
Sorrisetti, prese in giro per il suo aspetto e dispetti. È ciò che ha dovuto sopportare Emilie, diciassettenne francese che, dopo anni di angherie subite a scuola da parte dei suoi compagni, si è tolta la vita. L’ennesima giovane vittima di bullismo che decide di compiere il gesto più estremo. Dopo la morte, i genitori hanno trovato il diario di Emily dove raccontava l’inferno quotidiano che era costretta a vivere a scuola. Ecco alcuni estratti del diario.
GLI SFOTTÒ – “Mi sentivo addosso gli sguardi degli altri. Vedevo i loro sorrisetti quando mi fissavano, sentivo che guardavano le mie scarpe da ginnastica vecchie, i miei jeans sfilacciati, il mio maglione con il collo alto e il mio zainetto. Ho sentito qualcuno chiamarmi barbona”. E ancora. “Bisognerebbe inventare una categoria solo per lei. La tipa che non sa né vestirsi né pettinarsi, per esempio”. “No, piuttosto quella che non ha capito che sta usando l’armadio di sua nonna - esclama la sua vicina -. Pensi che sappia dell’esistenza degli specchi?” “Ma certo che no, altrimenti sarebbe già morta di vergogna”. Sono solo alcune delle prese in giro che i compagni riservavano ad Emilie. Il suo aspetto, il suo modo di vestirsi, magari non convenzionale, non ‘alla moda’ erano uno dei motivi per bullizzarla. Basta infatti non allinearsi al branco per diventare un bersaglio.
GLI ATTI DI VIOLENZA – “Un ragazzo mi spinge, cado a terra davanti a tutti. Vedendoli ridere non sono riuscita a trattenere le lacrime. Rialzandomi a fatica ho sentito qualcuno gridare: Vuoi un fazzoletto? Attraverso il velo di lacrime ho visto che mi lanciavano dei fazzolettini usati. Ho sentito qualcosa finire sui miei capelli. Toccandoli alla ricerca di una pallina di carta o di una penna ho sentito un chewing gum, incollato a una ciocca. Potevano prendermi in giro quanto volevano, sarebbe stato comunque meglio che girare con un chewing gum in testa”. Non solo violenza psicologica ma anche fisica. Emilie subiva di tutto, sempre in silenzio, senza la forza di reagire.
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IL RIFUGIO – “Le toilette sono il solo angolo di questa maledetta scuola dove sono sicura di stare tranquilla. Riuscire a risparmiarmi un quarto d’ora di supplizio rende la mia giornata meno insopportabile. Purtroppo, questo momento di pace dura sempre troppo poco”. Rifugiarsi in bagno, anche solo per pochi minuti, significava per Emilie evadere dall’inferno: quello era l’unico luogo in cui poteva sentirsi tranquilla, probabilmente perché sola e non sotto lo scacco dei bulli.
IL SILENZIO CON I GENITORI – “Ritornando a casa, lasciavo che le lacrime scendessero dai miei occhi. Mi permettevo di piangere solo tre volte al giorno: al mattino prima di andare a scuola, la sera rientrando, la notte nel mio letto". Quando tornava a casa, non faceva parola con nessuno di quello che era costretta a subire scuola, neanche con i suoi familiari. “Avevo deciso di non dire a nessuno dell’inferno che vivevo a scuola. Non volevo che i miei sapessero quanto fossi penosa, che si impensierissero. Non volevo che andassero dal preside: la situazione non avrebbe potuto che peggiorare se l’avessero fatto”. È per tutti questi motivi, che Emilie a 17 anni ha deciso di mettere un punto alla sua vita. Per colpa dei bulli una ragazza è stata spinta a fare il gesto più forte e disperato che si possa compiere.
Manlio Grossi