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Il Robot Selvaggio, Murales a Milano

Il murales eco- friendly di Il Robot Selvaggio
Il graffito green, situato in via De Castilla 22 a Milano, è stato realizzato dallo street artist ViM in occasione dell'uscita del film. La particolarità di quest'opera, oltre a replicare fedelmente il manifesto del film, risiede nell'uso di una speciale vernice "smog-eating", un tipo di pittura ecologica in grado di assorbire lo smog della città.
Una soluzione innovativa che si ricollega al tema della sostenibilità ambientale del film.

La tecnologia che si immerge nella natura incontaminata. Un robot che si ritrova, quasi come un modernissimo Robinson Crusoe, su un’isola sperduta, lontana dalla civiltà e da tutto quello che sa sul mondo. Questo e molto altro si potrà vedere sul grande schermo dal 10 ottobre 2024: parliamo de Il Robot Selvaggio, film di animazione per la regia di Chris Sanders, che già dal trailer fa brillare gli occhi agli appassionati del genere e non solo.


Frutto della DreamWorks Animation e distribuito da Universal Pictures, il film è basato sull'opera letteraria di Peter Brown, Il Robot Selvatico, e promette di conquistare i più grandi e i più piccoli. Vuoi saperne di più? Il libro sarà ripubblicato a fine settembre, da Salani, mantenendo il titolo del film e il manifesto in copertina.

Tornando alla pellicola, questa racconterà in grande stile la storia dell’unità ROZZUM 7134, per gli amici Roz. Un percorso emozionante, ricco di avventura e divertimento, che vedrà la protagonista andare incontro a un cambiamento inaspettato. Perché a volte, ci spiega Il Robot Selvaggio, per sopravvivere dobbiamo diventare più di quello per cui siamo programmati

Se ti abbiamo incuriosito, ci sono buone notizie per te: sono previste due anteprime imperdibili, il 29 settembre e il 6 ottobre 2024. Se ti trovi vicino a Roma non perderti l'anteprima, del 6 ottobre, presso il cinema The Space Parco De Medici. Un’occasione per conoscere Roz e godersi la sua storia prima di tutti gli altri. Ci sarà un allestimento con la presenza di Roz in persona (o, sarebbe meglio dire, in robot) e i voice talent Esther Elisha e Alessandro Roia, le voci italiane di Roz e Fink. 

E poi la ciliegina sulla torta: il murales firmato ViM, street artist di origini siciliane famoso per i suoi disegni di grande impatto e spesso impegnato nel tema della sostenibilità. L’opera, la cui lavorazione è partita il 15 settembre, ha preso vita in via Castilla 22, a Milano: già in questi giorni potrai ammirarla!

A questo punto, manchi solo tu all’appello. Perché non devi perderti tutto questo? Semplice, perché il film non solo è un gioiello dell’animazione firmata DreamWorks - gli stessi, per citarne qualcuno, di Kung Fu Panda e Dragon Trainer - ma i suoi temi sono anche vicinissimi alla GenZ. Tanto che potrai immergerti completamente nell’avventura pensando che, in fondo, parli anche un po’ di te. Vuoi sapere quali sono? Continua a leggere!

Essere difettosi vuol dire essere sé stessi

Il Robot Selvaggio racconta di un percorso di cambiamento. Ma, per cambiare, Roz dovrà prima superare diverse prove, tanto concrete quanto metaforiche, tra cui forse la più complicata di tutte: conoscere sé stessa, scoprendosi diversa da quella che “avrebbe dovuto essere”

La GenZ ne è decisamente consapevole: in un mondo ricco di possibilità, scegliere la propria strada diventa sempre più complesso, così come riconoscere quale direzione sia veramente adatta ai nostri interessi e, perché no, ai nostri talenti. Allo stesso tempo, però, soltanto passando attraverso gli inciampi e gli errori possiamo davvero scoprire chi siamo. Per questo, è essenziale non lasciarsi ingabbiare dalle etichette, che non possono che andare strette: “Tu sei così, quindi devi fare questo”... 

No! Al contrario, le etichette ci aiutano a comprendere quanto possiamo sbagliare nel limitarci: sono proprio le nostre caratteristiche uniche, quelle che nel bene e nel male appartengono solo a noi, a farci superare le categorie con cui solitamente ci definiamo, ci osserviamo e ci giudichiamo. 

Roz, la protagonista robotica di questa avventura, fornirà l’esempio perfetto di quanto sia importante “essere difettosi”. Perché i nostri difetti non ci rendono soltanto unici, ma ci rendono anche noi stessi

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Stare insieme per essere più di quello che siamo

Roz è una robot e, in quanto tale, non può che essere soggetta a una programmazione che ne individua le possibilità. Eppure, di fronte agli inattesi problemi che deve affrontare, tra cui quello di adattarsi a un ambiente selvaggio, distante anni luce dalle condizioni per cui era stata progettata, si trova costretta ad apprendere una serie di nuove abilità che non fanno parte del “bagaglio” della programmazione. E non è affatto poca cosa. Anche perché, sprovvista di una guida umana, dovrà costruirsi da sé uno scopo.

