dell’Istruzione. Presenteremo un’interrogazione parlamentare riguardo a questa richiesta che mette un ulteriore onere sulle famiglie degli studenti e delle studentesse, e che deve essere ritirata. Siamo certi che l’Ufficio Scolastico Regionale prenderà immediate misure”.La polemica si fa ancora più complicata e spinosa se si considerano le altre spese a cui devono far fronte ogni anno le famiglie degli alunni, a partire dall’acquisto dei libri, nota dolente di ogni settembre di inizio anno, fino alla quota per la partecipazione delle gite scolastiche. Il tutto da moltiplicare, naturalmente, per il numero dei figli a carico dei nuclei familiari.
Cosa dice il MIM sul contributo scolastico
Ma le cose non sono così semplici. Se da una parte bisogna chiedersi quanto sia giusto imporre un contributo obbligatorio per poter usufruire di un servizio importante come il registro elettronico, dall’altra è anche fondamentale chiedersi quale sia l'effettivo spazio di manovra degli istituti scolastici sotto questo punto di vista. In altre parole: possono o non possono muoversi in tal senso?Per dirimere la questione, è utile nonché interessante prendere in considerazione quanto dice il Ministero stesso sul tema del contributo scolastico: “In ragione dei principi di obbligatorietà e di gratuità, non è consentito richiedere alle famiglie contributi obbligatori di qualsiasi genere o natura per l'espletamento delle attività curriculari e di quelle connesse all'assolvimento dell'obbligo scolastico (fotocopie, materiale didattico o altro), fatti salvi i rimborsi delle spese sostenute per conto delle famiglie medesime (quali ad es: assicurazione individuale degli studenti per RC e infortuni, libretto delle assenze, gite scolastiche, etc.)”. E di seguito: “Eventuali contributi possono dunque essere richiesti solo ed esclusivamente quali contribuzioni volontarie con cui le famiglie, con spirito collaborativo e nella massima trasparenza, partecipano al miglioramento e all'ampliamento dell'offerta formativa degli alunni, per raggiungere livelli qualitativi più elevati. È pertanto illegittimo, e si configura come una violazione del dovere d'ufficio, subordinare l'iscrizione degli alunni al preventivo versamento del contributo”.
La faccenda, però, è ancora piuttosto fumosa e controversa. Non a caso, il diavolo tende sempre a nascondersi nei dettagli. “Alla luce di questo passaggio”, ha commentato Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, “la scuola potrebbe considerare il contributo per il registro elettronico come "spesa sostenuta per conto delle famiglie", anche perché il mancato accesso al registro elettronico non dovrebbe impedire l'espletamento delle attività curricolari. Tuttavia questa posizione potrebbe anche essere soggetta a interpretazione opposta, in quanto la casistica del registro elettronico non è esplicitamente menzionata dal Ministero (a differenza di quella, ad esempio, del libretto delle giustificazioni). Qualcuno potrebbe sostenere che l'accesso al registro elettronico sia indispensabile all'espletamento della didattica curricolare. Servirebbe quindi un intervento dell'Ufficio Scolastico Regionale per dipanare la questione”.