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di paolodifalco01
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dimissioni premier DraghiNei giorni scorsi si parlava già di un'ipotetica crisi dopo l'eventuale astensione dei grillini in Senato sul decreto Aiuti e sulla fiducia al governo e, adesso, eccola palesata con le dimissioni del Presidente del Consiglio Mario Draghi che al momento sono state respinte dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Account Twitter Quirinale

In questo scenario il Senato ha comunque confermato la fiducia all'esecutivo con 172 sì e 39 contrari ma, allora, perché Draghi ha presentato le sue dimissioni? Perché il Presidente della Repubblica le ha rifiutate e cosa succede ora? Andiamolo a vedere insieme.

Perché il Movimento 5 stelle non ha votato il decreto Aiuti e la fiducia al governo?

Come ogni crisi di governo che si rispetti, anche quest'ultima assume i caratteri di quella che potrebbe essere una vera e propria serie Netflix con colpi di scena, ripensamenti...L'unica differenza è l'assenza di un copione da seguire, se non le linee guida dettate dalla Costituzione per regolare i vari passaggi istituzionali, e il fatto che in gioco c'è il futuro dell'intero Paese. Ci eravamo lasciati con l'indecisione del Movimento 5 Stelle sul voto in Senato di ieri in merito al decreto Aiuti e la fiducia all'esecutivo.

Ma, prima di passare ai fatti: cosa prevede il decreto Aiuti che ha segnato le sorti del governo? Attraverso questo decreto, che comunque è stato approvato, il governo ha stanziato 23 miliardi per le famiglie e le imprese in modo da porre un freno ai rincari sulle bollette dovuti alla crisi energetica legata alla guerra in Ucraina e all'inflazione che a giugno ha raggiunto il valore record dell'8%, un livello che non si raggiungeva dal gennaio del 1986.

Il testo, tra le altre cose, introduce una modifica al Reddito di cittadinanza visto che da adesso per usufruirne potrà essere rifiutata una sola offerta di lavoro, nessuno sblocco per il Superbonus edilizio al 110% introdotto sotto l'ultimo governo Conte e prevede anche la realizzazione nella Capitale di un termovalorizzatore per portare la città fuori dall'emergenza rifiuti diventata ormai quotidianità. Quest'ultimo, almeno per il M5S, rappresenta il casus belli che ha portato alla crisi.

Dietro alla crisi di governo c'è il termovalorizzatore di Roma

A indicare il termovalorizzatore romano come "la goccia che ha fatto traboccare il vaso" è lo stesso Presidente del M5S che il giorno prima del voto ha detto:"In Cdm i nostri ministri sono stati costretti a non votare" il Dl Aiuti "per la norma che dava ampi poteri al sindaco di Roma come commissario per il Giubileo. In Parlamento sul decreto è andata anche peggio". Ma perché il termovalorizzatore è così importante visto che la regione Lazio è guidata da una giunta costituita dal Pd e dal M5S che è favorevole alla sua realizzazione?

Stando a diverse indiscrezioni circolate nelle ultime ore il motivo andrebbe ricercato nelle chat pentastellate dell'ex sindaca capitolina Virginia Raggi visto che, prima di ieri, il Movimento stava lavorando insieme al governo ad un documento per dare poteri straordinari al sindaco Gualtieri, gli stessi chiesti da lei e mai avuti sotto il governo Conte. Da qui, ecco che il leader del M5S si sarebbe ritrovato schiacciato tra i big del Movimento contrari vista anche la storica battaglia contro il termovalorizzatore e i piani del partito Democratico, partito verso cui alcuni pentastellati, come riportano diversi quotidiani, punterebbero il dito:"Ci daranno la colpa della crisi governo ma è davvero colpa nostra? O è colpa di quegli alleati che non hanno fatto nulla per difendere le nostre battaglie in Consiglio dei ministri?". Da questo contesto, come ogni serie che si rispetti, sono iniziate le mosse di Conte per evitare la crisi e le ulteriori tensioni interne cercando di salvare l'alleanza con il PD ma allo stesso tempo anche il Movimento visti i tanti politici pronti ad andare via.

Perché il Premier Draghi si è dimesso nonostante la conferma della fiducia al governo?

Dopo la decisione, espressa già la sera prima, di non votare il decreto Aiuti e la fiducia al governo era seguita la replica di Palazzo Chigi che aveva confermato quanto già detto ampiamente dal Premier Draghi nei giorni scorsi:"Se il M5S non vota la fiducia sale al Quirinale e si dimette". Così dopo l'astensione dei senatori del Movimento 5 Stelle, nonostante la fiducia, il Premier Draghi ha annullato dapprima il Consiglio dei Ministri delle 15:00, ha poi avuto un colloquio con il Presidente Mattarella e dopo un rapido Consiglio dei Ministri ha annunciato le sue dimissioni.

