
L’esplosione davanti alla scuola di Brindisi ci ha catapultato in quel clima di tensione e incredulità che segue ogni attentato ed ora non sappiamo cosa aspettarci. Ancora non sono chiari i motivi dell’attentato, ma dalla procura di Brindisi sono state avanzate delle ipotesi, quella più accreditata, per il momento, sarebbe il fatto che si tratti di un gesto individuale e isolato con il preciso intento di compiere una strage.
Anche se meno probabile, ancora non si esclude del tutto l’ipotesi della matrice mafiosa.ATTO INDIVIDUALE, ISOLATO MA ANCORA SENZA SPIEGAZIONE - Nessuna scuola era stata finora oggetto di una strage per mano della mafia e nemmeno le caratteristiche dell’attentato sembrerebbero quelle proprie di Cosa nostra: la bomba costruita in modo rudimentale e la necessità di recuperare consensi in questo momento storico e politico, sin da ieri avevano portato ad escludere, ma non del tutto, il coinvolgimento della mafia nell’attentato davanti all’Istituto professionale. E oggi, dopo l’analisi di alcune immagini riprese dalle telecamere stradali, il procuratore di Brindisi ha dichiarato che “Potrebbe essere un gesto isolato e individuale”.
C’È L’IDENTIKIT DI CHI HA PREMUTO IL TELECOMANDO - La detonazione delle tre bombole di gas posizionate all’interno di un cassonetto vicino alla scuola sarebbe stata effettuata attraverso un telecomando. Questo è quanto si è riusciti a capire dall’analisi dei filmati che avrebbero portato anche all’identikit dell’attentatore nel momento in cui premeva il comando da una distanza di sicurezza. Ma l’organizzazione di tutto l’attentato potrebbe aver coinvolto altri complici.
SOLO IPOTESI - Già ieri il procuratore della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, considerava improbabile il coinvolgimento della mafia in questo attentato e il Ministro dell’interno, Annamaria Cancellieri, aveva ribadito che ogni ipotesi sarebbe stata prematura. Scartata anche l’idea che si tratti di un atto di terrorismo internazionale, perché finora non c’è stata alcuna rivendicazione, rimane da ieri quel senso di paura e disorientamento di fronte ad un gesto che la razionalità umana non è in grado di spiegare.
NON LASCIAMOCI VINCERE DALLA PAURA - In attesa che si concludano le indagini, possiamo riflettere su quanto accaduto e sulla paura che alcuni utenti, dai commenti lasciati, dichiarano di avere. Il timore che un evento possa capitare di nuovo e magari coinvolgerci più da vicino, è normale, ma la cosa importante è non lasciarsi vincere dalla paura. Qualunque sia la motivazione che ha spinto a compiere un gesto così sconsiderato e grave, noi possiamo fare qualcosa di concreto per evitare che si possa ripetere. Dobbiamo riflettere su quanto sia importante la legalità. Il rispetto dei diritti delle persone, delle leggi e il senso del dovere sono gli elementi che rendono una società “civile”. Solo rispettando ogni giorno il valore della legalità possiamo tentare di sconfiggere la criminalità e liberarci dalla paura.
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Cristina Montini
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Tra le possibili motivazioni dell’attentato di Brindisi ancora non si può del tutto escludere quella che lo collega alla mafia e alle stragi di Falcone e Borsellino.
L'IPOTESI MAFIOSA - Una delle ipotesi prese ieri in considerazione dagli investigatori è quella che si tratti di un attentato di tipo mafioso. Questi i motivi: la scuola colpita è intitolata a Francesca Laura Morvillo Falcone, moglie del magistrato Giovanni Falcone ucciso dalla mafia il 23 maggio 1992 di cui, quest’anno, ricorre il Ventennale; la scuola, un Istituto Professionale per i Servizi Sociali, nel 2007 aveva vinto il concorso “La legalità nel quotidiano” proprio con un lavoro che ritraeva i due magistrati, Falcone e Borsellino, assieme a una serie di occhi aperti e una frase emblematica “Guarda in faccia la legalità”; per oggi, 19 maggio, era previsto l’arrivo a Brindisi della Carovana antimafia; e, infine, pochi giorni fa il presidente dell’associazione antiracket Marini è stato vittima di un attentato.
FALCONE E BORSELLINO - Chi erano, quindi, Falcone e Borsellino? I due magistrati facevano parte del pool antimafia costituitosi nel 1980 per fronteggiare la criminalità organizzata. È stato in questi anni e grazie al lavoro anche dei due magistrati che si riuscì non solo a capire come era strutturata “Cosa nostra”, ma soprattutto fu resa pubblica l’esistenza stessa della mafia come qualcosa di estremamente reale e presente nella società civile. Oggi, infatti, siamo quasi abituati a sentir parlare di mafia, ma fino a qualche anno fa in molti ignoravano o sminuivano la portata di questa associazione.
DAL MAXIPROCESSO ALLE STRAGI - Dopo le prime reazioni violente della mafia a questo tentativo di far luce sul fenomeno malavitoso, Falcone e Borsellino, per motivi di sicurezza, furono trasferiti nel carcere dell’Asinara dove prepararono il Maxiprocesso che portò a 360 condanne, un giudizio che non ha precedenti. Seguono poi altre inchieste e si scopre sempre di più sulla composizione e il giro d’affari della mafia, la quale reagisce. Il 23 maggio 1992, Giovanni Brusca su incarico di Totò Riina farà saltare in aria una carica di cinque quintali di tritolo nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine provocando la morte di Giovanni Falcone, della Moglie Francesca e di tre uomini della sua scorta. Il 19 luglio dello stesso anno, in via D’Amelio, una Fiat 126 viene fatta esplodere al passaggio del giudice Paolo Borsellino uccidendo lui e cinque agenti della sua scorta.
DOPO VENTI ANNI ANCORA A COMBATTERE - L’episodio verificatosi a Brindisi, se ne fosse confermata la matrice mafiosa, avvicinerebbe ancora di più i ragazzi di oggi a queste due figure emblematiche, Falcone e Borsellino, perché permetterebbe loro di capire che la mafia non è qualcosa di lontano da noi, ma qualcosa che è tuttora intorno a noi e che bisogna affrontarla senza averne paura, perché è di questa che la mafia si nutre.
Cristina Montini