È il falsetto più famoso del rock contemporaneo e una delle icone musicali del nuovo millennio. Ma Matthew Bellamy, frontman-cantante dei Muse, non è solo questo. Perché lui, prima di tutto, è un grande musicista; quasi un bambino prodigio, con il carisma nel DNA.
Aveva appena 6 anni quando ha iniziato a suonare il pianoforte, 11 quando ha preso in mano per la prima volta la chitarra. Un passione, quella tra Matt e gli strumenti musicali, che è scoppiata molto presto e che gli ha permesso di fare strada, sin dai tempi della scuola. Anzi, proprio la scuola è stata centrale nella sua vita.
A scuola conosce gli altri due Muse
È lì – alla Teignmouth Community School, nel Devon, In Inghilterra –che Matthew tenne il suo primo concerto di pianoforte quando di anni ne aveva 12. È sempre lì che, poco dopo, conoscerà Dominic Howard e Chris Wolstenholme, futuri membri dei Muse. Ed è ancora lì che si cimenterà con i concerti, gareggiando nelle tante ‘battaglie’ tra rock band che si svolgevano periodicamente nel cortile di scuola. Una più di tutte, però, è da ricordare: quella con cui nel 1994 (a 16 anni) Matt, Dominic e Chris – usando il nomeRocket Baby Dolls, uno dei tanti con cui si presentavano in quegli anni al pubblico- vinsero il contest della svolta; quello che li convinse a credere veramente che la loro strada fosse la musica.
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È cambiato lo stile ma non l’approccio col pubblico
Fu in quel momento che i tre decisero di adottare il nome Muse e di iniziare a sperimentare nuove sonorità, vero e proprio marchio di fabbrica della band. Un gruppo che ha cambiato pelle più volte nel corso della propria carriera. Dai primi successi - caratterizzati da un approccio ribelle e sfrontato, fatto di eccessi (sul palco e nella vita privata) – alle ultime performance – più intimiste e ricercate (frutto anche di una moderazione delle proprie abitudini) – quello che è rimasto immutato è il rapporto diretto con i fan. I live sono, ancora oggi, il pane quotidiano di Matthew, una cosa di cui non può fare a meno. Come se ancora si trovasse nel cortile di scuola e dovesse convincere gli altri studenti a votare per lui.