Ma l’arrendevolezza non fa parte delle sue corde: Roz entra dunque in interazione con la natura e gli animali dell’isola e, così facendo, osserva, analizza, impara. Ma, soprattutto, sviluppa un comportamento empatico, del tutto imprevisto e lontano dalla mera esecuzione delle sue mansioni prestabilite. 

Emblematica, da questo punto di vista, è la sua decisione di prendersi cura di un’ochetta orfana, un compito che va ben oltre le competenze racchiuse nel suo “Dna” robotico. Tanto che sarà proprio questo rapporto che la trasformerà a poco a poco in una figura protettiva, materna, mettendo in scena il complesso della genitorialità con tutte le sfumature del caso, fino anche alla dolorosa accettazione della perdita

Ma altri incontri segneranno il cammino di Roz, come quello con la volpe Fink, furba e intelligente, o quello con Codarosa, la pragmatica madre opossum. E ognuno di questi incontri darà a Roz la possibilità di scoprire e di apprendere, diventando ogni volta altro da sé, e anche qualcosa in più.

Da qui lo spunto, incredibilmente denso di significato, eppure sottile: stare insieme ci rende più di quello che siamo

Uscire dalla zona comfort: il “regno dell’incidente”

“A volte, per sopravvivere dobbiamo diventare più di quello per cui siamo programmati”, questo il fil rouge che attraversa l’intera vicenda di Roz tenendo insieme, come un’anima magnetica, i diversi discorsi in gioco. E in mezzo a tutti questi discorsi, c’è anche quello della scomodità: uno dei segreti per la scoperta e la crescita è quello che prevede l’uscita dalla propria zona di comfort

In fondo, quante volte ce lo siamo sentiti ripetere? Lo sa bene la GenZ che sembra sempre in sfida con sé stessa per poter occupare un posto nel mondo.

E infatti, sembra spiegare Il Robot Selvaggio, c’è ancora un ulteriore passo da compiere per essere davvero, nei limiti del possibile, padroni del proprio destino: fondamentale mettersi in gioco, certo, ma fondamentale anche accettare di entrare nel “regno dell’incidente”, cioè dove le cose potrebbero non andare come previsto.

Se Roz non fosse precipitata sull’isola non avrebbe compiuto la sua parabola di vita, andando ben al di là di quello che sarebbe dovuta essere. Il segreto? Ha accettato di doversi “riprogrammare” senza perdersi d’animo. Di certo è caduta, ma si è anche rialzata, si è rimboccata le maniche ed è passata attraverso l’imprevisto traendo, dalle difficoltà del cammino, il suo valore più grande. 

“Casa” è dove, quando e con chi ci sentiamo a casa

Ma la storia di Roz racconta pure dell’incontro con l’altro. In questo caso, particolarmente alieno, diverso, lontano, tanto da sembrare irraggiungibile. Eppure, nonostante tutto, le barriere crollano e le distanze si accorciano di fronte alla volontà di capire la prospettiva dell’altro.

Non a caso la nostra robot umanoide, grazie al suo programma di traduzione linguistica, riuscirà a mettersi in dialogo con gli animali dell’isola, stringendo rapporti inaspettati che presto si trasformeranno in veri e propri legami di affetto e di amicizia

E saranno esattamente queste relazioni che ristruttureranno le priorità e gli obiettivi di Roz: da robot progettato per fornire assistenza agli umani, diventerà qualcos’altro, o meglio, qualcun altro: non più isolato ma parte integrante di una famiglia in cui sentirsi a casa. Perché - sembra ricordarci Il Robot Selvaggio - la nostra casa è un posto sito nello spazio così come nel tempo e nelle relazioni: siamo a casa non solo dove ma anche quando e con chi ci sentiamo a casa

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Un’ode alla biodiversità

Il Robot Selvaggio si configura come una vera e propria ode alla biodiversità, dove ogni creatura ha un ruolo. Una prospettiva, questa, che si fa ancora più evidente già solo dalla cura nell’animazione stessa, che cattura la bellezza della natura in tutte le sue forme: non solo scorci mozzafiato (che comunque lasciano a bocca aperta), ma anche dettagli minuziosi che fanno di alcune immagini veri e propri dipinti. Insomma, uno stile di animazione unico e poetico, immortalato così dal regista Chris Sanders: Immaginate una foresta di Miyazaki portata in vita attraverso lo stile di Claude Monet

Se l’animazione ci invita all’incanto della natura, ancora di più lo fa Roz, i cui sforzi sono tutti sottesi alla volontà di appartenere alla biodiversità dell’isola. Lei che, pur essendo un prodotto dell’ingegno umano, decide di inserirsi in questo ecosistema come una nuova entità, partecipe e rispettosa delle altre forme di vita. Ecco quindi che la biodiversità si arricchisce di un nuovo “abitante”, come se si trattasse a tutti gli effetti di una nuova specie vivente. 

E naturalmente, in tutto questo, non passa inosservato un ulteriore elemento di raccordo, praticamente un bisbiglio all’orecchio dello spettatore: chi, meglio della GenZ, così sensibile alla salvaguardia ambientale e alle potenzialità tecnologiche, può apprezzare questo perfetto esempio di rispetto della natura e di integrazione?

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