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parola chiave dell’articoloUn calciatore di altri tempi, uno di quelli che oggi si direbbero estinti. Gigi Riva si è spento all'età di 79 anni all'ospedale di Cagliari dove era ricoverato dallo scorso sabato.
fonte foto: via Il Corriere della Sera

Se ne è andata una delle bandiere del calcio italiano degli anni '70: ancora oggi la cavalcata scudetto del Cagliari 1969-70 rimane indelebile nell'immaginario collettivo.

Fu proprio quell'impresa a consacrare il mito calcistico di Gigi Riva, uomo di talento e passione che amava la terra che lo aveva cresciuto. Un amore granitico, capace anche di resistere alla corte spietata di Juventus e Inter.

L'uomo del “gran rifiuto”

Gigi Riva nacque il 7 novembre 1944 ed era originario di Leggiuno, sponda lombarda del Lago Maggiore. Chi lo ha conosciuto da adolescente, lo dipinge come un ragazzo taciturno, dallo sguardo malinconico. E anche atleticamente non eccelleva. Da giovane Riva era piuttosto gracile e le sue gambe esili sembravano quanto di più lontano potesse esserci dal gioco del calcio. Crebbe ben presto a causa della prematura scomparsa dei genitori, con il solo calcio a dargli conforto. Arrivava, come spesso accade, dai campi di periferia: prima con il suo Leggiuno, poi con il Legnano. E' allora che il Bologna mette gli occhi su di lui, ma l'interesse della squadra emiliana si infrange conrto l'offerta di un'altra squadra rossoblu: il Cagliari, dove Gigi Riva arriverà all'apice della sua carriera calcistica.

Al suo arrivo nel capoluogo sardo Gigi Riva non avrebbe mai immaginato che se ne sarebbe andato da leggenda. Sbarcò sull'isola in punta di piedi, guadagnandosi con il tempo la stima e l'affetto della gente. All'età di 23 anni, quando ormai era un attaccante fatto e finito, la Juventus era pronta a coprirlo d'oro con un contratto miliardario: il "gran rifiuto" (per utilizzare un'espressione Manzoniana) di Riva a vestire la maglia bianconera è forse il primo vero e proprio atto di amore di un calciatore verso i propri colori. L'attaccante voleva portare lo scudetto in terra sarda a tutti i costi e ci riuscì nell'anno 1969-70, un trionfo che ancora oggi sa di impresa irripetibile. Fu un'impresa certo, ma non un miracolo. Perché quel Cagliari poteva contare su diversi giocatori di prima fascia e, tra loro, c'era anche Gigi Riva.

L'altro grande amore di Gigi Riva? La nazonale di calcio italiana. Con il numero 11 cucito sulle spalle, Riva portò gli azzurri alla vittoria dell'Europeo del 1968 (il primo successo dal dopoguerra), vinto all'Olimpico di Roma. Ci provò anche ai Mondiali di Messico '70, dove si rese protagonista: fu allora che Gianni Brera, scrittore e giornalista, lo soprannominò 'Rombo di tuono'. La campagna messicana non portò però i risultati sperati. Poi la carriera da dirigente, prima nella sua Cagliari poi, ancora, in nazionale.

"Alla Juventus avrei guadagnato il triplo. Ma la Sardegna mi aveva fatto uomo. Era la mia terra, ero arrivato all'età di 18 anni. In continente ci chiamavano pastori o banditi.
Quando avevo 23 anni la grande Juve voleva ricorprirmi di soldi.
Io volevo lo scudetto per la 'mia' terra: ce l'abbiamo fatta.
Noi, banditi e pastori"

(Gigi Riva in un'intervista per la 'Gazzetta dello sport')

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