Il premier nel suo breve intervento ha sottolineato come "le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico. La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più. È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo.In questi giorni da parte mia c’è stato il massimo impegno per proseguire nel cammino comune, anche cercando di venire incontro alle esigenze che mi sono state avanzate dalle forze politiche". Lo stesso, come già messo in evidenza dalla breve nota di Palazzo Chigi del giorno precedente, ha ribadito che:"Dal mio discorso di insediamento in Parlamento ho sempre detto che questo esecutivo sarebbe andato avanti soltanto se ci fosse stata la chiara prospettiva di poter realizzare il programma di governo su cui le forze politiche avevano votato la fiducia".

Perché Mattarella ha respinto le dimissioni del Presidente Draghi?

Dopo questo breve discorso il Premier, come prevede la prassi istituzionale, si è recato nuovamente al Colle per rimettere il suo mandato nelle mani del Presidente della Repubblica che, come si legge in un comunicato del Quirinale, "non ha accolto le dimissioni e ha inviato il Presidente del Consiglio a presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata a seguito degli esiti della seduta svoltasi oggi presso il Senato della Repubblica". Quindi il Presidente del Consiglio, ancora in carica, si presenterà mercoledì 20 alla Camera e al Senato visto che il 18 e il 19 luglio sarà in Algeria per una missione sul fronte degli approvvigionamenti di gas alternativi alle forniture di Mosca.

Qui terminano i fatti e, come ogni serie tv che si rispetti, iniziano i retroscena. Stando al Corriere della Sera il rinvio alle Camere con la chiara conseguenza di una parlamentarizzazione della crisi sarebbe stato voluto da Mattarella che avrebbe detto a Draghi:"Capisco le difficoltà e comprendo le ragioni che mi hai elencato. La scelta è tua ma ti invito a rifletterci su ancora. Dopotutto non sei stato sfiduciato. Le dimissioni mettiamole da parte fino a mercoledì. Pensaci. Poi vai in Parlamento a valutare la situazione, per doverosa trasparenza. Io spero che tu cambi idea".

Stando a Repubblica, la scelta di parlamentarizzare la crisi ha un chiaro obiettivo: trovare un accordo per riprendere i giochi da dove si sono interrotti considerando che l'unica alternativa resta il voto. Stando al quotidiano, lo stesso presidente Mattarella non vede come delle forze politiche che si sono dimostrate incapaci di aggregarsi intorno alla figura di Draghi possano in pochi giorni dar vita a una soluzione alternativa trovando programmi e condizione.

Cosa succede adesso? Ecco gli scenari possibili

Ma, cosa succede adesso? L'unica cosa che resta certa è che Draghi il 20 luglio si presenterà in Parlamento per spiegare ai partiti le ragioni della sua scelta. Questo sarà il momento cruciale per vedere se la sue dimissioni sono irremovibili o se ci sarà margine di una trattativa per un Draghi bis chiesto a gran voce da una parte delle forze politiche in campo. Se ci fosse la volontà del Premier in carica di proseguire, la palla passerebbe ai partiti che dovranno decidere se rinnovare o meno la fiducia nei suoi confronti. In questo caso due gli scenari possibili: Draghi potrebbe ottenere la fiducia con il M5S scongiurando la crisi, oppure senza quest'ultima avrebbe comunque i numeri per la maggioranza grazie ai componenti del nuovo partito del Ministro degli Esteri Di Maio.

Questa però non rimane altro che una delle alternative possibili: il Presidente del Consiglio Draghi potrebbe anche limitarsi a comunicare le sue dimissioni salendo nuovamente al Quirinale. In questo caso sarebbe Mattarella a dover decidere se affidare un nuovo incarico allo stesso premier o ad un'altra figura oppure sciogliere le Camere per andare verso le elezioni anticipate invocate a gran voce dall'unico partito che sta all'opposizione, Fratelli d'Italia. Nella prima ipotesi Mattarella affiderebbe ai presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati, il compito di andare a sondare i vari partiti per vedere se sussista la possibilità di andare a formare un nuovo governo per portare la legislatura alla sua scadenza naturale prevista per il marzo del 2023.

Nel caso non vi sia la possibilità di un nuovo accordo, la strada rimarrebbe solamente una: sciogliere le Camere ed andare ad elezioni anticipate da indire almeno entro 60 giorni dallo scioglimento delle Camere e che non dovrebbero essere fissate più tardi del mese di settembre in modo da permettere al nuovo Parlamento di votare la Legge di Bilancio entro i tempi richiesti. Nel caso non fosse possibile le elezioni dovrebbero essere rimandate all'inizio del 2023 e Draghi dovrebbe rimanere in carica per lo svolgimento degli affari correnti oppure il Presidente della Repubblica dovrebbe decidere di mettere al suo posto un'altra personalità affidandogli il compito di approvare la Legge di Bilancio e traghettare l'esecutivo verso le elezioni. In quest'ultimo caso, anche se è ancora presto per parlare di nomi eventuali, sono già stati fatti quelli dell'attuale Ministro dell'Economia e delle Finanze Daniele Franco e quello del Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato.

Paolo Di Falco

Data pubblicazione 15 Luglio 2022, Ore 10:56 Data aggiornamento 15 Luglio 2022, Ore 10:58
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