
L’autore del Decameron, incaricato dai Capitani di Or San Michele, segue le tracce del Sommo Alighieri per portare dieci fiorini d'oro come risarcimento simbolico a Suor Beatrice, figlia di Dante, e monaca a Ravenna nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi. Il film ha una spiccata volontà di parlare alle nuove generazioni, come ammesso dal regista stesso, intervistato in esclusiva da Skuola.net.
Raccontare Dante attraverso il viaggio di Boccaccio
A dispetto di quanto si possa pensare, nessuna pellicola era mai stata dedicata al Sommo Poeta toscano, considerato artefice della lingua italiana. Per questo, Pupi Avati ha deciso di “risarcirlo” mettendolo al centro della pellicola.In realtà il regista ha svelato di aver già provato a proporre un film sulla vita di Dante, ben 25 anni fa, ricevendo anche risposte positive, ma soltanto nel corso dello scorso anno ha ufficialmente avuto il via libera per procedere nell’impresa.
“Ho pensato fosse doveroso fare un film su Dante Alighieri, perché si conosce bene la sua opera ma non si conosce la vita del suo autore; io volevo raccontare l’essere umano, cosa che nei testi accademici e biografici risulta sempre sfocato” ha spiegato quindi Pupi a Skuola.net, ammettendo poi la sua lunga passione per il poeta in questione: “Ho studiato Dante nel corso della seconda parte della mia vita, quando ho avvertito la necessità di capire perché nel periodo scolastico l’avessi odiato e temuto”.
Non dissimile quindi da moltissimi studenti, tornando poi a rileggere e cimentarsi nuovamente sulle opere del Sommo, Pupi Avati ha iniziato ad apprezzarlo come non era riuscito a fare a scuola. Tanto da dedicare a Dante anche un libro, scritto prima dell’uscita del film, dal titolo L'alta fantasia, nel quale il regista ha “usufruito della consulenza di una serie di dantisti illustri, i quali mi hanno corretto e rivisto i testi più volte”.
Il libro era di fatto un’anticipazione di ciò che Avati ha poi trasposto in forma cinematografica; vale a dire del viaggio di Boccaccio sulle tracce di Dante, indagando sugli ultimi anni di vita del poeta: “Di Dante, a parte il trattatello di Boccaccio si sa pochissimo. Ho scelto quindi di rendere Boccaccio protagonista, perché lui è andato effettivamente a trovare la figlia di Dante, e ho quindi cercato di raccontare il viaggio che ha fatto per raccontare la passione che lo legava a Dante. Boccaccio ha amato Dante come nessun altro poeta ha mai amato un altro collega” ha svelato Pupi Avati.
Il vero protagonista è dunque lo stesso Boccaccio, interpretato da Sergio Castellitto, sul quale Pupi Avati ha raccontato: “Castellitto si è preparato molto da autodidatta, sapeva poco di Boccaccio, ma si è documentato, gli ho indicato testi da leggere, e ha personalizzato estremamente il personaggio”.
Il ruolo del giovane Dante è invece stato affidato a Alessandro Sperduti, mentre il ruolo di Beatrice è stato ricoperto da Carlotta Gamba, attrice che Pupi Avati ha avuto “la fortuna di incontrare” in particolar modo per via del suo sguardo, definito dal regista “straordinario” attraverso riesce a trasmettere “consapevolezza”.
L’amore tra Dante e Beatrice: un esempio per la GenZ
Il gioco di sguardi è protagonista della prima parte della pellicola, della quale il regista svela un altro dettaglio che fa intuire anche il clima che era presente sul set: “Nelle scene tra Dante e Beatrice, quando Dante la insegue e lei si gira, in quei momenti ero così affascinato da come gli attori erano in grado di restituire lo stato emotivo dei rispettivi personaggi, che non riuscivo a dare lo stop”.E infatti Pupi Avati definisce l’amore tra Dante e Beatrice “la prima grande storia d’amore della letteratura”. “In quel loro sguardo c’è l’emozione del mondo”, dice a un certo punto Boccaccio nel film, e Pupi fa eco al poeta sottolineando come “quello sguardo ha cambiato la storia della cultura e della letteratura mondiale”.
La pellicola cerca di raccontare “un aspetto più intimo e segreto dei rapporti”, vuole dimostrare che “si può anche amare in un modo così sublime, così etereo,” che “si può dedicare alla storia d’amore un’idea che duri per sempre” continua a spiegare il regista.
Lo scopo di Pupi Avati, come da lui stesso confermato, quindi, è quello di lanciare un messaggio ai ragazzi più giovani: “Le nuove generazioni non pensano possa esistere il ‘per sempre’, mentre al tempo esisteva questo ‘per sempre’. Ma, guardando il film, almeno per un momento hai il coraggio di pensare che possa durare davvero, anche se poi nella mente dei giovani di oggi c’è sempre la ragione che interviene a frenarli”.
“Probabilmente ho fatto questo film per rendere Dante seducente, per avvicinarlo agli studenti e per dimostrare ai ragazzi che la bellezza della sua poesia è inalterata” racconta ancora il regista, che quindi conclude con un invito a tutti i ragazzi e ai loro docenti: “È un film fatto per restituire a Dante la modernità che ha, e le scuole dovrebbero aiutarmi in questo sforzo di divulgazione non soltanto delle opere, che ovviamente vanno studiate e conosciute, ma anche di umanizzazione dell’uomo che fu Dante, per apprezzarne meglio gli scritti.”